MURLOCULTURA n. 3/2010

Il pane: tutti lo consumano, ma ben pochi lo conoscono.
Una storia affascinante e misteriosa che non cessa mai di stupire


Pane, Amore e Celiachia

di Nicola Ulivieri

Associazione Culturale di Murlo
Torna all'indice


Andrea al forno del paneAlcuni giorni fa, pensando - chissà perché - al modo di dire “sei buono come il pane”, mi tornò in mente quando, fino a poco tempo fa, mia nonna lo faceva nel forno a legna. Era una bella soddisfazione aspettare il pane appena sfornato per poi affondare le dita per primo nella crosta ancora rovente per strapparne un pezzo, vedere la nuvoletta di umidità che si liberava dalla ferita inferta al pane, annusarne la fragranza e poi giù, un bel morso e ancora un altro.
Purtroppo l’impegno di accendere un forno per cucinare per poche persone è molto gravoso e comporta un discreto spreco di legna, tempo, energie e pane che dovrebbe essere fatto in quantità per sfruttare il forno e che, quindi, avanzerebbe inevitabilmente. Una comoda alternativa, meno affascinante, ma comunque pratica e funzionale è l’utilizzo del forno elettrico, che permette di farsi comodamente due pagnotte in casa senza tanti sforzi. Era da tanto che non mettevo le "mani in pasta" e chiesi a mia nonna Valeria di ripassarmi la ricetta per farmi un pane da me; in fondo non ci vuole molto:

«Prendi una ciotola, ci metti circa 1 chilo di farina e ci versi mezzo litro di acqua tiepida in cui hai fatto sciogliere prima un lievitino di birra. Aggiungi anche un pizzico di sale e, se vuoi, 1 o 2 cucchiai di olio. L’acqua va aggiunta piano piano mentre si impasta con le mani finchè non ottieni una palla di una consistenza né troppo dura né troppo morbida. Per la farina non c’è una quantità precisa, dipende da quanta ne prende. L’impasto va messo poi in una ciotola, coperto da un panno e tenuto un’oretta in un posto non freddo; poi una volta lievitato, si divide in panetti (attenzione a non strappare troppo l’impasto per non fermare la lievitazione) che si mettono a lievitare per un'altra ora. A questo punto si possono infornare a circa 200-230°C per 1 ora e il pane è fatto. Dopo la prima mezzora in forno è però consigliabile girarlo, per far cuocere bene anche la parte inferiore».

Ma ricordo che, da piccolo, trovavo un pezzetto di pane indurito dentro la madia, nascosto dentro la farina: “Cosa era?”
«Quella era la “madre”» - mi ricorda mia nonna – «che mettevo da parte tutte le volte che facevo il pane, prendendo un pezzo dell’impasto che poi tenevo lì nella madia sotto la farina, dove stava fresco. Poi lo usavo come lievito la volta dopo per fare il pane. Lo mettevo la mattina nell’acqua per farlo tornare morbido, la sera lo impastavo con la farina, durante la notte rilievitava e la mattina ne rimettevo un pezzetto da parte, e con quell’altro ci facevo il pane».

La madre

La "madre"

