MurloCultura 2017 - Nr. 1

La galleria di Monte Pertuso

di Luciano Scali

I SEGNI DELL'UOMO

Nascosta dalla vista di coloro che effettuano il percorso dell'antica ferrovia, e ignorata dalla maggior parte degli abitanti di Murlo, esiste nel bosco una grandiosa galleria, rovinata in parte ed ormai vicina al collasso. Ne venni a conoscenza anni fa grazie all'interesse di un amico murlese, considerato come una specie di memoria storica riguardo agli eventi accaduti durante l'ultima gestione dell'attività mineraria.
Il manufatto risale al primitivo tracciato della ferrovia carbonifera, anche se nella carta topografica del 1883 non appare particolarmente evidenziato come è d'uso fare per le gallerie in genere. Betti-Carboncini nel suo volume "Siena e il treno" nella parte dedicata a Murlo ed alla sua ferrovia, riporta quanto segue:
"Le tre gallerie di Monte Pertuso, Molino e Verzure, ubicate nella valle del Crevole, lunghe rispettivamente 118,70 m, 39 m, e 137m rivestite con muratura parte in pietra e parte in mattoni, vennero eseguite a sezione adeguata allo scartamento ridotto, cosicché per eliminare le difficoltà di transito presentatesi per talune locomotive, nel 1877 fu necessario provvedere al rialzamento della parte superiore della volta."
Per il modo con il quale la notizia viene presentata vi sarebbero alcune considerazioni di ordine temporale da fare che, seppur riordinando l'andamento cronologico degli eventi, non ne cambierebbero però la sostanza.
Il manufatto a cui ci riferiamo, costruito a sezione iperbolica in pietra concia e mattoni, dovette subire una modifica sostanziale in corso d'opera a causa della sopravvenuta vertenza con la Cura di Monte Pertuso che, fin da quel momento, ne mise in dubbio l'utilità. Il motivo per non averla subito abbandonata, va ricercato sia nel suo avanzato stato di realizzazione che nella convinzione che il manufatto fosse stato realizzato a regola d'arte come l'aspetto pareva mostrare.
Solo in seguito, quando fu preso atto che la pressione esercitata dal riempimento dello scavo stava provocando la deformazione irreversibile della galleria, e dopo essersi resi conto di non avere ottemperato a tutti quegli accorgimenti per contenerla, non rimase altra scelta che decretarne l'abbandono. Fu nel secondo periodo di gestione della miniera che il tracciato della ferrovia fu spostato più a ovest, verso il Crevole, con un breve percorso in trincea.

 

Fig. 1. La galleria di Monte Pertuso, oggi nascosta dal bosco, e il tracciato della ferrovia modificato dalla gestione Ansaldo e oggi sede del percorso didattico.


Questo è quanto si riesce a sapere dopo un primo approccio con i resti di un manufatto che ancora oggi conserva un aura di mistero poiché, a prima vista, non si ravvisa una soddisfacente spiegazione della sua esistenza. Situato a pochi passi di distanza dal percorso didattico realizzato sul tracciato dell'antica ferrovia carbonifera, resta seminascosto nel bosco, lontano da qualsiasi sguardo indiscreto. Come già accennato, la sua presenza mi venne rivelata da un amico stanziale, così, quasi per caso e proprio dall'impressione riportata a seguito della sua visitazione prese avvio quell'interesse verso la conoscenza delle vicende legate alla storia della Miniera di Murlo che ancora oggi mi affascina...
L'argomento al quale mi riferisco riguarda lo stralcio dal testo di una possibile pubblicazione relativa alla storia della strada ferrata di Murlo dove si tratta di un'opera grandiosa realizzata in muratura di laterizio e pietra concia seminascosta nel bosco in posizione anomala rispetto alla logica di un tracciato ferroviario teso a privilegiare percorsi lineari anziché inspiegabili tortuosità. Infatti a chiunque capiti di imbattersi nelle vestigia di quanto resta non sfuggirà l'inspiegabile anomalia di quel percorso che si addentra nella collina per tornarsene poi verso l'esterno con l'intento d'imboccare il ponte per attraversare il torrente Crevole. Di questo ulteriore manufatto colpisce la posizione "fuori asse" rispetto all'andamento della ferrovia anziché in linea con la vicina galleria come logica vorrebbe. Solo in seguito, proprio da tale apparente incongruenza, è stato possibile capire la dinamica degli eventi che si verificarono in successione e, che in quel punto, si manifestarono con maggiore evidenza. Ad accrescere il senso di disagio per l'anomalia riscontrata contribuirono le varianti posteriori finalizzate alla ricerca di una soluzione alternativa alla sopravvenuta impraticabilità della galleria a causa della sua instabilità. Le modifiche apportate al percorso attuato inducono a credere ad un ripensamento su quanto già realizzato per tornare a quella che avrebbe dovuto essere la logica iniziale di progetto dopo il divieto di transito attraverso i terreni della Cura di Monte Pertuso.

