MURLOCULTURA n. 1/2011

ALBERI?

Altrove sono patrimonio comune e cultura storica, da noi legna da ardere
o ostacoli per gli integralisti del cemento

di Nicola Ulivieri


Associazione Culturale di Murlo
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In molti dei luoghi che ho visitato, in giro per il mondo, ho spesso notato l’attenzione che viene riservata agli alberi, sia come arredo urbano, sia come veri e propri “oggetti” di ammirazione e contemplazione. Ho visto case che sono state costruite intorno ad un albero, a cui è stato lasciato lo spazio per crescere e la possibilità di vivere, e devo ammettere che sono esperienze che a me, come italiano, colpiscono nel profondo, dato che da noi non sarebbe stata presa nessun'altra decisione se non quella di rimuovere la pianta. Al limite, si lavora e si scava sempre più vicino al fusto finché l'albero, senza più nutrimento, si secca e deve essere abbattuto; naturalmente per la nostra sicurezza. Ricordo bene quegli imponenti tigli al S. Niccolò a Siena, dove si era trasferita la facoltà di Ingegneria. Dopo i lavori nel piazzale, l'abbassamento del piano calpestabile e la capitozzatura degli alberi, una mattina, un enorme tiglio venne giù, avendo la bontà di cadere nell'unico punto in cui, miracolosamente, non fece alcun danno. Dopo, sempre per la nostra sicurezza, furono abbattuti gli altri suoi "fratelli".
Il contrasto più grande che ricordo, rispetto all’attuale indifferenza italiana alla tutela del verde, l’ho trovato all’Alhambra, vicino a Granada, in Spagna, dove è stato addirittura conservato il tronco di un cipresso al quale, invece di essere tagliato e gettato nella legna da ardere, è stata riservata la dignità di essere esposto in bella mostra negli splendidi giardini del palazzo (foto 1). L'albero, battezzato come Cipresso della Sultana, era probabilmente più antico di Granada ed è vissuto più di 600 anni. Vicino al fusto, una targa ricorda l’importanza simbolica della pianta che, secondo la leggenda, fu testimone muta dell'amore furtivo tra la sposa del re Boabdil e un cavaliere alemanno.

Cipresso della Sultana - Foto Nicola Ulivieri

Foto 1 – Tronco del Cipresso della Sultana, ormai morto, assicurato al muro e lasciato all’ammirazione dei visitatori
nei giardini dell’Alhambra, in Spagna (foto N. Ulivieri).

D’altra parte, molti alberi suscitano davvero ammirazione e rispetto. L’enorme baobab nella foto 2, vecchio di centinaia di anni, è una tappa obbligata all'interno del vasto parco Kruger in Sudafrica, e moltissimi turisti si fermano qui per farsi una foto nascosti tra le pieghe del tronco. Cambiando continente, troviamo l'immenso albero di El Tule, in Messico (foto 3): una specie di cipresso che costituisce un'altra suggestiva meta turistica, e che ha addirittura più di duemila anni! Con un'altezza di 42 metri e una circonferenza di 58 metri, questa pianta ha visto nascere i Maya, gli Aztechi ed era già un monumento vivente quando sono sbarcati C. Colombo prima e i conquistatori spagnoli poi. Oggi, l'albero, che richiede un'enorme quantità di acqua per sopravvivere, è tenuto in vita anche grazie ad un'irrigazione abbondante e costante. Gli ambientalisti locali si stanno prodigando affinché l'albero di El Tule possa essere dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall'UNESCO e si battono per creare una vasta zona protetta, non edificabile, nel bacino di 110kmq che rifornisce l'acqua necessaria alla vita dell'albero.

Baobab Kruger - foto di Nicola Ulivieri
Foto 2 – Questo Baobab di notevoli dimensioni costituisce una tappa molto gettonata del parco Kruger in Sudafrica
(foto N. Ulivieri).

Albero La Tule - foto di Nicola Ulivieri
Foto 3 – Maestoso albero di oltre duemila anni a El Tule, in Messico (foto N. Ulivieri).

Ma l’importanza degli alberi non è data solo dall’età e dalle dimensioni di quelli più maestosi, ma dal loro essere in relazione con l’ambiente in cui una popolazione cresce, un ambiente che loro stessi creano e valorizzano, con la loro presenza e i loro ricordi.
La citazione più adatta per comprendere queste emozioni è senz’altro l’ode del Carducci ai cipressi di Bolgheri, al quale questi alberi ricordano l'infanzia e sembrano parlare:

I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.
Mi riconobbero, e - Ben torni omai -
Bisbigliaron vèr me co 'l capo chino –
Perché non scendi? perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.
Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d'una volta: oh, non facean già male! [.]
” ecc.ecc.

