MurloCultura 2018 - Nr. 2

Le vie della memoria

di Luciano Scali

STORIA DI MURLO

Abitare a Murlo equivale a godere di un grande privilegio, non solo per i trascorsi storici dell'intero comprensorio ma piuttosto per la sua ubicazione al bordo dell'antico mare pliocenico.
L'autunno è la stagione che più ricorda i suoi trascorsi naturali allorquando la nebbia tende a stabilizzarsi nelle vallate ricreando al mattino un paesaggio inedito per i giorni d'oggi con le colline più alte che appaiono come altrettante isole sul mare di nebbia ma che per milioni di anni fu abituale per queste parti. Tracce degli antichi trascorsi si riscontrano ad ogni piè sospinto nei reperti fossili incontrati in gran copia nei pressi del cimitero, sulle propaggini delle Civitate e sulla via di Pompana oltre alle rocce scoperte dal Crevole e dai suoi affluenti nella loro corsa verso l'Ombrone ed il mare.
I primi abitatori di questi luoghi si aprirono quegli abituali passaggi che ancora in parte usiamo e che purtroppo, per altrettanta parte stiamo perdendo. Ad alcuni di essi vorrei fare accenno in questo mio breve articolo per la loro caratteristica strutturale e per la storia che si portano appresso. Mi riferisco all'attuale via per il villaggio della Miniera conosciuta in antico come la "Via che da Murlo conduce a Resi" e che ripercorsa allo stato in cui si presentava due secoli fa, nessuno sarebbe capace di riconoscerla. Partendo dal Castello di Murlo ed oltrepassata la località detta Casabaccini, s'incontrava una biforcazione sulla quale faceva spicco l'immancabile Madonnino al quale potersi raccomandare per imboccare la giusta via da percorrere. In questo caso la scelta era piuttosto facile poiché la strada a destra s'indirizzava verso i lontani villaggi dell'Olivello e di Resi e quella di sinistra verso lo scomparso cimitero di Murlo. La strada carrozzabile in forte discesa incontrava un casale adibito a mulino, conosciuto dapprima come Molinaccio ed oggi come Casaccia, per dividersi ulteriormente in due parti che dopo aver guadato il fosso dello Scanno in due punti si dirigeva: sulla sinistra verso Montorgiali per proseguire sulla destra lungo il lato sinistro del Crevole. A coloro che non conoscono il luogo il discorso appena fatto può apparire sibillino se non proprio sconclusionato specie se continuano a leggere. Infatti la via che prosegue ancora oggi lungo il lato sinistro del Crevole, si divideva ulteriormente in due parti appena guadato il torrente per dirigersi: a sinistra verso le cosiddette Macchie del Farneto, l'Olivello e la Strada di Cerchia, e a destra verso la Pieve a Carli. E' questa un'antichissima chiesa romanica fortemente rimaneggiata posta sulla strada che dopo aver attraversato Poggio Stefano diretta verso l'abitato di Crevole e Corsano, s'immette nella via che prosegue verso Casciano. Un groviglio di strade e sentieri buona parte dei quali ormai fagocitati dalla macchia o addirittura cancellati dalle operazioni di smacchio della legna operato con mezzi meccanici senza alcun riguardo verso la sentieristica esistente. Nel soprassedere da sterili polemiche che tale modo di operare innesca e che non portano da nessuna parte, vorrei proseguire incamminandomi a piedi lungo il romantico tracciato della via per Resi, tenendo gli occhi bene aperti per cogliere ogni più piccolo accenno dei segni che l'uomo ha lasciato su questo fazzoletto di territorio. Appena sorpassato sulla destra il ponte metallico che conduce al villaggio della Miniera, si apre la più recente via per Montorgiali che poche centinaia di metri di salita nel bosco e al bordo di campi rimasti incolti da tempo, s'immetterà in quella originale molto più antica. Sulla destra, qualche metro più avanti, s'intravede la traccia di un altro sentiero in disuso che in origine collegava detta via al Mulino dei Sassi Bianchi del quale Giorgio Botarelli ebbe modo di parlare diffusamente proprio in questo nostro periodico.
Il toponimo è illuminante poiché si riferisce alla roccia calcarea prevalente nella zona e sul cui poggio operavano fino ad epoca recente numerose fornaci per calce. Proprio per la presenza di questi impianti, artigianali e non, a questo rilevato naturale venne imposto il nome di Poggio della Fornace. Ubicata di fronte al mulino, esiste tutt'oggi un'imponente cava dismessa che sovrasta i resti della cosiddetta Fornace di Marino dal nome del suo ultimo gestore: Marino Cavicchioli. Si tratta di un complesso di due fornaci ben ubicate nei pressi del piazzale di cava e collegate alla via della quale ci stiamo interessando con l'intento di facilitare le operazioni di recupero del prodotto finito senza interferire con quelle di produzione. Proseguendo ancora su detta via si giunge al luogo di cui volevo parlare e che costituisce il principale argomento dell'attuale articolo ovvero l'insieme della Via dei Termini, del fosso della Spia ed il raccordo col primo cantiere minerario dei Pratacci attraverso il Poggio Serpentaio e sul bordo dell'omonimo fosso. Un crocevia di grande interesse ma, purtroppo, in via di dissoluzione. In questo punto, ai limiti della vegetazione che contorna il piano alluvionale dello Scanno, la natura del terreno è drasticamente cambiata. Si tratta di poderose formazioni di rocce antiche risalenti al Giurassico attraverso le quali il Crevole si è aperto la strada formando imponenti restoni dove, nei periodi di magra ha preso piede una fitta crescita di pioppi e di piante igrofile. Erosi dalle acque, gli strati di diaspro dai variegati colori si mostrano in tutta la loro selvaggia bellezza, formando canions in miniatura nel tratto vicino al torrente ma acquistando una solenne maestosità agli occhi di coloro che spinti dallo spirito d'avventura intendessero risalire il fosso.

 

I diaspri del fosso della Spia
I diaspri del fosso della Spia
I diaspri del fosso della Spia alla confluenza con il Crevole.


Il motivo per il quale ho inteso farne cenno va ricercato oltre che nell'aspetto spettacolare con il quale questa ferita nella roccia si presenta, anche in quello pratico che interrompe la continuità della predetta strada e con essa la frequentazione a qualsiasi mezzo meccanico di trasporto.
Però le singolarità del luogo non finiscono qui ma si evidenziano su quello che hanno rappresentato in passato, ovvero il riferimento al Catasto Leopoldino dove al predetto sentiero facevano capo i termini delle proprietà nelle quali il territorio era suddiviso. Sintomatico resta anche il toponimo del fosso detto della Spia forse perché riferito ai detti termini e delimitazione delle proprietà. La strada proseguiva ancora per sfociare nel piano dello Scanno e dopo averlo attraversato in diagonale guadava di nuovo il Crevole ed in successione il fosso di Peratti per proseguire verso l'Olivello e Resi. Mentre sul Piano dello Scanno ogni traccia di strada è scomparsa, alcune vestigia dell'antica via rimangono visibili lungo l'attuale strada per Resi dove, prima di giungere al cavalcavia del fosso di Peratti, una breve rampa sulla destra del terrapieno fa ricordare che in quel punto esisteva l'antica via oggi del tutto scomparsa. Cos'altro dire di una porzione di strada antica che riesce a raccontare le propria storia a chi abbia la voglia d'ascoltarla davvero, e lo fa con quanto la natura le ha concesso di conservare nel tempo assieme a quei segni dell'uomo che ancora non è riuscita a cancellare.

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