MurloCultura 2018 - Nr. 2

La fornace a torre del Bandini

di Luciano Scali

I SEGNI DELL'UOMO

Così mi venne presentata quella singolare costruzione che s'incontra nel piazzale in fondo alla discesa prima di attraversare il Crevole per giungere all'abitato dei Pianelli. L'avevo incontrata per caso un giorno quando, giunto da poco tempo a Murlo, girovagavo nella zona intenzionato a prendere confidenza col territorio nel quale avrei trascorso il resto della mia vita. Quel fazzoletto di terra dove spiccava una strana costruzione, colpì la mia curiosità poiché si presentava costellato da una serie di fornaci per calce, edificate in epoche diverse con l'intento di coltivare il calcare di cui era costituita la collina. Anche all'osservatore più sprovveduto appariva la successione dell'operatività di quelle fornaci dai loro resti: quelli più arcaici situati nel bosco al limite della provinciale per Casciano, gl'intermedi poco più in basso e l'ultimo più moderno riferito alla criptica fornace a torre. Che il luogo appena scoperto fosse di grande interesse fu subito chiaro grazie alla vista di tutti quei segni dell'uomo, ma soprattutto ai sistemi costruttivi che sottolineavano il loro periodo di edificazione.

 

La fornace a torre ai Pianelli
Fig. 1. La fornace del Bandini ai Pianelli, con alle spalle la cava di calcare balzano utilizzata per la produzione di calce.

 

A prima vista non associai quello strano edificio ad una fornace per calce poiché non ne avevo mai viste di simili nei dintorni cosicché per comprenderne l'operatività dovette trascorrere un po' di tempo prima che riuscissi ad associarla a quelle continue più antiche osservate al villaggio della Miniera. Era soprattutto la sua posizione al centro del piazzale che mi metteva fuori strada, assieme alla cava che incombeva attorno. Fu cosa ardua riuscire ad immaginarne l'operatività con il senso di disagio che si accentuò, anziché scomparire quando riuscii a dare una prima occhiata al suo interno. Non avevo mai visto una cosa del genere ma, soprattutto non riuscivo a comprendere quell'accesso passante a metà del pozzo inserito nell'edificio la cui parte superiore terminava con un camino iperbolico interno e quella inferiore dentro ad un fornello accessibile dal piazzale sottostante. Un autentico rompicapo che solo la vista della sezione longitudinale dell'intero manufatto poteva in qualche modo dissipare. La scomparsa di ogni annesso precario e l'assenza di foto chiarificatrici ha reso difficile ogni tentativo di effettuare una ricostruzione certificata di questa singolare opera dell'uomo. Debbo dire di essermi dato da fare a suo tempo per saperne di più senza avere ottenuto risposte capaci di soddisfare la mia curiosità fino a quando, assunte notizie certe sulle fornaci presenti in gran copia presso il villaggio minerario, è stato possibile abbozzare un'ipotesi piuttosto attendibile del suo funzionamento. Infatti dopo aver avuto ben chiaro il modus operandi di quest'ultime è stato possibile rendersi conto che quella del Bandini altro non era che una versione più aggiornata di quelle arcaiche esistenti nel villaggio minerario. Nelle preparazione ancora in atto di una pubblicazione che tratti dei vari tipi di fornaci per la preparazione di leganti in opera presso la miniera, ne avevamo già incontrate due mettendone in evidenza la diversità. In quel caso specifico si prendeva atto del diverso sistema di ossigenazione per garantire la corretta combustione nella massa di calcare da cuocere all'interno del forno usando il focolare come bocca di scarico. In questo tipo di fornace si ha l'impressione che ci si avvalga di un "focolare mobile" posto ad una certa quota anche se poi, all'atto pratico il principio operativo restava invariato mutando solo la posizione della fornace, non più addossata ad un rilievo ma isolata in un piazzale.

 

Fig. 2. In alto, particolare dell’interno della fornace, e in basso particolare del passaggio che doveva servire all’attraversamento dei carrelli utilizzati per trasportare fuori la calce pronta.


Ad essere pignoli però si può affermare che una porzione della fornace resta nella tradizione poiché le operazioni di scarico del prodotto finito potevano avvenire laddove esisteva una ricetta passante che permetteva il posizionamento del carrello per raccogliere la calce. Un marchingegno piuttosto complicato che, a quanto pare ebbe un periodo di operatività piuttosto ridotto. Forse si trattò di un esperimento non proprio riuscito da parte di un fornaciaio esperto che poteva vantare una professionalità di tutto riguardo come testimoniano le fornacine adibite oggi ad altro uso nei pressi della confluenza del Crevolone nel Crevole in prossimità della Befa. Ad ogni buon conto, anche se la fornace, concepita con criteri ultramoderni, non ebbe quel successo che l'impegno profuso nel realizzarla meritava, la disse assai lunga sopra un personaggio aperto alle innovazioni in atto circa una professione dalle tradizioni antiche e piuttosto restia ad aprirsi ad ogni forma di modernità. Difficile immaginarne oggi l'aspetto operativo originale che prevedeva il carico del materiale da cuocere ed il combustibile dall'alto e, pertanto da effettuarsi a mezzo di arditi ponteggi dei quali è oggi difficile immaginare l'aspetto. Una cattedrale nel deserto allora oppure un progetto utopico rimasto allo stato di sogno soltanto?
Chi può dirlo; non certo i posteri abituati a giudicare sempre col senno del poi quindi assai meglio dare atto ad un gesto di coraggio anche se, nella fase attuativa non ebbe quel successo che invece meritava.

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