Seguendo le indicazioni faccio le mie due pagnotte aggiungendo in una anche i semi di sesamo e mi vengono una meraviglia.
Poi, come spesso succede, mi prende la voglia di saperne di più, sul pane e sulla produzione delle farine, grazie anche allo stimolo di una giornata sulla panificazione organizzata da Erbandando, un'associazione di persone della Val di Merse, con sede alle Cetine (Chiusdino - SI). Scopro così una gran quantità di cose che dovrebbero essere patrimonio culturale di ognuno, ma che stiamo dimenticando, oppure semplicemente ignorando nella vita di tutti i giorni (almeno io): i molti tipi di farina, di lievitazione, i tipi di cereali, le proprietà nutrizionali, i problemi legati ad alcune varietà e varie forme di patologie e allergie in aumento negli ultimi anni. Insomma, una quantità di informazioni che mi hanno stimolato ad approfondire l'argomento ma mi hanno anche stupito (come mi era successo per la canapa indiana/marijuana – vedi [1]) e che..... ma andiamo per ordine.
Nella giornata organizzata da Erbandando ci spiegano prima di tutto come fare il lievito madre partendo soltanto da acqua e farina, con una serie di semplici operazioni da ripetere per circa una settimana. "Ah si? Non si usa il lievito di birra?".
Il lievito naturale (chiamato anche lievito acido, pasta acida, lievito madre, pasta madre, crescente) è un impasto di farina e acqua acidificato da un complesso di lieviti e batteri lattici che sono in grado di avviare la fermentazione. A differenza del cosiddetto lievito di birra, il lievito naturale comprende, tra i lieviti, diverse specie di batteri lattici del genere Lactobacillus. La fermentazione lattica produce acidi organici e consente inoltre una maggiore digeribilità e conservabilità del prodotto che può arrivare anche a una settimana. Il lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae) opera, invece, solo una fermentazione alcolica molto veloce che gonfia l'impasto ma che consente solo una parziale trasformazione della pasta in nutrienti più digeribili.
La giornata prosegue con l’impasto del pane, ma non con la classica farina bianca bensì con una un po’ marroncina: è una farina di tipo 2, semi-integrale, senza crusca. Neanche sapevo che esistesse….quindi, approfondiamo.
La farina si divide principalmente in due categorie: quella di grano duro e quella di grano tenero.
Le farine di grano duro sono più granulose al tatto, hanno un colore giallognolo, servono a preparare paste alimentari e raramente vengono usate per fare il pane. Le farine di grano tenero, invece, presentano un colore bianco latteo, sono meno ruvide al tatto, sono quelle più usate ed hanno molteplici usi in panificazione; nella pasta vengono usate in genere per quella all’uovo. In Italia, la legge vigente prevede che le farine di grano tenero siano classificate, in base alle ceneri o sali minerali contenuti e cosi distinte:


La farina di tipo 2 può essere preferibile alle altre perché meno raffinata e quindi più ricca di vitamine, sali minerali, fibra, proteine, e anche gusto e sapore. Nella farina bianca, i moderni processi industriali tolgono molti di questi nutrienti e la degerminazione (eliminazione del germe del grano) la priva anche della parte più ricca, contenente vitamina E, che renderebbe però la farina più deperibile. Si ha quindi un prodotto più conservabile ma meno ricco, a tutto svantaggio del consumatore che dovrà integrare nella sua dieta le sostanze mancanti con altri prodotti. E' interessate sapere che la vitamina E (o tocoferolo) è un nutriente vitaminico essenziale e vitale per l'uomo, un potente antiossidante presente in molti vegetali, nella frutta, nell'olio di canapa, nell'olio d'oliva e soprattutto nell'olio di.germe di grano.
La farina integrale non è invece sempre consigliabile perché gran parte di quella venduta è ottenuta con farine rima degerminate e poi arricchite di crusca. Il motivo di questo procedimento (non molto regolare) è che gli impianti di molitura sono ormai quasi tutti predisposti per ottenere farine raffinate ed è quindi più semplice e conveniente aggiungere la crusca successivamente. Alcuni recenti studi francesi, sembrano mostrare che questa "aggiunta" non faccia neanche molto bene all’organismo. Bisogna inoltre stare attenti al fatto che la farina sia biologica perché la crusca, ricca di principi nutritivi, è anche luogo di accumulo per residui di pesticidi. Anche per quanto riguarda le farine estremamente raffinate - dove abbiamo assenza di fibre – altri studi indicano che esse possano dar luogo a una serie di problemi all'apparato digerente e disturbi al colon.
Una buona soluzione per eliminare o limitare i suddetti problemi è l’utilizzo di farine di tipo 2 ottenute da una macinazione a pietra. Nelle nostre vicinanze esiste un mulino a Bettolle e, probabilmente, sarà rimesso in funzione uno alle Ville di Corsano.
Ma ecco che, finalmente, l’impasto è pronto e possiamo metterlo a riposare mentre attendiamo qualche ora affinché sia ben lievitato. Una persona suggerisce un metodo simpatico per sapere quando la pasta è pronta: basta prenderne una piccola pallina, come una noce, e metterla in un recipiente con acqua; la pallina va a fondo ma, dopo qualche ora, con la lievitazione, viene a galla e ci dice che l’impasto è pronto per essere diviso in pagnotte ed iniziare la seconda lievitazione. Nell’attesa, parliamo della storia del grano, della sua produzione e selezione delle varietà per avere maggiore resa ma anche per ottenere un fusto della pianta più basso.

Triticum aestivum

Spiga di Triticum aestivum o grano tenero [2]

A questo punto la curiosità è troppa e, senza aspettare l’infornata del pane, torno a casa per chiedere a mia nonna di raccontarmi come lo producevano ai suoi tempi, iniziando dalla cosa che mi ha colpito di più:

Ma è vero che prima il grano era più alto?”.

