MurloCultura 2019 - Nr. 1-2

L’intervista all’archeologa Elisa Ghinassi

di a cura dei ragazzi della Scuola Secondaria di primo grado di Murlo

NOTIZIE DALLA SCUOLA

Proponiamo di seguito l'intervista che i ragazzi della scuola Secondaria hanno realizzato al Museo di Murlo durante un laboratorio didattico, ponendo una serie di interessanti domande a Elisa Ghinassi, operatrice museale del nostro Antiquarium.


 

 L'archeologa Elisa Ghinassi, operatrice museale al Museo Etrusco di Murlo.



Cosa l'ha spinta a fare l'archeologa?
A parte i film di Indiana Jones, i tanti viaggi fatti da piccola: spesso la domenica mi portavano nei musei e nei siti archeologici. L'interesse è stato stimolato dalla mia famiglia e dalla scuola: gli studi, la passione e tanta determinazione mi hanno spinto a fare l'archeologa.

Come si diventa un archeologo?
Con tanto studio, tanta pratica e tanto confronto con gli altri.

Quando ha iniziato a fare questo lavoro?
Ho iniziato come archeologa professionista nei cantieri nel 2014, come operatrice museale nel 2017.

Appena ha iniziato a lavorare, è stato difficile?
Si, all'inizio è stato difficile, sia nei cantieri che nel museo. Nel museo perché Murlo è un paese piccolo dove non mi conosceva nessuno e integrarsi in una comunità piccola non è facile. Il lavoro però è entusiasmante. Anche nei cantieri ho dovuto relazionarmi con persone che avevano più esperienza di me. Non tutte le figure che lavorano nei cantieri hanno gli stessi obiettivi: il proprietario di una terra su cui si devono eseguire degli scavi non sempre ha interesse per l'archeologia. A volte ho avuto paura e anche voglia di rinunciare perché è un percorso difficile. Ma è un bel lavoro.

Cosa ricorda del suo primo giorno di lavoro?
Del primo giorno di lavoro mi ricordo che ero in un campo, anzi un orto, accanto alla casa in costruzione di una ragazza che si sarebbe sposata. Due giorni prima andai a misurare il terreno: lo feci per la paura, per l'emozione e per non farmi trovare impreparata. Quando per la prima volta si affronta un nuovo mestiere, si ha sempre paura di non farcela.

Le sarebbe piaciuto fare un altro lavoro?
Ci sono tantissimi lavori che mi potrebbero piacere, dal lavorare in un negozio di giocattoli, in una libreria o una casa editrice, ma questo è quello per cui ho studiato e quello che mi si addice di più. Ho fatto anche la barista e la babysitter.

È un lavoro faticoso?
No, ci sono giornate più o meno faticose. Per me le più faticose sono quando i bambini vengono al museo, ma sono anche le più belle.

Può essere un lavoro pericoloso?
Sì, bisogna sempre prestare la massima attenzione. Se trovo una cavità, la affronto o torno indietro? Dipende dalle situazioni. Si può affrontare con i dovuti mezzi di sicurezza: scarpe, elmetto, giacchetto. Se è pericoloso, io torno indietro.

Per fare questo lavoro si deve lavorare in gruppo ?
A volte sei solo, ma nel caso di scavi più grandi sei in un gruppo di lavoro e ognuno ha la sua responsabilità, la sua funzione o mansione.

In che modo l'archeologia ci aiuta a ricostruire il passato?
L'archeologia è lo studio delle tracce lasciate dall'uomo e l'archeologo è come un detective, un investigatore: mettendo insieme tutte le tracce, tutti gli indizi, arriva a ricostruire la storia di una persona, di una comunità, di una civiltà.

Qual è stato il reperto che l'ha incuriosita di più?
Più che un reperto, si trovano dei frammenti: io ho a che fare con strati di terra dove posso trovare dei cocci. L'archeologo trova degli oggetti che hanno un valore di memoria. Magari trovi un muro, o una strada e ti chiedi: dove portava? Che cosa collegava? Oppure delle strutture, come un forno: chi lo usava? Come lo usava?

Qual è stato il posto dove ha trovato più reperti?
Ad Acquapendente abbiamo trovato un butto, che è una specie di cestino dove possiamo trovare tanti materiali come ossa di pollo, vasi rotti e brocche. Quello è stato il luogo dove io ho trovato più reperti.

Avete mai trovato un reperto che poi si è rotto accidentalmente?
Sì, capita. Magari è un reperto già incrinato e nel momento in cui lo prendi in mano si rompe. L'importante è fare sempre attenzione.

In che modo riuscite ad assemblare i reperti rotti?
I reperti rotti li assembla il restauratore, che lavora come se facesse un puzzle. Gli oggetti strato per strato vengono inseriti in una bustina con il numero. Quindi si svuotano le bustine e si cerca di mettere insieme i pezzi cominciando dal colore, dalle forme... Prima il materiale viene pulito. Per la ceramica si usa il bisturi per pulire, per togliere la terra. I restauratori usano lo scotch di carta per attaccare i pezzi tra loro, poi la colla. Per rifare dei pezzi si usa l'argilla; i pezzi rifatti sono di colore diverso per far vedere che non sono originali.

All'uomo con il cappello si è rotto il naso, perché non è stato rifatto?
Il naso non è stato rifatto perché è una parte fragile e molto difficile. E poi noi non possiamo immaginare come era fatto.

Qual è lo scopo dei musei?
Lo scopo dei musei è tutelare i reperti, conservarli, valorizzarli e renderli fruibili. La tutela è la protezione dei beni culturali: immaginate di avere un gioiello prezioso che potrebbe essere rubato o rotto, l'archeologo lo protegge. Valorizzare è come rendere più splendente una cosa. Per esempio l'uomo col cappello è stato ricostruito, messo sopra il tetto e così valorizzato, gli è stata data importanza. Il valore non è solo economico, ma, come oggetto appartenuto a un popolo, anche storico, di memoria. Rendere fruibili vuol dire comunicare: un museo ci comunica la storia.

Cosa può convincere un bambino di undici/dodici anni ad andare in un museo?
Questo lo dovrei chiedere io a voi. La curiosità, poi lo stimolo a capire come funziona un oggetto, come funziona una società, per esempio una società primitiva. Bisogna pensare ad un museo non solo come esposizione di una serie di oggetti esposti in una teca. Sono oggetti che ci parlano: bisogna andare in un museo a fare le domande giuste agli oggetti perché gli oggetti ci diano le risposte.

Secondo lei è più importante il passato, il presente o il futuro?
Il presente è più importante ma è per forza collegato al passato e al futuro. Per far sì che il presente sia vissuto nel miglior modo possibile è importante studiare il passato, capirne le tracce, conoscere le cause di un evento. Lavorare bene nel presente significa anche costruire bene il futuro. È tutto collegato. Il passato serve per capire dove sono stati gli errori.

Che divertimento c'è nel conoscere il passato?
Più che divertimento è una certa emozione nel momento in cui studi una cosa del passato e la capisci, magari impiegando anche del tempo. Quando trovi un oggetto appartenuto ad una persona riesci a stabilire un contatto con lei; questo suscita emozione. Se riesci a collegare tutto, dà soddisfazione. A volte rimangono i punti interrogativi, l'archeologia è così: la certezza non ce l'avremo mai, non c'eravamo!

 

 

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