MURLOCULTURA n. 6/2012

Ancora a proposito dell'organizzazione del territorio

di Camillo Zangrandi


Associazione Culturale di Murlo
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Ritorniamo su un argomento lasciato qualche numero fa, la necessaria riorganizzazione delle strutture amministrative sul territorio nazionale in generale ed in particolare nel nostro: un aggiornamento, con i passi avanti fatti. In questi ultimi mesi si è parlato meno di comuni e molto di province. Le discussioni a tutti i livelli - governativo, parlamentare, locale - e le proposte sono via via passate dalla loro totale abolizione, dalla abolizione parziale secondo alcuni parametri, poi secondo altri per cui il teorico numero delle province da abolire variava in continuazione. Contemporaneamente sono andate aumentando le pressioni per continuare a modificare le proposte - a tutti i livelli e da parte di tutte le forze politiche, comprese quelle favorevoli al principio dell’abolizione - e a rendere più difficile il percorso decisionale. Allo stato attuale non si parla più d’abolizione totale né parziale, ma di riordino, un eufemismo tipicamente italiano per perdere tempo nell’attuazione della decisione e pieno d’incognite sul reale contenuto e sui tempi.
Pur essendo i tempi fissati, è nota l’italica capacità del “rinvio”, dei casi particolari, delle eccezioni: salvo, eccetto, fatta eccezione di e simili sono parole molto frequenti e tra le più usate nelle nostre leggi [1].
L’abolizione delle province, sia totale sia parziale, o anche il solo “riordino” con la redistribuzione dei compiti a monte alle regioni e a valle ai comuni, presuppone in ogni caso la conseguente riorganizzazione dei comuni, in particolare quelli piccoli al di sotto dei 5.000 abitanti, il che significa oltre il 70% dei comuni italiani (8.200 circa). Senza questa completa revisione alla base e senza un coordinamento programmato delle due riforme, si può correre il rischio di una quasi paralisi amministrativa anche con possibili conseguenze sui cittadini.
Tornando ai Comuni, dobbiamo sottolineare come l’azione richiesta dalle leggi statali e regionali procede con estrema lentezza e con scarsa visibilità per quelli che sono e saranno i maggiori destinatari del cambiamento, i cittadini; non nel senso che essi sono oggi interessati allo stesso, perché la stragrande maggioranza di loro ignora letteralmente quanto sta per succedere, ma nel senso che lo saranno forzatamente dato che l’attuazione delle norme in vigore toccherà concretamente quotidiani modi di agire e abitudini di lunga data. Questo momento non è lontano perché scadrà alla fine del prossimo anno. E’ vero che la tecnica italiana del rinvio può sempre farsi strada, ma a nostro parere non ci conteremmo molto in quest’occasione. Da un lato la cogente situazione economica costringe finalmente a realizzare le riforme delle strutture organizzative territoriali (non potendo più il paese sopportare costi eccessivi e contemporaneamente strutture non più adeguate ai bisogni dei cittadini) e dall’altro l’articolato predisposto dalla Regione Toscana, 44 pagine di disposizioni che toccano tutti gli aspetti, non sembra lasciare spazi alle organizzazioni periferiche (legge regionale 68 “Norme sulle autonomie locali” e relativi aggiornamenti ).
Parliamo della legge toscana, giacché ne facciamo parte, ma stiamo facendo un discorso che riguarda l’intero insieme degli oltre 5.000 piccoli comuni italiani (con meno di 5.000 abitanti), nel quale è compreso il nostro Comune. Nonostante si parli e attraverso le numerose leggi che si sono succedute da oltre 10 anni, il numero di Comuni che ha proceduto sulla strada delle Unioni e/o delle Fusioni di Comuni, è molto limitato, pur alla presenza di vantaggi economici interessanti sotto il profilo degli stanziamento statali e regionali. A titolo di curiosità segnaliamo che le Unioni in Italia sono qualche centinaio, localizzate per lo più nel Nord Italia e nelle Isole. Il fatto è forse che, in generale, l’ineluttabile cambiamento non è ancora del tutto metabolizzato e si crede che tardando possa succedere qualcosa che ci faccia ritornare al nostro “particolare”.
Tornando alla legge regionale toscana, che ci riguarda più da vicino poiché ad essa il nostro Comune si dovrà adeguare, preme sottolineare che “è stabilito il principio che la Regione promuove i processi di fusione, in particolare dei comuni tenuti all’esercizio obbligatorio di funzioni fondamentali (come Murlo, ndr), dandovi attuazione attraverso la previsione di contributi regionali di sostegno alle fusioni, di disciplina degli effetti della fusione, d’impegni specifici per raggiungere intese e promuovere le leggi di fusione”.
In sostanza l’Unione dei Comuni come ponte alla realizzazione della Fusione.
Quali sono i passaggi che ci attendono nei prossimi mesi. Entro poco più di un anno dovranno essere trasferiti all’Unione dei Comuni della Val di Merse:

- funzioni generali di amministrazione (gestione del personale, controllo di gestione, gestione economica e finanziaria, gestione delle entrate tributarie e dei servizi fiscali; gestione dei beni demaniali e patrimoniali, ufficio tecnico con la progettazione, i lavori pubblici e gli espropri, tenuta dei registri di stato civile e servizi anagrafici, servizio statistico);

- funzioni di polizia locale (struttura unica di polizia municipale, polizia commerciale, amministrativa e tributaria);

- funzioni di istruzione pubblica (servizi di nidi d’infanzia, organizzazione e gestione dei servizi scolastici, assistenza scolastica, trasporto scolastico, servizi di refezione, fino all’istruzione secondaria di primo grado);

- funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti (costruzione, classificazione e gestione delle strade comunali, regolazione della circolazione stradale urbana e rurale e dell’uso delle aree di competenza comunale);

- funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente (pianificazione urbanistica, ordinamento di ambito comunale, i piani strutturali, i piani urbanistici attuativi, il regolamento urbanistico, il regolamento edilizio, lo sportello unico per l’edilizia, la vigilanza e il controllo sull’attività edilizia, valutazione di impatto ambientale di competenza comunale, vincolo idrogeologico, funzioni comunali in materia paesaggistica, catasto dei boschi percorsi dal fuoco, classificazione, pianificazione, vigilanza e controllo sulle emissioni acustiche, funzioni comunali di protezione civile, verde pubblico);

- funzioni nel settore sociale (erogazione delle prestazioni e dei servizi sociali).

Tutte queste funzioni, praticamente la quasi totalità delle funzioni comunali, entro il 2014 dovranno essere gestite a livello dell’Unione. Il Comune rimane in vita sulla carta, ma l’effettivo svolgimento dei compiti del Comune sarà demandato agli organi costituiti dai rappresentanti dei singoli comuni.

