MurloCultura 2013 - Nr. 5

La cappella de La Befa, il colera, la Madonna di Montenero

di Giorgio Botarelli

Religiosità popolare locale e drammatici eventi nell’Italia intera rievocati da una lapide murata all’interno della cappella di Santa Maria Assunta a La Befa

 

Ai tempi in cui l’ultima e quasi sempre l’unica speranza di sopravvivenza agli eventi funesti era riposta nell’intervento divino, di Dio, della Madonna o di qualcuno della nutrita schiera dei santi, il popolo de La Befa e dintorni pensò bene, in quel tragico 1835, di confidare, per la salvezza delle proprie vite e di quelle degli abitanti di tutta l’Etruria, nella misericordia della Madonna di Montenero (Fig. 1).

 

Fig. 1. Un’immagine della Madonna di Montenero

 


Una virulenta epidemia di colera si era diffusa in Europa nei primi anni Trenta dell’Ottocento. Nell’estate del 1835 il morbo varca il confine italiano e nell’agosto infetta Villafranca da dove si espande per il Regno di Sardegna: vengono colpite le città di Genova, che conta più di 2000 morti, Cuneo, Torino, Saluzzo, Racconigi. Contemporaneamente si hanno i primi casi nel Granducato di Toscana dove sono interessate dapprima Livorno e poi Pisa, Lucca e Firenze. Nonostante i cordoni sanitari terrestri e marittimi messi in atto, nel mese di ottobre viene contagiato anche il Regno Lombardo-Veneto: a Venezia, Padova, Vicenza, Treviso e Verona il colera permane virulento sino alla fine dell’anno. Nel novembre si era propagato sino a Bergamo. Il 1835 si chiude con un lieve regresso del morbo che però fa una nuova devastante comparsa con l’approssimarsi della stagione calda nel 1836: nella primavera si diffonde a Milano, Como, Brescia, Pavia, Lodi e Cremona. A luglio raggiunge Parma e di nuovo il litorale ligure compresa Genova. Quell’estate vengono colpite Livorno di nuovo, le Marche pontificie, Modena, Ancona e Bari. A Napoli arriva ad ottobre. Col finire dell’anno la malattia si attenua e sembra scomparire, ma nella primavera del 1837 scoppia nuovamente a Napoli, in Calabria e in Sicilia. Anche la costa ligure, il Ducato di Benevento e lo Stato Pontificio vengono nuovamente infettati. Durante l’estate il contagio giunge a Roma. La gravissima epidemia si dissolve finalmente con l’autunno del 1837 (gli ultimi casi si registrano a Catania, Palermo e in qualche paese calabrese), dopo aver mietuto diverse decine di migliaia di vittime lungo tutta la penisola. Solamente l’Isola d’Elba e la Sardegna non erano state toccate dal flagello.
Come sempre era successo in occasione di rovinose vicende come questa, contro le quali pareva non esistere rimedio, anche allora prevalsero forme di religiosità popolare a scopo, potremmo dire, difensivo, soprattutto fra le classi sociali più disagiate che, naturalmente, erano le prime a soccombere in tali frangenti. Preghiere e voti dovettero riecheggiare in ogni sorta di edificio sacro, dalla grande cattedrale al più piccolo oratorio e processioni snodarsi nelle strade di città e ancor più in quelle di campagna per impetrare la grazia dal tremendo morbo. A La Befa, la poverissima popolazione locale non poté escogitare di meglio che rivolgere le proprie orazioni verso l’immagine della Madonna di Montenero, appositamente collocata all’interno della cappella dell’Assunta l’8 dicembre 1835: l’infezione, sapevano, si era propagata nel Granducato di Toscana da Livorno, in quanto attivo centro portuale (1), per cui, chi meglio della miracolosa Madonna venerata nel santuario posto sulla collina a ridosso di quella città (2), avrebbe saputo arginare il contagio? La lapide, murata all’interno della cappella de La Befa, sulla parete sinistra (Fig. 2), rievoca in poche righe gli accadimenti dell’epoca:

 

D.O.M.

DEIPARÆQUE SEMPER VIRGINI MARIAE

A MONTENIGRO

LUE GRASSANTE LIBURNI

OB RELIQUE INCOLUMITATEM HETRURIAE

SACELLOQUE INSTAURATO

POPULUS FIDELIS

COLLOCAVIT IMAGINEM

DIE VIII MENSIS DECBRIS

MDCCCXXXV


“A Dio Ottimo Massimo e alla Madre di Dio e sempre Vergine Maria da Montenero, il giorno 8 del mese di dicembre 1835, il popolo devoto, diffondendosi il morbo di Livorno e restaurata la cappella, collocò l’immagine per la salvezza della restante Etruria”

 

Nella precedente estate, a Livorno, il colera aveva fatto più di 1400 morti.
L’immagine suddetta va probabilmente identificata con il dipinto a olio su tela che l’ispettore di Belle Arti Brogi vide nel luglio 1862 sopra l’altare della cappella de La Befa, nel corso della ricognizione sul territorio di Murlo. La tela, dice, raffigurava la Madonna con Gesù Bambino in collo, mezza figura di grandezza un terzo del vero... alta 0,60 larga 0,56 circa. La attribuisce al XIX secolo e la giudica di nessun merito artistico (3). Non se ne conosce l’attuale collocazione.

 

Fig. 2. La lapide all’interno della cappella della Befa che ricorda la collocazione di un’immagine della Madonna di Montenero per scongiurare l’arrivo del colera.

 

Note
(1) Livorno, nella sua storia di città di mare, ha dovuto fronteggiare sette terribili epidemie di colera: la prima fu questa del 1835, l’ultima si verificò nel 1911.
(2) Il santuario della Madonna delle Grazie, noto come santuario di Montenero, è ubicato sul colle di Monte Nero, a ridosso di Livorno. Il complesso, elevato al rango di basilica e tenuto dai monaci vallombrosani, è consacrato alla Madonna delle Grazie di Montenero, patrona della Toscana. Il santuario comprende anche una ricca galleria di ex voto (circa 700) ed è preceduto all’esterno dal famedio, luogo di sepoltura riservato ad alcuni illustri livornesi.
(3) Vedi: Inventario generale degli oggetti d’arte della provincia di Siena 1862-1865 di F. Brogi, Ispettore dell’Accademia Provinciale di Belle Arti, Siena 1897, p.381.

 

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