«Si si, prima era più alto. Si seminava la specie…mi ricordo il Frassineto, poi c’era un altro… forse il Gentilrosso, ma non sono sicura. Il grano più basso venne, se non sbaglio, intorno agli anni ‘60».

E la raccolta la facevi a mano?”.

«La raccolta a mano ci sarà stata, mi sembra fino ai primi del 1900, poi venne la falciatrice; la tiravano i bovi, c’aveva una lama lunga che, quando passava tagliava il grano e faceva la "manna", il monte del grano insomma.

I contadini, dietro, prendevano le manne e ci facevano la "mucchia", una specie di pagliaio con tutte le manne in cerchio con i chicchi del grano rivolti verso il centro. Poi, finito di tagliare, si caricava tutto nel carro e si "carrava", cioè si portava tutto nell’aia e si faceva la "mucchia grossa", impilando tutte le manne in due file belle alte. A questo punto veniva la trebbiatrice e dalla cima della mucchia grossa si iniziava a buttarci il grano dentro e la trebbiatrice separava la lolla, il grano e la paglia.

Mi ricordo una volta che passavo dalla mucchia alla trebbiatrice, trovai il vuoto…feci un volo di 2 metri; se mi prendevano le cigne unn’ero qui a raccontallo!».

E quindi la raccolta del grano tagliato e la mucchia le facevate sempre a mano?”.

«Prima sì, poi, dopo il Fronte, mi sembra, sarà stato intorno al ’50, venne la mietilega, che tagliava e legava anche il grano. Poi venne la mietitrebbia e quella faceva tutto: tagliava, separava il grano dalla lolla e dalla paglia e li lasciava nel campo».

Come, non la usavate più la paglia?”

«No, ormai gli animali non si tenevano più e la paglia non serviva più»

"E dove lo facevi macinare il grano?"

«Noi si portava lì dietro il Circolo (di Vescovado di Murlo (SI), ndr), lì tra Beatrice e Nello, c'era il mulino prima

Ah si? Lì dietro c'era un mulino? E come funzionava?”

«Era del nonno di Nello…mi sembra sia stato a corrente. »

Ma facevi farina integrale?”

«No, da che l’ho visti io i mulini facevano sempre farina bianca…macinava il grano e poi si doveva separare con la staccia la semola, cioè la crusca, e poi ancora, con la staccia più fina, si separava anche il semolino. Quella che rimaneva era la farina. E comunque un po’ di crusca al grano si levava anche prima di portarlo a macinare»

Ma il mulino era a pietra?”

«Si si, era a pietra; poi c’era anche questo quaggiù alla Crevole, sotto Lupompesi, ma quello non so di chi era e se era sempre in funzione quando si macinava noi. Noi non ci siamo mai andati. Bisognava chiederlo al tu’ nonno Vittorio, lui lo sapeva di sicuro, ma ormai…».

Tutte queste cose mi hanno messo una discreta curiosità e la voglia di studiarmi un po’ di storia della produzione del grano e del pane; inoltre - visto che conosco sempre più persone affette da celiachia (intolleranza al glutine) - non posso non approfondire l'argomento legato alle problematiche per la salute, e che sembrano legate alle tecniche moderne di raffinazione delle farine, alla lievitazione troppo rapida, alle specie di grano, quelle modificate come il Creso o altre selezionate per avere grandi produzioni e alto contenuto di glutine, ecc. Ma di tutto questo ne parleremo nel prossimo numero. Per ora notiamo che dietro un semplice pane ci sono davvero tante cose da sapere e, più che altro, da riscoprire perchè stiamo davvero perdendo il contatto con la realtà, con quello che mangiamo, con la nostra storia e le conoscenze di base.

Ma oggi, questo panino fatto da me con farina tipo 2, macinata a pietra, oltre ad essere ottimo, ha davvero un significato particolare.

Nicola lo Spredicatore

Nicola e la nonna Valeria

Fonti citate o consultate

[1] N.Ulivieri, “La Pianta Proibita”, MurloCultura, n. 3 anno 2008

[2] Frumento, Lievito naturale, Triticum aestivum, Triticum durum, Saccharomyces cerevisiae: http://it.wikipedia.org/

[3] http://www.mednat.org/alimentazione/grano_storia.htm



Torna su