MurloCultura 2022 - Nr. 1-2

I frammenti delle cose possono parlare qualora se ne intenda il linguaggio!

di Luciano Scali

RICORDI

Ogni volta che mia figlia viene a trovarmi, non manca di farmi notare come la stanza situata a piano terra della mia abitazione, tenda a trasformarsi sempre di più in magazzino. All'interno di quel luogo affacciato sulla Piazza della Cattedrale, si stanno ammucchiando le cose più disparate, alcune delle quali incomprensibili e senza una forma conosciuta. Al rimprovero che ne deriva cerco di rispondere in qualche modo non tanto per giustificare un'inguaribile mania ma piuttosto per spiegare il motivo della presenza di quelle cose in casa nostra. Un'impresa non facile per un vecchio in costante ricerca di un qualcosa che non riesce a definire con chiarezza ma della quale ne ravvisa la presenza osservando un frammento reperito per caso ma con la capacità di raccontare, o indurre a immaginare una storia. Una pietra scheggiata dall'aspetto particolare può tramutarsi in una costruzione in miniatura, in abitazione dalle cento finestre quasi una sorta della "Casa dei Venti" d'orientale memoria. La stessa impressione può essere suscitata dalla vista di un rametto biforcuto capace di trasformarsi in pericolosa fionda se corredato di due strisce di gomma ricavate da una vecchia camera d'aria e rese solidali con un frammento di cuoio. Un'arma artigianale che qualsiasi ragazzo della mia età sapeva fabbricarsi con perizia certo di dotarsi di un qualcosa che all'occorrenza poteva trasformarsi in valido strumento di difesa e di offesa. Se fossero ancora tra noi i vecchi del mio tempo potrebbero testimoniare circa i danni procurati alle finestre proprio a causa di questo attrezzo che ogni ragazzo portava sempre con sé. Talvolta nell'armamentario posseduto dai più grandi, faceva spicco l'arco capace di scagliare temibili frecce ricavate dalle stecche d'ombrello opportunamente trattate alle quali, i più abili riuscivano ad applicare un mazzetto di penne che le facevano rassomigliare a quelle degli indiani. Anche di queste era nota la pericolosità poiché potevano addirittura procurare gravi danni alla persona presa di mira in luogo di un qualsiasi oggetto inanimato. A dire il vero i più bersagliati erano i gatti e talvolta, di nascosto, anche qualche gallina. Ma quello che veniva impiegato con maggior frequenza era lo "zufolo", una sorta di cerbottana ricavata da tubi metallici di ridotto diametro, come i supporti di lampadari o più frequentemente da porzioni di canna lunghe fino a trenta centimetri o più, capaci di conferire al proiettile maggiore stabilità durante la sua corsa verso il bersaglio. Si trattava di scagliare con forza piccoli coni ricavati da strisce di carta di quaderno oppure: grani di "veccia" sparati in prevalenza contro "le citte capitate in campo di tiro". Quanta fantasia in tutto questo e quanta creatività nel realizzare in più versioni armi in miniatura di cui ogni ragazzo, non ancora decenne si preoccupava di dotarsi. Com'è possibile rendersi conto, la fantasia non faceva difetto riuscendo così a sopperire alla persistente carenza di denaro che impediva ai meno abbienti di acquistare quelle cose solo in mostra nelle vetrine. Dopo questa carrellata sulle realtà di quanto scomparso lasciando un segno profondo nella mente di chi le aveva conosciute, è opportuno ritornare in tema per rendersi conto del legame tuttora esistente tra i ricordi della giovinezza e le manie della senilità. Resta così facile rispolverare quanto la memoria rammenta per tentare di applicare le esperienze a suo tempo acquisite alle attuali realtà. Nel girovagare per i sentieri delle Civitate e dell'intero circondario, è facile imbattersi in frammenti di legno, di metallo o di pietra appartenuti a cose ormai scomparse la cui forma casuale può indurre ad intravedervi immagini che nulla hanno a che vedere con quanto rappresentavano in origine. Ecco allora l'oggetto informe reperito per caso, assumere un'identità nuova, trasformarsi in qualcosa di diverso dando forma all'emozione suscitata a prima vista: una sensazione che nulla ha a che fare con l'aspetto originale. Quanto ne deriva assume un connotato surreale oltre alla capacità di suscitare inedite emozioni. Quale conclusione trarre da quanto appena riportato se non prendere cognizione che frammenti di cose più disparate hanno la proprietà di apparire: non più legate all'oggetto di appartenenza, ma di averne assunto uno diverso dopo il distacco causato da agenti esterni che, nel mutarne le sembianze ne hanno cancellata l'originale identità.

 

 La Casa dei Venti - opera in diaspro di Luciano Scali

La “Casa dei Venti” ispirata da un frammento di diaspro scheggiato trovato lungo un sentiero
(opera dell’autore).

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