MURLOCULTURA n. 3/2007

La storia si ripete, solo i valori contenuti ed il modo di comprenderla
la rendono diversa
Una storia di ieri e
una di questi giorni

di Luciano Scali
Associazione Culturale di Murlo
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La prima giovinezza l’ho trascorsa in un rione dove la miseria era di casa.
La gente viveva un’esistenza grama in perenne lotta per la sopravvivenza senza rendersi veramente conto di portarsi dentro un bagaglio tale di valori da renderla ricchissima. Per la ricorrenza di Pasqua venivano allestiti “i Sepolcri” con l’attiva partecipazione del popolo che contribuiva con offerte, lumini e vasi fioriti. Le famiglie benestanti facevano a gara per recapitare i “conchini” con le piante più vistose ed il nome bene in vista, non tanto per devozione quanto per ben figurare di fronte al popolo della Parrocchia. I più disagiati, che all’apparire non tenevano più di tanto, portavano quello che avevano. Tra questi c’era la sora Elvira, una vecchietta ultra ottantenne dalla figura minuta e dai capelli bianchi tendenti all’azzurrino, che arrivava sempre all’ultimo momento con un minuscolo vaso di asparagina. Lo sistemava lassù, al vertice di quel giardino in miniatura e solo allora si aveva l’impressione che l’addobbo per il Sepolcro fosse ultimato. Il parroco di Santo Spirito, don Alfredo Roggini, non appena s’accorgeva che il vaso della sora Elvira era “al suo posto”, sentiva di poter dare avvio alla funzione serale. Avveniva tutto in silenzio fra l’approvazione generale come un rito consolidato e con la convinzione condivisa che attaccate all’umile piantina ci fossero tanta fede, devozione e voglia di donare da farla apparire più bella e scintillante delle altre. Dopo la sua morte, il Sepolcro non sembrò più lo stesso.
Questo lontano episodio m’è tornato in mente allorché ho appreso notizia che la chiesa di Vescovado resterà, da ora in poi, priva di due opere del concittadino Graziano Bernini da lui donate per devozione e forse per grazia ricevuta. La chiesa è la casa di Dio, sempre aperta a tutti ove di solito ci si reca per chiedere un consiglio, una grazia e sperando che Iddio, nella sua infinita misericordia dia delle risposte e, magari, si accolli qualcuna delle preoccupazioni che ognuno porta dentro di se. E come accade ogni qualvolta che invitati a casa di personaggi importanti, ci si preoccupa di non presentarsi a mani vuote, Graziano ha offerto a più riprese le sue opere che sono state sempre accettate con gratitudine e custodite con cura da don Mauro. Purtroppo ben pochi conoscono il significato della donazione di un’opera fatta direttamente dall’artista. E’ un atto unico poiché in quel momento lui sta donando la sua parte migliore, non l’oggetto in questione. L’opera non si esaurisce nel soggetto raffigurato, ma si compone soprattutto dell’emozione scaturita dall’animo fortemente commosso capace di fargli concepire il quadro e di consentirne la realizzazione. Ebbene: se l’Autorità Ecclesiastica, com’è nel suo diritto, aveva in animo di mutare l’assetto delle immagini sacre esposte a S. Fortunato di Vescovado, per aggiungerne magari altre provenienti da chiese ormai in abbandono, il contattare Graziano partecipandogli tale intenzione lo avrebbe tenuto in quella considerazione che sicuramente merita. Siamo tutti consapevoli che nella chiesa di Vescovado sono custoditi autentici capolavori di eccelsi maestri d’altri tempi, di fronte ai quali è doveroso inchinarsi con deferenza, ma, nel rallegrarsi per la fortuna di possederne qualcuno, ricordiamone la nascita, quasi sempre avvenuta grazie a “ricchi incarichi” affidati a noti artisti del momento, sia per glorificare il soggetto illustrato ed il luogo ove sarebbe stato posto, ma anche per sottolineare il munifico gesto del committente più che la sua vera devozione. Sarebbe triste pensare che dopo oltre vent’anni di presenza in quel luogo, le opere di Graziano fossero state, d’un tratto, ritenute inadeguate ad apparire di fronte a siffatti capolavori. Speriamo di no.Graziano Bernini, è un artista dal carattere schivo e modesto, forse più apprezzato al di fuori che in ambito locale, che nelle vesti di stimato docente dell’Istituto d’Arte, ed autore di mostre di successo continua a dare lustro al suo paese d’origine.
Comunque, nell’incertezza, il nesso fra il vaso della sora Elvira e questa storia inaspettata mi appare in tutta la sua chiarezza. Anche quel piccolo oggetto, pieno di sentimento e devozione per il Figlio di Dio nel Sepolcro, non poteva competere in aspetto con  gli opulenti conchini di piante vistose solo per distinguersi dagli altri, ma almeno il popolo e don Roggini avevano capito e si erano ben guardati dal mortificare la vecchietta per la sua pianta di asparagina arrivata sempre all’ultimo momento.



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