Fig. 2. Rappresentazione in pianta della galleria di Monte Pertuso e del tracciato economico verso la Befa mai realizzato, del tracciato ottocentesco e del tracciato realizzato con la gestione Ansaldo, che tagliò fuori la galleria.

 

Ma occorre accantonare le supposizioni scaturite dall'osservazione dello stato attuale per rientrare nella storia vera della carbonifera in quel punto. Per trasportare verso i mercati di utilizzo la lignite estratta nei pressi di Murlo, solo la strada ferrata apparve come l'unico mezzo per poter raggiungere lo scopo. Venne concepita dall'ingegnere Giovanni Cadolini come ferrovia economica, con caratteristiche di poco superiori a quella di cantiere e da rimuoversi quando la richiesta del prodotto non fosse ritenuta più remunerativa. I lavori preparatori per consentire la posa del binario su terreni vari ed in parte instabili furono iniziati con alacrità rispettando i principi di economicità sostenuti dal Cadolini e solo a seguito di ripensamenti avvenuti in corso d'opera per mutate politiche aziendali, il criterio iniziale venne completamente modificato. Le nuove considerazioni sul possibile uso della lignite per produzioni industriali da effettuarsi in loco, fecero maturare ai vertici della Società la necessità di conferire alla costruenda ferrovia un carattere definitivo anziché limitato nel tempo. La nuova politica industriale contrastava col progetto originale venendo così a modificare delicati equilibri stabiliti con altre entità presenti nel territorio che, se disposte a tollerare per un periodo provvisorio il transito di convogli sui propri terreni, non gradivano affatto occupazioni a tempo indeterminato. La Cura di Monte Pertuso che a certe condizioni avrebbe potuto tollerare il transito attraverso il cosiddetto Campo del Mulino con una ferrovia provvisoria a scartamento ridotto, si oppose invece a rilasciarlo per una a scartamento normale e senza limiti nel tempo. L'imprevisto rifiuto giunto mentre il tracciato si trovava in fase di avanzata realizzazione, spinse l'impresa alla ricerca di una soluzione alternativa che consentisse la prosecuzione dell'opera iniziata. Gli ostacoli accuratamente evitati in fase progettuale dovettero essere affrontati con decisione e con opere di grande impegno che fecero lievitare i costi ed allungare i tempi di realizzazione. Anche in questo caso il tracciato si trovò ad attraversare alcune proprietà della stessa Cura la quale, trattandosi di beni situati in luoghi disagevoli e di nessuna utilità, non oppose ulteriori divieti. Il forzato cambiamento di percorso implicò sostanziali modifiche ai lavori già avviati ed in parte eseguiti. La galleria di Monte Pertuso fu uno di questi e proprio dalle decisioni prese per risolvere il problema sorto in quel punto, vennero a crearsi i presupposti sulla sorte futura dell'attività mineraria nella zona.
L'adozione di una ferrovia a scartamento ordinario in luogo del progettato a scartamento ridotto, costrinse ad apportare sensibili modifiche alle strutture già realizzate giungendo perfino a ritoccare la sezione della galleria rialzandone la chiave per consentire il passaggio di locomotive con camini di maggiore altezza. L'andamento della strada ferrata iniziale prevedeva l'aggiramento della collina di Monte Pertuso, per oltrepassare poi il torrente Crevole in prossimità del suo innesto nel fiume Ombrone e seguirne poi l'andamento. Per risolvere questo problema il ricorso ad una galleria in curva rappresentava l'unica soluzione possibile. La controversia sopraccennata con la Cura indusse ad un cambiamento di programma cosicché il ricorso ad una galleria con caratteristiche simili in quel punto non apparve più necessario. Il motivo per cui il manufatto non venne abbandonato, come sarebbe stato logico fare, va ricercato nel suo evidente stato di avanzamento. Con tutta probabilità fu stimato più conveniente avvalersi di quanto già realizzato apportandovi le opportune modifiche, che non studiare una soluzione alternativa come quella adottata dalla SAI Ansaldo quarant'anni dopo e che oggi percorriamo inconsapevoli lungo il sentiero didattico della vecchia ferrovia carbonifera.

 

Fig. 3. L'interno della galleria di Montepertuso visto dall'apertura nord, l'unica rimasta agibile dopo il collasso dell'opera.
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