MURLOCULTURA n. 3/2011

SOVIGNANO
Misteri e mafia nel passato di una splendida villa

di Annalisa Coppolaro


Associazione Culturale di Murlo
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Ciò che da sempre affascina della Villa di Suvignano è l’atmosfera austera, sognante, misteriosa. Quasi un luogo inquietante, con la sua forte presenza sopra la collina che delimita il confine tra Murlo e Monteroni. Le sue vaste finestre ad arco si accendono, con un sistema elettronico, al tramonto per spegnersi all’alba, anche se qui ora non vive nessuno. La villa ottocentesca si staglia dietro trine di alberi scuri, circondata da grandi estensioni di terreno, presso l’antichissima piccola chiesa, dedicata a S. Stefano e già documentata nel 1100. E’ proprio la villa padronale ad attrarre chi transita nella strada bordata di cipressi che poi si apre su colli di straordinaria bellezza: un luogo perfetto, questo, per ambientare un racconto giallo, magari un thriller, o solo una storia d’amore d’altri tempi. Del resto il suo giallo ce l’ha avuto e lo sto ancora vivendo, Suvignano: è infatti la più grande proprietà del nord e centro Italia confiscata alla mafia definitivamente nell’aprile 2007, dopo essere per anni appartenuta, con i suoi 713 ettari e 13 coloniche, due agriturismi e la villa padronale, a un costruttore siciliano che si dichiarava nullatenente. Negli anni ‘80 se n’era occupato anche Giovanni Falcone, e da tre anni anche il Comune di Monteroni sta lottando per evitare la messa all’asta di questo straordinario patrimonio.

Sovignano - Ettore Romagnoli

STORIA E VITALITA’DI SUVIGNANO
La realtà di cui parliamo ha tante sfaccettature che ne fanno un luogo unico, che solo sporadicamente appare nei documenti degli ultimi secoli.
L’attuale tenuta di Suvignano conta circa duemila ovini di razza sarda e duecento suini di cinta senese, cinque ettari di oliveto, un’azienda faunistica di 260 ettari, tre centri zootecnici, due agriturismi con piscina. Ma quello che attrae e che ci incuriosisce è la villa padronale, la “casa di caccia” costruita dall’arch. Marri Mignanelli ai primi del 1800 per ospitare gli invitati alle battute nella propria riserva. Si erge su pianta squadrata, ha tre loggiati sovrapposti, che presentano deliziosi archi, e poi un grande cornicione sotto il quale si trovano medaglioni e finestrelle con griglie in cotto traforato, tutte differenti. Un disegno del Romagnoli di metà’800 mostra al secondo piano soltanto un mezzanino sottotetto, quindi qualcuno dopo ha deciso di crearvi un terzo piano. Caratteristico poi il fienile di fronte alla villa, che presenta archi traforati a motivi diversi sulle quattro pareti. La storia di Suvignano copre molti secoli: infatti si trova già abitato nel 1235, nel Diplomatico Riformagioni del 1234, e circa vent’anni dopo come comunità autonoma, dove viene nominato un procuratore per le cause con Siena. Sempre secondo i documenti, il Comune di Suvignano viene aggregato al vicariato di Lucignano e incaricato della custodia del castello di questo villaggio, che si trova a poche centinaia di metri in linea d’aria, sulla strada che oggi unisce Murlo a Monteroni. Inoltre l’estimo registra qui anche un toponimo di cui non esiste più traccia, un luogo chiamato Castelletto.


