MurloCultura 2015 - Nr. 4

Le cave di manganese del fosso della Chiesa ...e le sorprese che ci sono intorno

di Luciano Scali

NOTIZIE DAL TERRITORIO

In una delle parti meno frequentate del territorio di Murlo, a sud dell'insediamento etrusco di Poggio Civitate, scorre un fosso nella stretta vallata di diaspri nascosto per buona parte dalla macchia. Nasce dalle terre di Montorgialino, nella proprietà di Giulia e Fabio nel luogo in cui sono ancora presenti alcuni resti della chiesa di Santa Margherita dove, in tempi ancora più lontani, sorgeva forse un sacello dedicato a Bacco. Appunto per tale ragione e in memoria dei Baccanali o Orge che si tenevano in onore di quel dio, il nome dei due poderi esistenti nella zona ha preso origine da quel toponimo. Il corso d'acqua di nostro interesse però non finisce di stupire poiché partendo come Fosso di Santa Margherita, con chiaro riferimento alla chiesa menzionata, diviene, dopo aver attraversato il sentiero che dalla fornace di Nicche conduce a Quato, un più vago Fosso della Chiesa e mantiene questo nome fintanto non s'immette nel Fosso Rigagliano. Esaurita questa dovuta presentazione di carattere ambientale, vorrei spiegare il motivo per cui il luogo in questione susciti tanto interesse. Come già accennato, la maggior parte della formazione rocciosa sulla quale il corso d'acqua scorre, è costituita da diaspri che conferiscono all'ambiente un suggestivo aspetto di canyon selvaggio. Quando vi giunsi per la prima volta, al seguito della buonanima di Miro, ebbi l'impressione di trovarmi in un luogo lontano che nulla aveva a che vedere col paesaggio toscano a cui ero abituato. Un luogo che appare d'improvviso quando meno ci si pensa e che rimane impresso nella mente in modo indelebile tanto più se supportato dai ricordi di Miro che a quel momento vagheggiava ancora di potere riaprire la cava di manganese, così come aveva fatto col fratello molti anni prima. Ne aveva parlato con me, arrivato fresco da Milano, pensando forse che avessi capacità e soldi per ridare avvio a un'impresa che a lui aveva procurato solo danno e tanta fatica. Continuava a parlare di un binario Decauville ancora sul posto e di come questi si addentrasse in uno stretto calanco verso il punto dove, a suo dire, si trovava un autentico tesoro. Ricordo come, preso dai suoi discorsi e dall'ambiente in cui ero venuto a trovarmi, iniziassi a credere che era arrivato anche per me il momento di una scoperta importante. Arrivammo in fondo al canyon e fu li che m'indicò una traccia ellissoidale scura sulla parete che chiamò "Mandorla" e che, secondo lui, era costituita da manganese con alto grado di purezza. Per convincermi di questo, raccoglieva di tanto in tanto pezzi di roccia nerastra sulla quale si ravvisava una patina lucente dai riflessi metallici, vi alitava sopra invitandomi poi a guardare dicendo: "Lo vedi? Quello è manganese!" Io ci guardavo senza vederci niente, ma alle sue insistenze rispondevo di si perché non volevo che se l'avesse a male. In seguito mi sono informato su queste formazioni e, a dire il vero, le notizie apprese hanno sempre confermato che Miro aveva ragione. Diverse associazioni che s'interessano di mineralogia collezionando reperti un po' dovunque, considerano di grande interesse il corso del Fosso della Chiesa e non soltanto per le cave di manganese. Infatti, oltre a quella di Miro se ne incontrano altre sul lato sinistro, sotto il campone di Arniano e dove tuttora, dopo oltre mezzo secolo di abbandono, si ravvisano i cumuli di minerale rimasto sul posto sui quali la macchia ha steso un velo pietoso. Sempre sul lato sinistro un sentiero in salita conduce con un po' di fatica al campo già rammentato dal quale, se la curiosità non è venuta meno, si possono fare ulteriori scoperte. La prima consiste nella possibile raccolta di conchiglie provenienti dal mare pliocenico che lambiva gli attuali boschi e col rinvenimento lungo la via nei pressi di Arniano di interessanti pietre forate dai litodomi ad una quota analoga a quella in cui si rilevano reperti simili sul poggio delle Civitate. La seconda nel riuscire a ritrovare la fornace di calce balzana la cui esistenza mi venne rivelata da Alighiero e Cesare Tortoli che vi avevano lavorato. Si tratta di un complesso ancora in buono stato seppur di piccole dimensioni ma che doveva fornire un prodotto di ottima qualità. E' costituito da una cava simile a un anfiteatro che sovrasta un'unica fornace, e da un sentiero che dividendosi in due tratti conduce sia alla bocca di alimentazione del forno che alla sommità del tino da cui espletare le operazioni di carico della pietra da cuocere (Fig. 1).

La Fornace di Arniano (disegno di Luciano Scali)
Fig. 1. La fornace di Arniano, nelle vicinanze del fosso della Chiesa (disegno di L. Scali).

 

Ma le sorprese non finiscono qui perché proprio nel campo sotto il poggio di Pompana, venne rinvenuto il "cippo etrusco in pietra fetida" attualmente custodito all'ultimo piano dell'Antiquarium di Murlo. Questo importante reperto è depositario di una storia un po' squallida della quale porta i segni che si materializzano nei danni arrecati dalle martellate infertegli da qualche scervellato che, supponendolo cavo, tentò a più riprese di spaccarlo convinto che all'interno vi fosse contenuto un tesoro. Come si può notare, qui a Murlo è impossibile annoiarsi perché basta andare un po' a giro e nel guardarsi attorno ascoltare con attenzione quanto le cose che ci circondano possono raccontare. Se questa pazienza non verrà meno si può essere certi di non rimanere delusi; basta solo provare per restare convinti. O no?

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