MURLOCULTURA n. 4/2009

Un’antica ceramica murale e il nome del suo committente, Baldassarre Bellacchi,

vissuto a Murlo nel XVIII secolo, rievocano passate vicende del territorio

L'Assunta di Murlo

di Giorgio Botarelli
 Seconda parte
Associazione Culturale di Murlo
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L'Assunta di MurloL'indagine effettuata su documenti relativi all’amministrazione del Vescovado nel XVIII secolo, contestualmente alla consultazione dei libri parrocchiali dello stesso periodo provenienti dalla pieve di San Fortunato e da altre chiese del territorio, consente di recuperare alcuni dati essenziali sui quali basare la ricostruzione, sebbene a grandi linee, della vita di un personaggio del popolo, quale fu Baldassarre Bellacchi, che gran fama non ebbe, ma che trascorse tutta la sua peraltro lunga (a quei tempi) e non sempre facile esistenza di uomo del Settecento in un comprensorio rurale come quello di Murlo, sotto il dominio dei vescovi di Siena prima, sotto il granduca di Toscana poi (1).
Già dai primi anni del Seicento i Bellacchi sono residenti nel Vescovado, tanto che, a fine secolo, due nuclei della famiglia abitano all’Antica. Sempre all’Antica, Baldassarre nasce nel 1725 da Giovan Battista Bellacchi e Caterina Montegrossi, terzogenito dopo Francesca nata nel 1719 e Pietro nel 1721. Una sorellina Annamaria morirà nel 1734 all’età di otto mesi.
Giovan Battista, padre di Baldassarre, è un piccolo proprietario terriero e con il lavoro agricolo si procura l’indispensabile per il sostentamento della famiglia oltre a ricavare un certo reddito sotto forma di olio, grano e altri cereali od ortaggi da rivendere nei mercati. All’epoca, la principale fonte di reddito nel Vescovado è rappresentata proprio dal lavoro nei campi o nei boschi che gli abitanti praticano come pigionali, fittavoli, mezzaioli, mezzadri o anche proprietari, secondo una consolidata, inderogabile classificazione sociale. Lo status di possidente, anche se modesto, oltre a garantire di norma condizioni di vita più agevoli, consentiva in un certo qual modo la partecipazione alla vita amministrativa della comunità: Giovan Battista ricopre per diversi anni la carica di consigliere per il terzo dell’Antica e quella di camarlingo della Comunità di Murlo (2).
La disponibilità poi di risorse economiche, seppur di non grande entità, ed il possesso anche di un certo spirito, si direbbe oggi, imprenditoriale, permettono al Bellacchi padre di aggiudicarsi l’appalto di alcune attività della comunità che venivano regolarmente messe all’asta (3):
il provento della cenceria, consistente nella privativa della raccolta degli stracci da rivendere poi alle fabbriche di carta, che ottiene per dodici anni; il provento dell’osteria, cioè la gestione dell’omonima bottega ubicata nella Piazza del Mercato all’Antica, che porta avanti per sei anni. Attività, beninteso, alternative all’agricoltura e alla conduzione diretta o indiretta dei possessi terrieri, ma sempre complementari per quel che riguardava gli introiti, spesso inadeguati da soli ad assicurare la sopravvivenza. Lo stesso figlio, Baldassarre, si aggiudica diciannovenne il provento dei boschetti di Steccajuole, Collolungo e Collolunghino, ossia il diritto esclusivo di cacciare in quei piccoli appezzamenti, di proprietà della comunità, nei quali gli alberi erano disposti e potati in maniera tale da potervi sistemare delle reti per intrappolare gli uccelli, in particolare tordi, lì attirati dai richiami dei fischiatori. La vendita di tordi e altri uccelletti nei mercati, costituiva una minima entrata che andava ad integrare le spesso magre rendite del lavoro agricolo.
Nel corso degli anni, morto oramai il padre settantatreenne nel 1752, Baldassarre ottiene il
provento dell’oliviera nel 1749 per quell’anno, il