Parole che hanno dato fama a questi alberi, tanto da sperimentarne la clonazione per salvarli dagli attacchi di un parassita fungino che li stava uccidendo; versi celebri che li hanno resi una meta turistica.
Sono parole di molti decenni fa, ma a me sembrano secoli. Sì, proprio perché a Murlo (ma non solo), invece di scrivere odi e poesie agli alberi, noi li tagliamo, senza cura della loro importanza storica, affettiva, ambientale, oppure non prestiamo sufficiente attenzione per la loro salvaguardia, come è successo per i due pini secolari di Murlo, uno caduto e l'altro abbattuto (sempre per la nostra sicurezza).
Eppure, come mostrano gli esempi che ho riportato, la salvaguardia di alberi monumentali può anche essere fonte di turismo e di introiti. Ma la nostra mancanza di attenzione al verde e alla storia ha radici profonde. Già alcuni decenni fa, nel Viale delle Rimembranze, (foto 4 e 5), per far posto a nuove costruzioni, prima, e per l'asfaltatura della strada, poi, furono abbattuti i cipressi piantati in onore dei caduti nella guerra del '15-'18, in memoria dei quali portavano una targa con il nome. Un'azione che non fu altro che la cancellazione di una parte della nostra storia ed un’offesa ai caduti, rendendo il Viale delle "Rimembranze" tale solo nel nome. Chissà cosa ne avrebbe pensato il Carducci? E i morti per la patria!? Praticamente abbattuti due volte.

Murlo viale delle Rimembranze 1958
Foto 4 – I cipressi del Viale delle Rimembranze, dedicati ai caduti di guerra. Poi rimossi per allargare la strada e far posto alle abitazioni (imm. archivio Nocciolini).

Cartolina Cipressi Rimembranza anni 60
Foto 5 – Cartolina degli anni ’60. Sulla sinistra, i cipressi di Viale delle Rimembranze rimasti dopo l’eliminazione della fila sulla destra che ha fatto posto alle costruzioni. In seguito abbattuti anch’essi.

E pensare che una volta, anche durante il fascismo, esisteva la festa degli alberi, ed ai bambini delle scuole si facevano piantare degli arbusti che poi assumevano un'importanza simbolica e sociale enorme. Per contrasto, adesso, vediamo sradicati altri vecchi alberi nel pendio sotto alle scuole di Vescovado, piante che, probabilmente avevano visto crescere i nostri genitori. E non si pianta nulla al loro posto, per compensare la perdita? No, queste azioni non si comprendono più e, anzi, si deridono e si bollano come "integralisti verdi” coloro che si interessano alla salvaguardia del proprio territorio. La realtà, però, è che il vero integralismo è quello della cementificazione a tutti i costi, l’integralismo della speculazione edilizia che sta devastando un'Italia con una delle più alte densità di popolazione al mondo (200 abitanti a km quadrato!) e da cui la Toscana si era protetta.abbastanza. Adesso non più; ora l'accelerazione è divenuta esponenziale, anche grazie alla noncuranza e indifferenza della maggioranza delle persone.
Ed in questo orgasmo da costruzione, sono stati recentemente (rispetto a quando scrivo) tagliati due enormi lecci in località Cinaioli, a Vescovado, due alberi probabilmente centenari (foto 6 e 7), di cui uno semplicemente straziato, come si vede dalla foto 6. Due alberi che erano al bordo della strada, e del cui abbattimento, quindi, non se ne capisce il motivo. Due piante la cui chioma era visibile nelle immagini da satellite e che esistevano prima di tutti noi; alberi che probabilmente hanno passato la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, e forse uno di loro ha visto anche l'Unità d'Italia, chissà? Bene, oggi non ci sono più, nell’indifferenza di tutti e a causa dell'ignoranza di alcuni che non capiscono la loro importanza.

Leccio di Cinaioli - foto di Nicola UlivieriLeccio di Cinaioli - foto di Nicola Ulivieri
Foto 6 e 7 – Lecci, probabilmente centenari, tagliati al lato della strada per far posto
alle nuove costruzioni in loc. Cinaioli, Murlo (foto N. Ulivieri).

Per questi atti e per le persone responsabili, per quello che si prova a dover assistere a queste azioni, non si possono trovare parole migliori di quelle di Goethe ne “I dolori del giovane Werther”:

Il vecchio era del tutto rianimato e poiché io non seppi trattenermi dal lodare i begli alberi di noce che ci davano ombra così grata, egli cominciò, benché con qualche difficoltà, a narrarcene la storia. «Non sappiamo chi abbia piantato il più vecchio, - disse - chi nomina l'uno e chi l'altro pastore. Ma il più giovane ha proprio l'età di mia moglie: cinquant'anni in ottobre. Suo padre lo piantò la mattina, e lei nacque la sera. Fu il mio predecessore nel presbiterio e non si può dire quanto l'albero gli fosse caro: né lo è meno a me.[.] »”

Per poi finire con il triste epilogo:

[.] C'è da diventar furiosi, Guglielmo, vedendo che ci sono degli uomini incapaci di comprendere e di sentire il poco che c'è ancora di buono sulla terra. Ricorderai gli alberi di noce sotto i quali mi sedetti con Carlotta nel cortile [.]; splendidi alberi che, Dio lo sa, mi riempivano di una grande gioia spirituale. Quale pace, quale ombra fresca essi diffondevano sul presbiterio! Com'erano splendidi i loro rami […]. Ebbene, il maestro aveva le lacrime agli occhi, ti assicuro, dicendomi ieri che li hanno abbattuti. Abbattuti! Mi sento impazzire, e sarei pronto a uccidere quel cane che ha vibrato il primo colpo di scure. Io che sarei capace di prendere il lutto se avessi nel mio giardino una coppia d'alberi simili a quelli, e uno dovesse morire di vecchiaia, io devo vedere una cosa simile.”.

Già… noi dobbiamo vedere cose simili!

www.nicolaulivieri.com





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