MURLOCULTURA n. 4/2008

Riflessioni sul costante mutare delle cose

Gli pseudomorfi archeologici


di Edilberto Formigli

Associazione Culturale di Murlo
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Nella mia esperienza di restauratore archeologico mi sono imbattuto spesso in reperti che pur mantenendo la forma e tutti i dettagli di superficie, si erano completamente trasformati nel corso del tempo nella loro sostanza. La materia metallica della quale erano fatti in origine era stata sostituita da un'altra del tutto diversa: una fibula una volta di bronzo trasformata in una sostanza leggera e grigiastra, una moneta divenuta minerale spugnoso e fragile. Si tratta di fenomeni nei quali avviene una lentissima trasmigrazione a livello atomico o molecolare delle sostanze originali che vengono sostituite da altri elementi, da altre molecole. Il risultato dopo secoli di interramento è che l'oggetto mantiene la sua vecchia forma le sue dimensioni originarie, ma cambia completamente nelle sue qualità fisiche, nel suo colore, nel suo peso Il fatto è che lo stato metallico degli elementi che componevano questi oggetti in natura non era stabile. Gli antichi avevano dovuto applicare dell’energia sotto forma di calore per ricavare il metallo dai suoi minerali nei forni di riduzione. Col passare del tempo lasciato a se stesso l'oggetto ha restituito questa energia in fenomeni di ossidazione. Alcuni composti solubili sono migrati nel terreno circostante, altri meno solubili sono rimasti in loco.
Sostanze presenti nell'ambiente hanno sostituito atomo per atomo l’elemento metallico, l'oggetto è tornato ad essere quello che era in origine, un minerale, una pietra.
La cosa più sorprendente è che la fibula ad esempio, sembra ancora quella di una volta ma non può più vivere nell'uso al quale era destinata perché ha perso la flessibilità della molla, la robustezza dell’arco... e divenuta uno pseudomorfo, l'ombra di se stessa, un oggetto buono solo a stare ben fermo in una vetrina del museo archeologico.
Qualcosa di simile accade sotto ai nostri occhi a molte cose senza che ce ne rendiamo conto. Le cose cambiano lentamente intorno a noi al di sotto della soglia della nostra percezione. Qualche rara volta ci svegliamo da questo intorpidimento con la spiacevole sensazione di essere stati derubati di qualcosa di indefinibile: il pane o le mele sembrano aver perso il loro sapore. Ma il ricordo di un sapore è qualcosa di molto volatile che svanisce nel tempo e poi le nuove generazioni che non hanno mai assaggiato il pane vero non ne hanno neanche il ricordo.
Una città antica è sottoposta agli stessi mutamenti. La vicina di casa ha sostituito le persiane di legno con altre metalliche dello stesso colore (solo un po’ più lucenti), il tetto della casa di fronte è stato rifatto, sembra lo stesso ma è cambiato leggermente di colore ed è fatto con tegole industriali. La città cambia materia sotto di noi, diventa uno pseudomorfo, lentamente ma inesorabilmente senza che ce rendiamo conto. Si adatta alle leggi del risparmio dei materiali e del lavoro. Prodotti industriali standardizzati sostituiscono i prodotti artigianali.
Anche chi sarebbe disposto ad un sacrificio economico non trova più artigiani in grado di fare certi lavori, di garantire la "manutenzione" dell'esistente. La città cambia, mantenerla com'era costa impegno ed energia, lasciata a se stessa diventa uno pseudomorfo.
La legge dell'entropia vale anche qui e sta vincendo. Questa volta vince sotto forma di omologazione di un organismo con una sua identità individuale allo standard di altre città "moderne", tutte simili, tutte multicolori: tra Poggibonsi e Rattendorf fra poco non ci sarà più molta differenza.

 Lancia da Poggio Aguzzo

 


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