UNA STORIA MILLENARIA
Di Suvignano però, a guardare bene, secondo il Merlotti (nelle sue Memorie Storiche delle parrocchie suburbane della Diocesi di Siena) si parla addirittura già nel XII sec: infatti “in questo luogo esisteva fino dai tempi remotissimi un popolato casale, o Borgo di qualche rinomanza: e fino dall’anno 1171 riscontrasi che ci tenevano alcuni possessi i Canonici del Duomo di Siena”, scrive Merlotti. “Ed invero in quell’anno Ser Lamberto Arciprete, Loto, Domenico, Azzone, Giovanni, Ranieri ed Indebrando canonici della stessa Cattedrale, venderono a Pietro di Ciarlo ed a Cristoforo di Martino la quarta parte di un tenimento di terreno posto in contrada di Sovignano in luogo detto Palombaia”. Suvignano, o Sovignano, poi torna di nuovo in un atto di donazione, del 9 maggio 1265, che un certo Bonizzo del fu Uguccione della Villa al Pino donò all’Ospedale di Siena: si trattava di due appezzamenti di terra, uno ubicato alla ‘Costa del Saragio di Pietro’, l’altro in un posto chiamato Val di Ruffredi. Nel secolo successivo, e poi nel 1400, spesso Suvignano, con la bella chiesetta intitolata a S. Stefano, si troverà legato al territorio di Murlo: infatti, dopo la peste del 1348, la parrocchia di Suvignano risulta decimata e ridotta a sole quattro famiglie e viene quindi unita a quella di S. Lucia in Villa di Pompeggiano e poi, insieme a San Lazzerello, aggregate alla Parrocchia di San Michele Arcangelo presso Montepertuso (Murlo). Solo nel 1609 si ritiene la popolazione di Sovignano sufficiente a "meritare" una parrocchia, erigendo a chiesa parrocchiale proprio S. Stefano che, con la chiesa menzionata di Santa Lucia in Villa, è governata dal parroco di Suvignano. Ma le rendite della parrocchia non bastano a mantenere il parroco, e nel 1676 la Curia arcivescovile bandisce un concorso, e un secondo nel 1678, col quale la parrocchia è affidata al rev. Diacono Bernardino Ercolani di Vescovado di Murlo. Ma sia la chiesa che la canonica sono ormai edifici cadenti, qui vivono solo poveri agricoltori: l'intervento di un nobile, "il zelantissimo Signore Francesco de' Piccolomini, e quindi poi (.) il Nobil Signor Comandante Muzio suo figlio e ricco possidente di questo luogo al pari che pietoso cittadino senese" la salva. Per 50 anni la parrocchia è sede della pia confraternita del Ss. Sacramento (dal 1729 al 1785), è istituita la festa del Corpus Domini, e secondo i documenti la popolazione di Suvignano è composta di dieci coloni. Finalmente, dopo varie traversie, la chiesa viene riaperta al pubblico nell'anno 1871, come scrive il Merlotti citando l'archivio parrocchiale.


FASCINO E SEGRETI
Da cosa nasce il fascino della villa di Suvignano? Dal fatto che non se ne sa quasi niente. I documenti parlano ampiamente della chiesa e del villaggio circostante (in Località il Pino c’era un paese che secondo l’estimo del 1318 aveva ben 14 case),ma poco esiste sulla ottocentesca “casa di caccia”, e solo l’aiuto del fattore G. G. Bonomi ha potuto farci ripercorrere le fasi della sua storia. Bonomi ha rintracciato pochissimi documenti –pare che infatti tutte le carte relative a Suvignano siano state portate da uno degli ex proprietari in Umbria – due lapidi e un “Libro Grasce” del 1844. Già allora la tenuta, di proprietà del “nobil sig. Bartolomeo Mignanelli”, produceva molti cereali, teneva ovini e bovini di razza chianina premiati negli anni 20 e 30. Negli anni ’30 la villa fu di proprietà dell’editore Garzanti. Fu quello forse il periodo più importante: a Suvignano lavoravano 250 persone, c’erano chiesa, cimitero, scuole elementari, fornace di mattoni. Negli anni ‘70 Suvignano fu proprietà di Freato Sereno, segretario particolare dell’on. Aldo Moro, fino al 1979, ma dopo altri proprietari, fu acquistata nel 1983 da un signore poi messo in custodia cautelare nel 1994. Dalla gestione successiva, a cui collaborano l’Amministratore Giudiziario e l’attuale direttore tecnico dell’azienda Suvignano, nacque una nuova sfida. Oggi Suvignano produce grano tenero per biscotti (Oasi Plasmon), 13 mila kg di carne ovina, 10 mila di carne suina, olio DOP, 8 mila quintali di cereali a paglia… Una fattoria della legalità che ha fatto notizia e che rimane tra le più belle, sconosciute realtà della provincia di Siena.

Sovignano - miniatura


Grazie a:
Giovanni Giuseppe Bonomi, Gino Civitelli, M. Angela Moscadelli.


Bibliografia

G. Merlotti, Memorie storiche delle parrocchie suburbane della Provincia di Siena, Siena, Cantagalli 1995.

R. Guerrini, Monteroni, arte, storia, territorio, Ed. Alsaba, 1990.

Giovanni Giuseppe Bonomi, Az. Agr. Suvignano, Cenni storici (dispensa).


Immagine tratta da:
E. Romagnoli, Vedute dei contorni di Siena, Biblioteca Comunale di Siena, ms. C. II. 4 (fine XVIII sec.).



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