MURLOCULTURA n. 3/2009

Taglio del bosco ed effetti collaterali

La progressiva scomparsa dell'antica viabilità
di Luciano Scali
Associazione Culturale di Murlo
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Da tempo continuo a rivolgermi domande alle quali non riesco a dare risposta.
Se interpello persone vicine, ne ottengo solo parziali indicazioni anche trattandosi di domande formulate senza nessun intento speculativo ma col solo scopo di conoscere e riuscire a capire.  Non posso dimenticare l’eccitazione provata allorché, nel consultare vecchie carte, venivo a scoprire che molti di quei sentieri di bosco abitualmente transitati, altro non erano che antiche strade  giunte miracolosamente intatte fino ad oggi.  Molte di queste avevano nomi ben precisi e se poi si  Anche il bosco ha risentito dei cambiamenti in corso poiché le sue risorse non sono più considerate indispensabili per la sopravvivenza mentre i boscaioli degni di tal nome, se ne sono definitivamente andati lasciando ai superstiti la nostalgia di tempi che non torneranno più. Adesso per il taglio del bosco vengono usate altre tecniche ed altri mezzi salvo il pennato ed il segaccio relegati a ruolo di comprimari. La scure e il segone sono scomparsi e così pure gran parte della manualità occorrente a smacchiare o preparare le piazzole per accogliere il legname di risulta.  Nel passato il sottobosco costituiva una costante fonte di guadagno poiché con le fascine si alimentavano forni e fornaci, mentre oggi venute meno le produzioni artigianali di calce, mattoni e carbonella, è scomparsa la domanda, e quella che rappresentava una risorsa è divenuta intralcio ai movimenti nel bosco. Le cosiddette “ramaglie” vengono lasciate sul posto per fare humus anche se per arrivare ad esserlo occorreranno diversi anni rappresentando così una barriera difficile da superare per chi vorrà attraversare il bosco alla ricerca di funghi o per diletto. Non so se tale coltre servirà da riparo alle creature del bosco, ma certamente contribuirà, come contribuisce, alla scomparsa dell’antica viabilità della quale parlavo prima. Quei sentieri sufficientia consentire lo “smacchio” della legna con i muli, oggi non lo sono più  per i mezzi meccanici bisognosi di ben altri passaggi. Nuove reti di grandi sentieri, che potremmo chiamare “tecniche”, si sovrappongono senza alcun riguardo all’antico tessuto viario, non dico per cattiveria o trascuratezza, ma spero soltanto per mancanza d’informazione.  Per l’esecutore del taglio del bosco, non  è necessario conoscere la gravità del possibile danno che può derivare in termini culturali dalla scomparsa di un sentiero, ma  dovrebbe essere cura del committente stesso fare in modo che tale iattura non possa verificarsi.

Ecco dunque un altro patrimonio culturale che scompare con rapidità senza che nessuno se ne renda conto salvo poi andare a riscoprirlo con  persone desiderose di conoscenza o meglio d’improvvisati ricercatori, ansiosi di accaparrarsi finanziamenti pubblici anziché di servire la causa dell’identità del territorio. Il riscoprire quanto deliberatamente lasciato cadere per disinteresse o incuria, fa parte ormai della nostra attualità anche se riconosco come sia tutt’altro che facile gestire al meglio determinate situazioni in carenza di quei valori che costituivano il fondamento del vivere civile. Forse mi sto ponendo domande troppo difficili per il mio modo di comprendere oppure ormai al di fuori del nostro tempo.  Ad ogni buon conto, sarei veramente grato a chiunque riuscisse a farmi capire, con argomenti adeguati, se sia il caso di mettersi l’animo in pace lasciando che le cose vadano avanti lungo la strada intrapresa oppure se non ci si debba dare una regolata per riuscire a vedere fino a quali conseguenze un simile andazzo di cose possa condurre.



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