provento del macello di Murlo nel 1752 sempre per un anno. Nel 1769 si aggiudica il provento dei macelli di Murlo e Lupompeso per un anno e il provento della cenceria per tre anni che terrà ancora per altri tre; nel 1770 e 1777 ancora il provento dei macelli di Murlo e Lupompeso. Attività che gestisce in concomitanza con il lavoro nei suoi appezzamenti comprendenti degli orti a Murlo e all’Antica, dove possiede anche un oliveto, delle terre alla Costa, un terreno detto il Sodo e dei boschetti alla Menciona. Negli anni sessanta Baldassarre si sposa con Barbara Chesi che non è di Murlo e poco dopo nasce Iacomo nella cura di San Salvatore a San Giusto, il che attesta l’esistenza di rapporti stretti fra Baldassarre e la zona o forse la stessa grancia di San Giusto negli anni suddetti. Nel 1770 nasce all’Antica, Rosa, ma muore all’età di tre anni. Nel 1771 nasce sempre all’Antica Salvatore e nel 1773 Caterina che muore dopo soli due mesi. Anche Baldassarre, come il padre, partecipa alla vita pubblica rivestendo la carica di consigliere per il terzo di Tinoni dal 1768 sino al 1778. Sempre nel 1768 Baldassarre Bellacchi viene eletto santese dello Spedale di Tinoni come camarlingo (4). E’ camarlingo anche della Comunità di Murlo fra il 1772 ed il 1773. Il primo gennaio 1778 segna l’inizio della nuova Comunità di Murlo dopo l’accorpamento del Vescovado al Granducato di Toscana operato da Pietro Leopoldo. I precedenti organi amministrativi e i vecchi statuti vescovili vengono soppressi mentre entra in vigore il nuovo regolamento comunitativo (5): Baldassarre Bellacchi, come possidente, rientra nella borsa per l’estrazione di coloro che sarebbero andati ad amministrare la nuova comunità e ricoprirà così la carica di priore tre volte: prima nel 1787, poi nel 1795 e nel 1799. Nel gennaio 1785 i terreni e i poderi della grancia di San Giusto, proprietà dell’ospedale di Santa Maria della Scala di Siena, nell’ambito della dismissione dei beni di quell’istituto ormai economicamente disastrato, vengono messi all’asta e poi aggiudicati ad un certo Giuseppe Petrini. Dopo meno di due anni il Petrini li cede a livello a Baldassarre Bellacchi e Francesco Trecci che divengono così livellari dei poderi Rigo Secco, Pian di Rocca, Poggio Cenni, Poggio Copri, del luogo detto  Le Logge, dei poderi Mattioni, Campo Lungo, Gonfienti, Frascati, Beccarello, della chiusa della Chiesa, della chiusa del Boschetto, della chiusa del Tramito, della chiusa del Pianello, tutte proprietà, prima, della grancia di San Giusto. Da quel momento gli interessi di Baldassarre si spostano in maniera sostanziale in quell’area, interessi che, come abbiamo visto dalla nascita nel posto del primo figlio Iacomo, dovevano essere precedenti alla sua acquisizione. All’inizio del 1787 Baldassarre Bellacchi chiede al gonfaloniere e ai priori di Murlo che …la medesima grancia da esso e compagno acquistata fin dal dì 15 del mese di maggio 1786, possa godere della manutenzione pubblica delle sue strade come tutti gli altri comunelli, visto che è soggetta al pagamento delle tasse... Tra l’altro, due mesi dopo, Baldassarre domanda il rinnovo dell’incarico di canoviere del sale della grancia di San Giusto, il che vuol dire che almeno dall’anno prima si occupava di quella distribuzione nella suddetta zona. Nel frattempo viene a mancare la moglie Barbara, poichè nel 1789 Baldassarre si risposa con Maria Bernardini dell’Antica. Dal matrimonio, che viene celebrato nella chiesa di San Fortunato a Murlo, nasce all’Antica nel 1791 Gesualda e lì morirà di malattia a soli nove anni. Il secondo figlio di Baldassarre e Maria è Giuseppe che nasce a San Giusto ma è battezzato a Montepescini nel 1792. Giovan Pietro Augusto è il terzo figlio, nasce a San Giusto, viene battezzato a Murlo nel 1794 e muore a San Giusto dopo pochi mesi. Poi nasce Giovan Pietro all’Antica nel 1795 ma anche lui morirà all’età di sei anni a San Giusto. Sempre all’Antica Maria dà alla luce due gemelle nel 1797, Caterina e Francesca, ma muoiono neonate poco dopo. L’ultimo figlio che hanno Baldassarre e Maria è Angiolo che nasce a San Giusto, viene battezzato a Murlo nel 1800 e muore l’anno successivo sempre a San Giusto. Dei sette figli che Baldassarre ha dal secondo matrimonio, solamente uno, Giuseppe, sopravvive alla morte del padre che avviene nel 1803 all’età di settantotto anni. Dal Libro dei Morti della pieve di San Fortunato a Murlo: A dì 5 gennaio 1803. Baldassarre figlio del fu Giovan Battista Bellacchi, stato consorte in primo letto della fu Barbera Chesi, di poi in secondo letto di Maria Bernardini, abitante all’Andica, di questa pieve, morì in detto giorno in età d’anni 84 circa (6), dopo esser confessato e comunicato; e fatteli le dovute esequie fu sepolto in questa chiesa ed in fede. Io Giovanni Sardelli.

