MURLOCULTURA n. 3/2006


Associazione Culturale di Murlo
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Residue tracce di una Signoria secolare

Le "armi" degli arcivescovi in Murlo

di Giorgio Botarelli
Stemma dell'arcivescovo Alessandro Chigi-Zondadari
Lo stemma dell''arcivescovo Alessandro Chigi-Zondadari

P
ochissimi, in realtà, e relativamente recenti, gli stemmi vescovili residui sulle strutture murarie esterne degli edifici nel castello di Murlo. In numero ben maggiore dovevano esporsi una volta sulle pubbliche vie, come suggerisce la nicchia ormai vuota sulla facciata di qualche fabbricato e come riferiscono alcuni abitanti del posto, che ricordano, fra l’altro, la presenza, sino a qualche decennio fa, di varie “targhe colorate” murate anche all’interno del palazzo arcivescovile, oggi museo, in particolare nel suo androne. Purtroppo, l’azione degli agenti atmosferici, le ristrutturazioni, i lavori edilizi e di riassetto urbano in genere, l’incuria o il volontario danneggiamento dettati dal poco rispetto verso le cose del passato e gli stessi furti per alimentare il mercato antiquario, ne hanno determinato la progressiva scomparsa, sì che oggi bastano a contarli le dita di una mano.
Nelle vicinanze degli stemmi Chigi-Zondadari in maiolica trattati in precedenza, e precisamente sul cavalcavia che taglia Via delle Carceri, è collocata, murata nella parete verso Piazza della Cattedrale, una targa rettangolare in terracotta a bassorilievo, non smaltata, di fattura alquanto modesta, riportante uno stemma nobiliare-prelatizio con i suoi ornamenti araldici esteriori, datata in basso 1839 (le ultime due cifre sono ormai quasi completamente illeggibili).
Entro uno scudo gotico è raffigurato lo stemma della famiglia patrizia fiorentina dei Mancini, in araldica blasonato fasciato d’oro e di nero, cioè formato di sei fasce alternate d’oro e di nero (nel nostro, in terracotta grezza, non dipinta, si vedono solo le sei fasce canoniche), da non confondere, chiaramente, con quello simile della famiglia senese Patrizi (fasciato d’argento e di nero) che in questo contesto non avrebbe alcuna ragione d’essere. Ai Mancini apparteneva Giuseppe, arcivescovo di Siena dal 1824 al 1855 e la sua figura in particolare va messa in relazione con questo stemma. Come d’uso nelle armi degli arcivescovi, lo scudo è accollato da una croce astile trifogliata ed è timbrato dal cappello da cui si dipartono due cordoni con dieci nappe ciascuno (se cappello, cordoni e nappe fossero stati dipinti, sarebbero stati colorati di verde). La data in esso riportata, cade proprio durante il suo episcopato ed è inoltre murato su quel cavalcavia che all’epoca collegava due edifici di proprietà della mensa arcivescovile: la “palazzina” e la casa con uno dei due stemmi Chigi-Zondadari. Come indicato per quest’ultimi, anche la targa con l’arme Mancini può considerarsi targa di possesso della mensa arcivescovile.

Lo stemma dell''arcivescovo Anton Felice Chigi-Zondadari
Lo stemma dell''arcivescovo Anton Felice Chigi-Zondadari

In Murlo, dunque, si trovano oggi esposte le armi ricollegabili a tre distinti arcivescovi: la prima, in ordine cronologico, ad Alessandro Chigi-Zondadari (arcivescovo dal 1715 al 1745), in marmo bianco, sulla “palazzina”; la seconda, all’arcivescovo Anton Felice Chigi-Zondadari (1795-1823), in terracotta maiolicata, in Via delle Carceri; la terza, all’arcivescovo Giuseppe Mancini (1824-1855), in terracotta non smaltata, sul cavalcavia della predetta via.

Lo stemma dell''arcivescovo Giuseppe Mancini
Lo stemma dell''arcivescovo Giuseppe Mancini

Le tre targhe rappresentano le superstiti testimonianze dell’autorità esercitata dall’arcivescovo di Siena sul territorio di Murlo, che si esplicò sotto forma di vera e propria signoria con poteri civili ed ecclesiastici assoluti sino alla fine del 1777, quando venne soppressa dal governo granducale; autorità che, in misura ovviamente ridotta ed in maniera sostanzialmente diversa, perdurò sul territorio a causa di proprietà fondiarie ed immobiliari mantenute anche dopo la fine di quel dominio.

