MURLOCULTURA n. 1/2008

“Simmetria o razionalità?” Ricorrente dilemma

Storia di una piazza con giardino
e di caos apparente

di Edilberto Formigli

Associazione Culturale di Murlo
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Un tempo ho avuto l'occasione di osservare da una terrazza all'ultimo piano di un grande palazzo un fenomeno che mi ha fatto riflettere e che voglio riportare qui come prima parte di alcuni appunti che hanno per tema comune la città come organismo vivente. Da quel terrazzo potevo osservare quotidianamente il muoversi e l’affaccendarsi di centinaia di persone che attraversavano o sostavano nella piazza sottostante sulla quale si affacciava questa mia postazione privilegiata. La piazza di forma rettangolare si trovava in un quartiere centrale di una città di medie dimensioni; nelle vicinanze vi erano una facoltà universitaria, un piccolo ospedale ed una strada con molti negozi.
La mia storia comincia quando l'amministrazione comunale, con lodevoli intendimenti volle adibire a giardino la piazza togliendo il parcheggio di auto che ne occupava quasi per intero tutta la parte centrale. Furono create delle larghe aiuole, furono piantati alcuni piccoli alberi, sistemate delle panchine ed un chiosco centrale da giornalaio. Furono i fischi dei vigili ed i litigi che attirarono la mia attenzione sulla piazza ed i suoi frequentatori. Era successo che, come venni a sapere in seguito, il giardiniere comunale dopo aver curato la messa in opera del tappetino d'erba e gli altri lavori di abbellimento, rendendosi conto che nessuno rispettava i cartelli che vietavano di "calpestare le aiuole", si era rivolto ai suoi superiori all'amministrazione, i quali fecero circondare tutto il verde con bassi recinti in filo di ferro. Da quel momento osservai con metodo i movimenti apparentemente caotici degli attraversatori abusivi e pian piano mi resi conto che in certi momenti della giornata esistevano dei flussi di attraversamento secondo determinate direttrici per nulla casuali, ma determinati da precise ragioni. A parte il girellare di mamme e bambini o dei pensionati che frequentavano la piazza senza pressioni di tempo, vi erano molti studenti che andavano e venivano dalla fermata dell'autobus verso l'università (1), visitatori dell'ospedale che passavano per la piazza sempre in relazione alla fermata dell'autobus (2). Vi erano poi altre direttrici di attraversamento meno evidenti ma anch'esse molto frequentate, come quella che univa con una linea quasi retta le due strade maggiormente frequentate dai pedoni (3,4,5). Poco a poco si erano formati nelle aiuole d'erba, dei sentieri polverosi. Lì dove i "contravventori" facevano un piccolo salto per superare il filo della recinzione si erano formate delle fossette nella terra che si riempivano d'acqua alla prima pioggia. Con il bello o il brutto tempo pochi si lasciavano intimidire dai cartelli e dalla paura di una contravvenzione... un'occhiata a destra e sinistra e via a diritto. Certamente, riflettevo stando seduto sul terrazzo, anch'io uscendo dall'università o dall'ospedale e vedendo il bus alla fermata (era il capolinea) sarei stato preso dall'ansia di raggiungerlo in tempo e mi sarei comportato come gli altri. Nessuno era certamente mosso da cattive intenzioni e tutti sembravano avere una qualche giustificazione. Poi, in fondo, avevo anch'io, come forse anche tutti gli altri, la vaga sensazione di una prevaricazione da parte delle autorità, non perché avrei preferito le automobili al verde, ma perché ancora inconsciamente intuivo che si sarebbe potuto regolare la cosa diversamente.



Fig. 1

Un giorno feci anche una scoperta che mi sollevò dal proposito di mettermi a contare il numero degli attraversatori dei vari "vialetti spontanei", mi accorsi infatti che i sentieri abusivi erano più o meno larghi a seconda della frequenza di passaggi. Questo fatto difficilmente era evidente a chi si trovava sul piano della piazza, ma in realtà era molto chiaro a chi, come me, poteva osservarla dall'alto (fig. 1). Per farla breve, feci un esposto all’amministrazione comunale raccontando più o meno quanto sopra con relativi disegni. Con mia meraviglia la primavera successiva furono rinnovate le aiuole secondo il mio schema... e tutti vissero felici e contenti (fig. 2). No, mi sbaglio, tutti eccetto gli amanti della simmetria e tra questi vi era certamente il progettista della piazza com'era prima. E qui entriamo nel vivo del discorso. Il progettista forse voleva risparmiare la ghiaia dei vialetti, oppure voleva evitare il difficile calcolo delle singole superfici in ghiaia e a verde, oppure voleva risolvere il problema nella maniera più semplice possibile senza starci tanto a pensare su. Comunque sia, il suo "ordine-geometrico" aveva portato ad un "disordine-sociale", piccolo ma reale.




Fig. 2


Allargando il discorso, potremmo ricordare il famoso quartiere delle "vele" di Napoli, dove gli attuali abitanti vivono barricati in casa con catenacci e cancelli, ben lontani dall'idilliaco convivere sociale sognato dai suoi architetti che dovevano avere una forma mentis vicina a quella del nostro geometra comunale. Qual'è il loro sbaglio?: pensare che si possa fare a meno dell'esperienza, dell'esperimento, cose che richiedono tempo ed umiltà intellettuale. Il senso di impunità dell'autorità burocratica, politica o di chi ha il potere del denaro, la fretta del guadagno, la scadenza di termini per olimpiadi, per giubilei, hanno quasi sempre imposto scelte disastrose per la comunità. L'esperienza è quella legge di natura che ha creato invece quasi spontaneamente NEL CORSO DEL TEMPO l'aggregarsi delle case, delle piazze, delle strade di antiche città medioevali, oggi considerate "a misura d'uomo" che si trovano in testa alle classifiche per qualità di vita.  Il tempo è un fattore determinante nella crescita funzionale e ordinata di una struttura fisica , come ad esempio quella di un cristallo, o di un organismo vivente come può essere considerata anche una città: la sua formazione richiede lunghi tempi, ma per la sua distruzione, purtroppo bastano anche tempi brevissimi.



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