MurloCultura 2016 - Nr. 3

Il miracolo di San Giovanni

di Luciano Scali

Proprio ieri sentii l'impellente bisogno di fare una camminata impegnativa quasi per ritardare se possibile, quel processo fisiologico d'invecchiamento che è comune a tutti gli esseri viventi. Di solito mi dirigo in vettura oltre il villaggio della Miniera per scegliere, di volta in volta il percorso ove sgranchirmi le gambe. Ieri però è stato diverso. Quasi seguissi un irresistibile richiamo mi sono diretto verso Casciano deciso di fare una puntata nei pressi di Montespecchio con l'intenzione di percorrere il famoso circuito che a partire dal cosiddetto Capanno dell'Acquedotto nei pressi dell'Orsa, consente di percorrere antichi sentieri che, toccando l'eremo, conducevano al castello di Crevole. Luoghi solitari frequentati in prevalenza dalle creature del bosco ma pieni di fascino e di selvaggia bellezza. Ricordavo le difficoltà della prima volta nell'intento di farmi strada nella macchia su tracciati che sembrava non portassero da nessuna parte e la gioia di quando riuscii ad arrivare ai fantastici ruderi. In seguito è stato più facile. Il sentiero venne ampliato al punto che qualcuno riuscì ad arrivare ai ruderi con il suo fuoristrada. Ma per sua natura il terreno è in gran parte instabile e a partire dal bivio per la minierina a metà piaggia, l'acqua ha scavato ampi fossi vanificando in parte il lavoro di restauro restituendo, per contro, quell'aura selvaggia all'ambiente che gli valse in passato l'appellativo di Valle Orrida! Prima che venisse deciso di aprire un più facile accesso ai ruderi dell'eremo, agli abituali frequentatori dello stradello non sfuggiva il periodico ripetersi di una nota gentile nella macchia cresciuta tra i gabbri del sentiero: la fioritura del Giglio di San Giovanni, quel fiore color fuoco, con i petali pieni di macchioline e la punta dei pistilli bruno rossastra. Veniva fuori dai cespugli spinosi color verde intenso come un fuoco fatuo capace di attirare l'attenzione del riguardante di solito attento a dove poggiare i piedi. Per diversi anni quella fioritura scandì nella mia mente il trascorrere delle stagioni ma da quando vennero effettuati i lavori per accedere all'eremo, nell'anno 2009 credo, il fenomeno non si era più ripetuto dando l'impressione che in quel luogo il tempo si fosse definitivamente fermato. Così è stato ed ogni volta che transitavo da quelle parti sentivo che la mancanza di quel segno snaturava la vera identità del luogo. Ad essere sincero mi ero rassegnato a questa realtà fino ad ieri quando, credendo di sognare ho scorto un piccolo fiore vermiglio, un po' mal messo fare capolino dalla macchia. Mi sono quasi commosso a quella vista dandomi da fare per fargli un po' di posto ricredendomi subito quando mi sono accorto che era la macchia stessa a sostenerlo poiché l'esile gambo non sembrava avere ancora acquisita quell'energia necessaria a consentirgli di farlo da solo.
Ho cercato così di rassettare un po' il tutto convinto che la natura stessa aveva creduto bene di proteggere con i propri mezzi quello che ai miei occhi è apparso come un autentico miracolo capace di rasserenare per qualche momento il particolare stato di disagio che attualmente sto attraversando.

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