MURLOCULTURA n. 4/2011

STORIA DI MURLO

L'OSPEDALE DI SAN LEONARDO
NEL VESCOVADO DI MURLO

Un piccolo istituto benefico a Murlo nelle carte dei secoli XVII e XVIII

di Giorgio Botarelli

prima parte

Associazione Culturale di Murlo
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Presso l’Archivio Storico del Comune di Murlo è conservato un malridotto registro contabile appartenuto allo Spedale di San Leonardo (fig. 1), minuscolo istituto benefico che operò per alcuni secoli e in varie forme nel borgo di Tinoni, Comunità di Murlo, dove aveva sede ed era sorto in età imprecisata.

Spedale di MurloSpedale di Murlo

Fig. 1 Archivio Storico del Comune di Murlo (ACM): Libro B - Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, archivio preunitario 1538 - 1865, n. 123. Registro di 96 pagine, legato in pergamena molto rovinata.

Fig. 2 ACM: uno dei due fascicoli con contabilità degli anni 1783/1784, archivio preunitario 1538 - 1865, n. 124. Copertina in cartoncino e cartiglio staccato con la scrittaspedale.

Il documento in questione venne compilato dal 1637 al 1692 ed è denominato Libro B - Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, in quanto prosecuzione di un Libro A di contabilità e antecedente ad un successivo Libro C, registri ai quali rimandano diverse annotazioni e purtroppo ambedue perduti. Al Libro B sono allegate alcune carte sciolte (conti, ricevute ed altro) riguardanti sempre l’ospedale ma risalenti al XVIII secolo. Presso lo stesso archivio sono conservati anche due fascicoli di poche pagine che illustrano la modesta contabilità dell’ospedale negli anni 1783/1784 (fig. 2) e altra documentazione sei/settecentesca concernente l’amministrazione del Vescovado di Murlo, dalla quale sono recuperabili sporadiche notizie sull’istituto. Il Libro B fu redatto dai vicari vescovili che si succedettero in carica all’epoca come rappresentanti in loco dell’arcivescovo di Siena, signore e padrone del Vescovado di Murlo. Al vicario, che vigilava sul governo del territorio, gli amministratori dell’ospedale, detti spedalieri o santesi, dovevano rendere conto del loro operato, per cui ogni movimento in denaro che effettuavano veniva da lui registrato; il vicario poi, alla fine di ogni mandato, verificava il bilancio dei santesi uscenti e s’incaricava delle consegne ai nuovi eletti.
La ricognizione sui dati contabili di questo modestissimo ente benefico, purtroppo limitata al ristretto lasso di tempo contemplato dal suddetto registro, evidenzia comunque in maniera abbastanza netta le funzioni e le modalità di gestione di una delle tante, e tuttora in gran parte semisconosciute, microstrutture assistenziali che erano disseminate in territorio senese, toscano e non solo: numerosi ospedaletti di dimensioni minime e con mezzi limitati, operavano nella città di Siena e soprattutto nel contado sin dal Medioevo (1), dedicando la propria attività a forme diversificate di assistenza, sulla scia dell’operato di strutture dotate di maggiori risorse e meglio organizzate, come ad esempio il Santa Maria della Scala a Siena, illustre prototipo di ente assistenziale attivo sin dal XII secolo. Ospedali, ospedaletti e ospizi, nati in principio con l’intento di dare accoglienza a pellegrini o viandanti e offrire momentaneo ricovero a poveri, infermi o moribondi, estesero in seguito il proprio campo di azione dando ospitalità a partorienti, raccogliendo orfani e fanciulli abbandonati, assegnando elemosine in natura o denari a persone indigenti e mendicanti. La loro opera si rivolgeva verso gli esposti, cioè le categorie più deboli della società e tutti coloro che in un dato momento della loro vita e per vari motivi, venivano a trovarsi in uno stato di sofferenza o di emarginazione, bisognevole di interventi che le istituzioni di governo, in mancanza ancora di un vero e proprio sistema di sostegno sociale e sanitario organizzato, non assicuravano direttamente.
La fondazione degli ospedali medievali avviene dunque per scopi prettamente caritativi e la loro attività sembra esulare, perlomeno all’inizio, da qualsivoglia intento curativo dell’umanità ospitata colpita da malattie, o, per meglio dire, non ha tra le sue finalità primarie, quella terapeutica, cui sarà deputata invece la moderna struttura ospedaliera. Era grazie alle donazioni o ai lasciti testamentari di benefattori che tali istituti venivano fondati e proseguivano poi nel loro esercizio di opere pie.