Questo comporterà l’accentramento degli uffici che gestiscono le funzioni sopraelencate, cioè praticamente tutti gli uffici comunali, che avranno un responsabile a livello dell’Unione. Secondo la legge regionale, infatti “si ha esercizio associato di funzioni di enti locali quando, per effetto della stipulazione di un atto associativo, una struttura amministrativa unica svolge funzioni, e pone in essere atti e attività relativi, di cui sono titolari comuni o province”.
Non sappiamo come questo sarà realizzato - il livello di accentramento procederà per gradi anche per problematiche legate al personale dipendente e alle loro qualifiche - ed aumenterà verosimilmente con il tempo. Supponiamo che sarà qualcosa di simile a quello che è oggi per il SUAP e per la Polizia Municipale, le due sole attività che sono gestite come associate nell’Unione. Certamente quanto più vi sarà accentramento, anche fisico degli uffici, tanto più vi sarà una riduzione di costo e migliorerà l’efficienza; con la contropartita di una minore vicinanza del servizio per i cittadini. Attualmente, per le due attività associate nell’Unione, ci sembra di vedere, in questa fase di rodaggio, un eccessivo movimento di persone e carte da e per il centro (Unione) e la periferia (Comune).
Vi sarà un processo graduale nel perseguimento dei risultati per contemperare le varie esigenze che sono in gioco: l’efficienza e la riduzione dei costi, il servizio ai cittadini e la sua efficacia, insieme alle problematiche dei dipendenti.
Possiamo anche immaginare nel tempo un processo di accentramento totale - l’Unione che diventa Fusione, cioè i quattro comuni [2] diventano un sol Comune che in un articolo passato avevamo vagheggiato chiamandolo “Merse”: peraltro dalla legge regionale si evince che questo è l’obiettivo finale [3]. In presenza di una tale situazione, che auspichiamo, pur nei tempi e con la gradualità necessaria, una forma di presenza di servizi nei comuni disciolti dovrà essere garantita e prevista o attraverso sportelli aperti saltuariamente e/o attraverso sistemi computerizzati (terminali) con i quali il cittadino può colloquiare con l’ufficio dislocato.
A questo riguardo si può anche ipotizzare l’utilizzo di una importante iniziativa della Regione, il PAAS, che esiste nel comune di Murlo. Si tratta di ritornare alla sua funzione originaria, ormai dimenticata, che era quella contribuire alla riduzione del “digital divide”, cioè aiutare le persone che, per problemi economici e/o per non conoscenza, si trovano in difficoltà a fruire dei mezzi informatici. In questa struttura si potrebbero iniziare i cittadini, che non sono in grado di farlo da soli, a colloquiare con il Comune per le loro richieste (documenti e quant’altro sarà messo a disposizione dall’Amministrazione). Questo potrebbe essere già utilizzato anche solo in presenza dell’Unione dei Comuni, affidandone il servizio, per il principio di sussidiarietà, ad una Associazione.
Un aspetto non secondario che ci tocca riguarda l’attuale territorio dell’Unione dei Comuni della Val di Merse: secondo la legge regionale siamo “l’ambito 37”, cioè, come noto, Murlo insieme ai comuni di Monticano, Chiusdino, Radicondoli, Sovicille, con una popolazione, alla data del 31/12/2009, vicina ai 17.000 abitanti, sicuramente aumentati in questi tre anni. Una dimensione ottimale per fare un Unione, ma un territorio che presenta le due aree all’estremità est ed ovest “estranee”, sotto il profilo geografico-economico, alla Valle di Merse, cioè il comune di Radicondoli e la zona di Murlo/Vescovado (4). Abbiamo già analizzato in passato come, se si vuole creare un’area omogenea da amministrare efficacemente nell’interesse dei cittadini, questi due territori, pur essendo ora appartenenti al territorio dell’Unione dei Comuni della Val di Merse, ne dovrebbero essere esclusi. Più semplice il problema per Radicondoli, dove esistono anche richieste di accorpamento dell’intero territorio comunale alla Val d’Elsa, più complesso quello di Murlo/Vescovado perché occorre modificare il territorio di un comune; ma esistono percorsi giuridici gestibili dalle Amministrazioni Pubbliche locali e/o eventualmente dai cittadini (consultazione/referendum).
Ci aspettano quindi, a breve, grandi cambiamenti e trasformazioni che non devono spaventare perché, se ben gestiti, porteranno vantaggi ai cittadini. Non si tratta di perdere identità del passato, se ci sono queste restano. E’ necessario essere aperti e disponibili ad affrontare il futuro con mezzi nuovi e più adeguati. Come e’ importante che l’Unione diventi una vera “unione”, un vero unico territorio da gestire nel suo insieme, non una somma di comuni da gestire in modo burocratico: solo in questo modo le decisioni strategiche - manutenzione e sviluppo del territorio, trasporti, sociale, struttura dei costi - potranno essere efficaci per un corretto e stabile sviluppo nel tempo e in grado di rispondere ai crescenti bisogni dei cittadini. Questa istanza peraltro non può essere rivolta solo a chi ha ed avrà il gravoso compito di amministrare, noi tutti cittadini dovremo avere lo stesso atteggiamento disponibile ed aperto, mettendo da parte il singolo “particolare”.
Non è certo questo il modo migliore per affrontare le sfide del terzo millennio, per gestire in modo adeguato il territorio (manutenzione e sviluppo), i crescenti e nuovi bisogni degli abitanti (trasporti, sociali), le trasformazioni epocali e la presenza di culture diverse anche in piccoli comuni. Non è più possibile pensare e agire in modo burocratico, sempre riferito al passato, occorre procedere in modo strategico, rivolto all’individuazione e alla risoluzione dei problemi strategici, modificarsi in funzione di essi attraverso la realizzazione di nuove strutture organizzative moderne, snelle, veloci, poco costose, adeguate ai territori amministrati ed i bisogni dei loro cittadini.



Note

[1] Come inciso sottolineiamo che "per fare in fretta" si sono seguiti percorsi giuridici "scorciatoie" che rischiano di "far fare tardi", giacché gli stessi si prestano ad interpretazioni diverse e a possibili ricorsi (...in realtà già in atto), che pioveranno da quanti non vogliono cambiare nulla. A nostro avviso, il percorso lineare dovuto era ed è quello della modifica dell'articolo della Costituzione che prevede le Province e una nuova legge per definire la nuova struttura organizzativa.

[2] I Comuni in realtà sono cinque, ma in tale ipotesi si deve escludere che Radicondoli rimanga in questa struttura organizzativa.

[3] Tanto è vero che in caso di Fusioni di Comuni sono previsti e stanziati dalla Regione Toscana contributi per i comuni che si fondono molto più importanti di quelli previsti per l'Unione.

[4] Tralasciamo il problema della distanza da Vescovado a Radicondoli (del progetto-sede Rosia non abbiamo informazioni recenti), se e per quanto ancora rimarrà la sede ufficiale dell'Unione.



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