Murlo Cultura n. 4 - 2004

Le invasioni barbariche che caratterizzarono la caduta dell'impero romano, non risparmiarono il territorio di Murlo anche se del loro passaggio e soggiorno restano ben poche tracce, riscontrabili principalmente in alcuni toponimi per indicare luoghi o cognomi ancora in uso. La loro permanenza sul suolo italiano influenzò largamente l'arte medievale, specie quella dell'oreficeria, come c'illustra Maria Paola Angelini nel suo breve ma interessante articolo che segue.

L'Oreficeria Longobarda

di Maria Paola Angelini

 

 

 

 

Alla base della caduta dell'Impero Romano vengono sempre collocate le cosiddette "invasioni barbariche", migrazioni di intere genti provenienti per lo più dal nord Europa, in particolare dall'attuale area tedesca. Proprio questo avvenne nel 568, quando giunsero in Italia attraverso le Alpi orientali i Longobardi, guidati dal loro re Alboino.
I loro saccheggi e le loro rapine furono facili e immediate, a dimostrazione della debolezza del dominio bizantino in Italia, il quale si limitò a difendere le città più importanti, cosicché i Longobardi giunsero a conquistare dapprima il nord e poi quasi tutto il territorio della penisola.
Benché questa popolazione venga definita "Barbarica", per contrapporla all'Impero Romano, che sicuramente non poteva uguagliare nel campo del diritto e della cultura, è molto interessante per noi osservarne i manufatti artistici, che avranno grande importanza nello sviluppo dell' arte medievale.
Le tecniche principali sono ovviamente la lavorazione del metallo e l'oreficeria, le quali ben si adattano alla vita nomade di questa popolazione e che sono state recentemente rivalutate dagli studiosi, evitando per loro la definizione penalizzante di "arti minori". I numerosi reperti che possiamo ammirare ci sono arrivati grazie all'usanza di seppellire i morti con il loro corredo funebre, che nella maggior parte dei casi comprende spille, fibbie per cinture, ciondoli, alcuni dei quali decorati con motivi geometrici o che ricordano vagamente forme animali o vegetali, altri caratterizzati dalla lavorazione ad intarsio, dove gli alveoli, cioè le cellette in filigrana che animano la superficie dell'oggetto, vengono riempite con paste vitree coloratissime, oppure vengono incastonate pietre preziose. Il periodo che però ha forse prodotto gli oggetti più belli e importanti corrisponde al regno di Agilulfo (591- 615) quando grazie a sua moglie, la regina Teodolinda, avvenne la conversione al Cristianesimo. Innanzitutto prendiamo in analisi proprio il frontale dell'elmo di Agilulfo. Questa lamina dorata è decorata a bassorilievo e rappresenta il re in trionfo, affiancato da due vittorie alate, secondo il modello romano tardo imperiale. Ai lati il seguito del re e due guerrieri vestiti con armature barbariche ci stupiscono grazie alla espressività dei volti, i lineamenti quasi grotteschi e l'assenza di peso che li caratterizza, tanto da sembrare sospesi a mezz'aria.
Per quanto riguarda l'oreficeria sacra possiamo ricordare la "corona ferrea", donata da Teodolinda alla basilica di San Giovanni di Monza, e così chiamata per la lamina di ferro al suo interno che la leggenda vuole ricavata da un chiodo della croce di Cristo. L'esterno presenta l'uso delle diverse tecniche di oreficeria, tra cui gemme incastonate, paste vitree, fiori realizzati a sbalzo e particolari in filigrana.

 

L'Evangeliario


Di non meno bellezza e importanza è anche la coperta dell'evangeliario della regina, a lei donata da papa Gregorio Magno per il battesimo del figlio nel 603.
Composta da due frontespizi, in ciascuno dei quali campeggia una croce gemmata, la coperta è interessante poiché è esempio di come l' arte longobarda cominci in questo periodo a subire l'influsso di quella classica romana. La composizione è infatti simmetrica e equilibrata e tra i bracci della croce sono incastonati dei cammei alto imperiali.
Particolare di questo periodo è anche l'uso di cucire sui sudari funebri delle crocette in oro sbalzate, che presentano alle estremità la particolare coppia di buchi attraverso cui far passare il filo.
Lo studio attento di tutti di questi oggetti, non solo ci può chiarire molti aspetti delle usanze dei popoli barbarici, i loro rapporti con le genti sottomesse e le reciproche influenze culturali, ma soprattutto costituisce il tassello mancante per comprendere l'origine delle tecniche dell'oreficeria, che darà tra i suoi frutti più belli e maturi in Europa e anche a Siena tra duecento e trecento.

 


La Corona Ferrea


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