Origini e prime notizie dell’ospedale di San Leonardo

Non si conosce l’epoca di fondazione dell’ospedale di San Leonardo e neppure chi l’abbia istituito, dato che nessuna memoria documentale sembra esserci pervenuta a riguardo. Già nel 1774 il vicario del Vescovado, Marcello Prosperini, in merito alla nascita dell’istituto asserisce che nell’archivio di Murlo non se ne trova memoria, ma credesi questa perita, come le altre, nella rovina della rocca di Crevole (2). Quest'ultima, prestigiosa residenza vescovile e primitiva sede dell'archivio del Vescovado, aveva subìto danni ingenti in due occasioni: dapprima nel 1380, quando era andata interamente distrutta con l'incendio appiccato da ghibellini senesi; poi a metà Cinquecento, durante gli eventi bellici che l'avevano coinvolta nel corso della Guerra di Siena e in seguito ai quali venne definitivamente abbandonata. Se si suppone, quindi, una fondazione dell'ospedale in epoca medievale o anche più tarda, ma antecedente alla metà del XVI secolo, è pensabile che eventuali documenti siano andati persi in uno dei due frangenti, come ipotizzava il vicario Prosperini.
E’ così che, ad oggi, le prime notizie disponibili sull’operato dell’ospedale risalgono a tempi relativamente recenti, e precisamente all’inizio del XVII secolo: il 14 settembre 1603 si riunisce il consiglio ordinario della Comunità di Murlo (3) per deliberare sulla proposta, avanzata dagli amministratori dell’ospedale, i santesi Febo Bocci di Tinoni e Andrea Vantaggi dell'Antica, concernente l'acquisto da tale Antonio Del Zoppo di una vigna confinante con altre proprietà dell'istituto. Domenico Vannera dell'Antica, uno dei componenti il consiglio, espone parere favorevole all'iniziativa dei santesi, suggerendo di lasciare a loro la facoltà di stimare il valore della vigna e trattarne il prezzo, di prelevare il corrispettivo dai fondi dell'ospedale e poi di affittarla o darla a mezo, o insieme con egli altri beni o separatamente, con quelli capitoli e conventioni che alloro parrà. I ventitre consiglieri presenti procedono alla votazione con il consueto metodo dei lupini bianchi e neri, e la proposta viene approvata con ventuno voti favorevoli e due contrari (4). Ad inizio Seicento, dunque, l’ospedale è senza dubbio attivo perlomeno sul piano economico, intervenendo nell’acquisizione di nuovi beni, anche se modesti, come strumento utile ad incrementare le entrate da destinare alle opere di assistenza. D’altra parte, è certo che l’istituzione dell’ospedale avvenne, così come per quasi tutti gli altri, per volontà di pie persone che destinarono i propri beni, tramite testamento o donazione, alla creazione di una struttura benefica di accoglienza con la specifica funzione di soccorrere i poveri, come viene documentato nel verbale del consiglio comunitario di Murlo, convocato il 7 dicembre 1615 per decidere appunto sulla proposta di fare l’ospedaliere e ridurre l’ospidale per ricevare i povari secondo li entientione di quelli che anno stituito lo spidale e lassato li beni (5).

Ubicazione e struttura

Due sole stanze, nell’ambito di un fabbricato più ampio posseduto dal pio istituto, componevano lo spazio assistenziale vero e proprio dell’ospedale di San Leonardo. Il fabbricato intero, situato all’estremità sud del borgo di Tinoni, era costituito da sette stanze distribuite su due piani, con annessi due orticelli ed una piccola cappella, il cosiddetto Madonnino di Tinoni; inoltre, appresso, vi era un casalone adibito a fornace per la produzione di vasellame, il tutto proprietà dell'ospedale (fig. 3).

Tinoni nel Catasto Leopoldino (1821) - disegno di Luciano Scali

Fig. 3 Pianta di Tinoni dal Catasto Leopoldino (1821): le particelle 234 e 235 (all'estrema sinistra della piantina) rappresentano l'agglomerato che era in precedenza proprietà dell'ospedale. La particella 234 era formata all'epoca da due case, una di 174 braccia quadre (1 bq = 0,3406 mq) l'altra di 166; la 235 da una piccola casa di 96 bq e un orto di 465. La particella 236 (con la Croce), individua la cappellina detta il Madonnino di Tinoni ed era suddivisa in due porzioni: una di 60 bq per la cappella e una di 42 adibita a stalla.


