MURLOCULTURA n. 4/2008

Il passato del territorio rivive attravers ole testimonianze offerte dalle sue strutture murarie

Memorie diverse sui muri del Vescovado

Uno stemma quattrocentesco a Crevole e una più recente targhetta in marmo a La Palazzina, rievocano, da una parte, il secolare dominio dei vescovi di Siena sul territorio di Murlo, dall’altra, le villeggiature in campagna
delle famiglie senesi benestanti nel Settecento

 
di Giorgio Botarelli

Associazione Culturale di Murlo
Torna all'indice


Stemma PiccolominiUna targa rettangolare in marmo bianco scolpita con uno stemma nobiliare-prelatizio è murata sulla facciata, proprio sopra il portone d’ingresso, di quella che una volta era la pieve di Santa Cecilia a Crevole, oggi trasformata con l’annessa canonica in casa per vacanze. La targa raffigura l’arme della famiglia Piccolomini (si blasona: d’argento, alla croce d’azzurro, caricata di cinque crescenti montanti d’oro) racchiusa entro uno scudo gotico timbrato dal cappello (identifica cardinali e vescovi); lo scudo è accollato da una croce astile e ornato ai lati da cordoni con nappe. Risale alla seconda metà del Quattrocento come si deduce dall’epigrafe sottostante che la riferisce al cardinale e arcivescovo di Siena Francesco Todeschini-Piccolomini, nipote di papa Pio II (Enea Silvio Piccolomini). La scritta, parzialmente rovinata ma ancora decifrabile, recita infatti: F PICCOL CAR SEN / PII PP II NEPOS (Francesco Piccolomini cardinale senese, nipote di papa Pio II).
Francesco Piccolomini, nato nel 1439 da Nanni Todeschini di Sarteano e Laudomia Piccolomini, sorella di Pio II, era stato da quest’ultimo educato nell’adolescenza e introdotto nella consorteria Piccolomini della quale aveva quindi preso il cognome. Nel 1460, in occasione di una visita a Siena di Pio II, il ventenne Francesco viene nominato arcivescovo della città il 19 febbraio ed eletto cardinale il 6 marzo seguente.

Pio III - Francesco PiccolominiCon il nome di Pio III, assunto in onore dell’amato zio materno, diverrà papa il 22 settembre 1503. Il 18 ottobre successivo però, dopo appena 26 giorni di pontificato, sarà colto dalla morte, sulla quale circolerà il sospetto di avvelenamento da parte dei sostenitori di Pandolfo Petrucci, signore di Siena, anche se, in effetti, al momento della sua elevazione al soglio pontificio si trovava già in precario stato di salute a causa di una avanzante cancrena a una gamba.
La collocazione della targa sulla facciata della chiesa di Crevole parrebbe non originale anche se è plausibile una sua provenienza da poco lontano: o da un’altra posizione all’esterno o all’interno di quella pieve oppure, più probabilmente, dalla vicina rocca, secolare proprietà e prestigiosa residenza fortificata dei vescovi di Siena, sulle cui mura quest’ultimi non mancarono certo di apporre durante il rispettivo episcopato i simboli del proprio dominio sul circostante territorio di Murlo. Lo stemma fu evidentemente commissionato dal Piccolomini dopo il 1460, anno in cui diviene arcivescovo e cardinale, e forse prima del 1464, quando ad Ancona muore lo zio, papa Pio
II, ricordato sulla targa. Lo stesso Enea Silvio Piccolomini era stato vescovo di Siena dal 1449 al 1458, primo di una serie di quattro, tutti appartenenti alla potente consorteria senese, che si protrarrà per l’intera seconda metà del Quattrocento e i primi tre decenni del secolo successivo (Antonio dal 1458 al 1460, Francesco dal 1460 al 1503, Giovanni dal 1503 al 1529).

Luna crescente Piccolomini

La PalazzinaNel novero delle incalcolabili e più disparate vicende di cui narrano le molteplici testimonianze che, sotto forma di targhe, stemmi, insegne, madonnini, lastre, cartelli e così via, le strutture murarie portano apposte da secoli, da decenni o anche solamente da anni, ve n’è una abbastanza singolare e di stretto ambito familiare, rievocata da una piccola tabella in marmo murata nell’intonaco dell’androne che funge da ingresso all’edificio più grande dell’agglomerato denominato La Palazzina, sulla provinciale di collegamento fra Vescovado e Casciano. L’epigrafe sulla targhetta, scolpita in bei caratteri capitali entro un elegante cartiglio, fa riferimento a una fortunata giornata di caccia di fine Settecento, durante la quale venne catturato un consistente numero di uccelletti: Il 14 ottobre 1791 si prese n.300 tutti fringuelli

Targa La PalazzinaL’edificio dove si trova la targa era la casa padronale cui faceva capo il podere Belvedere ubicato negli immediati dintorni e venduto nel settembre 1691 da Iacomo Roselli del Vescovado al signor Iacomo Puccioni, abitante a Siena e di professione maestro di ballo. All’epoca il suddetto podere era provvisto della sola casa per il lavoratore e comprendeva otto moggiate incirca di terre lavorative, vignate boschive sodive macchiose e un campo con circa trenta pedoni d’olivo ed altre tante di querci...(1). Poco dopo l’acquisto del podere, il Puccioni intraprende la costruzione di una casa nei pressi del casolare del contadino (il mezzadro), da utilizzare con la famiglia durante quelle “villeggiature” praticate tanto dalla nobiltà senese dotata di ville e vasti possessi fondiari nel contado quanto da quelle ricche famiglie borghesi o anche solo benestanti che potevano godere di una più modesta dimora in campagna con un po’ di terra intorno dove riposare per periodi più o meno lunghi lontano dalla città e godersi la quiete del contatto stretto con la natura. Il fabbricato della Palazzina, di aspetto sobrio ma signorile al tempo stesso, viene probabilmente ultimato sul finire del Seicento o al massimo nei primi anni del secolo successivo e nel 1730 gli viene costruita vicino dagli eredi di Iacomo Puccioni una piccola cappella intitolata a San Pietro d’Alcantara, così come si conveniva ed era di utilità per una dignitosa residenza di campagna. Sul finire del Settecento la proprietà passa dai Puccioni nelle mani del patrizio senese Pietro Sani e sarà mantenuta dalla sua famiglia fino a metà Ottocento. E’ facile che ai Sani vada ricondotta l’apposizione della targhetta in questione, avvenuta evidentemente dopo uno di quei soggiorni autunnali in cui la pratica della caccia, spesso in compagnia di amici, diveniva la principale attività di svago svolta dai signori proprietari nei loro possedimenti rurali. Altrettanto probabile è il fatto che una così proficua giornata di caccia sia da attribuire all’impiego di reti o panie sistemate in boschetti appositamente potati, dove i piccoli volatili venivano attirati con richiami, piuttosto che all’uso di armi da fuoco, anche se già abbastanza diffuse nell’esercizio venatorio alla fine del XVIII secolo. Una scritta incisa posteriormente in maniera grossolana sulla piccola tabella ricorda l’altrettanto cospicua cattura di 211 uccelli nel medesimo giorno dell’anno 1794.

 
Note

(1) Per notizie su La Palazzina e il podere Belvedere vedi: Murlo Cultura n.4/2006, pp.4-5 e n.5/2006, pp.14-15.
 


Torna su