(Continua)

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Note

(1) La documentazione amministrativa del Vescovado consultata è conservata presso l’Archivio Storico del Comune di Murlo (ACM), mentre i libri parrocchiali della pieve di San Fortunato a Murlo e di altre parrocchie sono custoditi presso l’Archivio Arcivescovile di Siena (AAS). In questa sede, per brevità, non vengono riportati in nota i riferimenti documentali dai quali sono state tratte le notizie sulla vita di Baldassarre Bellacchi e famiglia.

(2) La Comunità di Murlo era governata da tre priori, uno per Murlo, uno per Tinoni ed uno per l’Antica, eletti semestralmente per sorteggio. Questi nominavano il consiglio ordinario composto da trentatre consiglieri, undici per ogni terzo, che durava in carica due anni. A sua volta il consiglio eleggeva annualmente un camarlingo.

(3) I cosiddetti proventi dell’osteria, della pizzicheria, del macello, dell’oliviera, della canova, della cenceria, della bandita, dei boschetti e delle altre poche, modeste, attività della Comunità di Murlo, venivano periodicamente appaltati tramite asta pubblica. Il maggior offerente ne otteneva la concessione esclusiva per un periodo stabilito, incamerandone il provento e si impegnava a pagare alla comunità la cifra offerta. Spesso le attività, anziché appaltate, venivano concesse ad personam per grazia dell’arcivescovo.

(4) L’ospedale di Tinoni era un minuscolo istituto assistenziale locale, di antica fondazione, dotato di due piccole stanze adibite a ricovero in fondo a Tinoni e di altre proprietà limitrofe. Era amministrato da due santesi, un priore ed un camarlingo.

(5) Le sette comunità in cui era suddiviso il Vescovado (Murlo, Lupompesi, Crevole, Casciano, Montepertuso, Vallerano e Resi), prima autonome l’una dall’altra, vengono riunite in una sola, amministrata da una nuova magistratura detta gonfaloniere e priori, composta da un gonfaloniere e sei priori. Questa è affiancata da un consiglio generale formato da dieci consiglieri (dal 1785 in poi, i priori saranno quattro e i consiglieri sei). Gonfaloniere, priori e consiglieri venivano eletti annualmente per estrazione da una lista detta borsa de gonfalonieri, priori e consiglieri che comprendeva tutti i possidenti della comunità. Attraverso la borsa veniva eletto per un anno anche un camarlingo. Con la riforma comunitativa promossa dal granduca Pietro Leopoldo, ai soli proprietari e in quanto tali, veniva riconosciuto il diritto esclusivo di rappresentare l’intera comunità e di partecipare agli organi amministrativi locali.

(6) In realtà, come già detto, aveva settantotto anni, ma bisogna considerare che all’epoca il conteggio delle età era alquanto aleatorio.

 


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