Le descrizioni dell'ubicazione e della composizione del caseggiato in cui si trovavano le due stanze destinate al ricovero ospitaliero, contenute nelle memorie sull'ospedale redatte dai vicari Pandini e Prosperini nella seconda metà del Settecento (6), consentono di identificare con certezza quella struttura nell'odierno agglomerato posto al margine meridionale di Tinoni, ma da questo nettamente staccato, nel punto in cui la strada proveniente da Buonconvento si suddivide, lambendolo ai lati, da una parte nella tangenziale del paese e dall'altra in Via Tinoni. Naturalmente il modesto complesso, pur essendosi mantenuto nel corso del tempo separato dal borgo, ha subìto ripetute trasformazioni murarie, sia con modifiche all'esterno, sia con variazioni nella suddivisione degli ambienti interni; lo stesso oratorio fu demolito a fine Ottocento e della fornace, già dismessa ad inizio Settecento, non vi è più alcuna traccia visibile. Per questo è oggi piuttosto difficile individuare in esso quella che era l’esatta localizzazione delle due stanze, anche se possiamo supporre che si trovassero a piano terra del casamento con affaccio su Via Tinoni, la strada che immette nel villaggio (figg. 4-5).

Tinoni  (anni '70)

Fig. 4    Il fabbricato all'estremità sud di Tinoni nel quale si trovava l'ospedale, in una foto degli anni '70 prima della costruzione della tangenziale.

 

Tinoni (anni '70)

Fig. 5     Retro del fabbricato che era anticamente proprietà dell'ospedale, in una foto dei primi anni '70.

 
Delle rimanenti cinque stanze del complesso, una era concessa in affitto alla Comunità di Murlo, che la utilizzava per l’esercizio di oliviera, mentre le altre quattro con gli orti adiacenti, erano affittate ad uso abitativo, ed anzi, una di esse, almeno sino alla fine del Settecento, era adibita a scuola. La fornace, inoltre, veniva locata a quei vasai di passaggio che si offrivano per la gestione. Una struttura minima dunque, le due stanze a disposizione dell’attività ricettiva, non dissimile, certamente, da quella di tanti altri piccoli ospedaletti sparsi nella campagna senese, e tuttavia sufficiente ad offrire momentaneo ricovero ad occasionali viandanti o procurare a poveri ammalati un tetto sotto cui albergare per tempi più o meno lunghi in attesa della guarigione e talvolta della morte.

(continua)

Note

(1) A questo proposito si veda: Per una storia degli ospedali di contado nella Toscana fra XIV e XVI secolo. Strutture, arredi, personale, assistenza di D. Balestracci in: La società del bisogno. Povertà e assistenza nella Toscana medievale a cura di G. Pinto, Firenze 1989.

(2) Il notaio Marcello Prosperini di Pienza fu vicario vescovile a Murlo dal 1759 al 1776. In una relazione sul Vescovado cominciata nel marzo 1774, tramanda alcune memorie sull'ospedale di San Leonardo. Vedi: Una Signoria nella Toscana moderna. Il Vescovado di Murlo (Siena) nelle carte del secolo XVIII di M. Filippone, Giovanni B. Guasconi e S. Pucci, Siena 1999, pp. 293-294.

(3) Il consiglio ordinario della Comunità di Murlo era composto da trentatre consiglieri, undici in rappresentanza del castello di Murlo, undici per il villaggio di Tinoni ed altrettanti per quello dell'Antica. I consiglieri duravano in carica due anni e si riunivano per deliberare su questioni di interesse comune per la popolazione. C'era anche un consiglio generale, formato da uno per casa, che si adunava in particolari occasioni. Tutti i consigli erano presieduti dal vicario vescovile ed erano presenti i tre priori e il camarlingo della Comunità.

(4) ACM: Libro de cose dal 1603 al 1630, n.1 c.1r. Il registro contiene i verbali dei consigli della Comunità di Murlo - molto radi peraltro - dal 14 settembre 1603 al 19 febbraio 1630. Il primo verbale riguarda proprio l’ospedale.

(5) ACM: Libro de cose dal 1603 al 1630, n.1 c.10v.

(6) Il notaio senese Bernardo Giuseppe Pandini fu vicario vescovile a Murlo dal 1744 al 1750. Finì la sua relazione sul Vescovado nel 1758. Vedi: Una Signoria nella Toscana moderna. Il Vescovado di Murlo (Siena) nelle carte del secolo XVIII di M. Filippone, Giovanni B. Guasconi e S. Pucci, Siena 1999, pp. 53-56. Del vicario Prosperini abbiamo già detto in nota 2.



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