Il vicario Bernardo Giuseppe Pandini, nel capitolo dedicato al castello di Murlo della sua Descrizione di Vescovado Signoria libera dell’Arcivescovo di Siena, redatta a metà ‘700, ci informa dell’esistenza nel castello, di stemmi dell’arcivescovo Bandini (…le sue armi che in diversi luoghi si vedono...), nonché di una lapide, sempre con il suo stemma, collocata allora sopra la Porta di Tramontana e relativa ai lavori di restauro del castello, effettuati dal Bandini stesso nel 1562, in seguito ai danni patiti otto anni prima durante la “guerra di Siena”. La lapide diceva: FRANCISCUS BANDINI DE PICCOLOMINIBUS MURLUM BELLO SENENSI DIRUTUM, PALATIUMQUE COMBUSTUM, INSTAURAVIT ET NOVAM IURIS SEDEM ERIGI CURAVIT MDLXII. Di essa non restano tracce, in quanto perduta, sembra, con il terremoto che colpì la zona nella notte del 25 Agosto 1909, causando notevoli danni al paese, compresa la Porta di Tramontana, rimasta gravemente lesionata. Si vedono invece, alzando lo sguardo verso l’alto nell’ androne del museo, alcune mensole in pietra arenaria, una delle quali porta scolpito lo stemma Bandini (si blasona: d’azzurro, alla banda d’argento, caricata di due teste d’aquila affrontate di nero, contraingollanti il bisante d’oro) e due quello Bandini-Piccolomini (il Piccolomini: d’argento, alla croce d’azzurro, caricata di cinque crescenti montanti d’oro).

Mensola in pietra con lo stemma Bandini1
Mensola in pietra con lo stemma Bandini-Piccolomini


Stemma Bandini-PiccolominiStemma Bandini

Particolari degli stemmi delle mensole in arenaria: a sinistra lo stemma Piccolomini e  a destra lo stemma Bandini-Piccolomini

Gli stemmi, raffigurati entro ovali con una croce trifogliata a quattro braccia sovrastante, risalgono manifestamente ai restauri cinquecenteschi subiti dal palazzo ad opera dell’arcivescovo sopra nominato.
Nel medesimo androne, sulla parete di fronte all’entrata, è murato un frammento di marmo bianco venato, scolpito con una scritta ed uno stemma sottostante che, con evidenza, lo riconducono a Donusdeo Malavolti, vescovo di Siena dal 1316 al 1350. La scritta recita infatti: ANNO DOMINI MCCCXXI TEMPORE DOMINI DONUSDEI DE MALAVOLTIS EPISCOPI SENENSIS. Lo stemma, d’altra parte, è costituito da uno scudo inquartato: nel primo e nel quarto quadrante compare una mitra, mentre nel secondo e nel terzo la cosiddetta “saracinesca”.

Frammento di marmo con lo stemma di Donusdeo Malavolti
Frammento di marmo con lo stemma di Donusdeo Malavolti

In quei primi decenni del trecento, lo scudo riferiva alla potente Consorteria Malavolti che tenne l’episcopato senese per quasi un secolo: dal 1282 al 1307 con il vescovo Rinaldo, dal 1316 al 1350 con Donusdeo, appunto, dal 1351 al 1371 con Azzolino e infine con Iacomo eletto e morto nel 1371. Lo stato frammentario dello stemma sembra indicare quella posizione come collocazione non originale. Questo, tutto ciò che rimane delle armi vescovili in Murlo castello: veramente poco se pensiamo che perlomeno sino alla fine della signoria si susseguirono in carica oltre a vari appartenenti alla famiglia Piccolomini e a quelle già ricordate dei Malavolti, dei Chigi-Zondadari, dei Bandini, anche membri delle famiglie Tarugi, Borghesi, Bichi, Petrucci, Marsili, Cervini e altri, i quali non mancarono, sicuramente, di lasciare, sui muri, traccia tangibile del loro potere.


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