MURLOCULTURA n. 1/2008


PIEVE DI S. FORTUNATO A MURLO: MEMORIE

 

di Giorgio Botarelli
Associazione Culturale di Murlo
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Lapide nella chiesa di San Fortunato a MurloAll’interno della chiesa di San Fortunato a Murlo, si trova, collocata nel pavimento di fronte all’altare del transetto destro, una lapide sepolcrale in marmo, scolpita con uno stemma ed una semplice epigrafe, quest’ultima molto consunta e appena leggibile: sepul fam a / Ercu 1689 (vedi disegno). Il sepolcro è attribuito alla famiglia Ercolani nella breve e peraltro pittoresca memoria sulle sepolture della comunità di Murlo tramandata dal pievano don Carlo Niccoli (1) in una comunicazione scritta all’arcivescovo di Siena nel 1783 (2). L’informativa, risalente al 22 ottobre di quell’anno, è da mettere in relazione con l’interessamento in materia, da parte del governo granducale, volto ad abolire la pratica ancora diffusa delle sepolture dentro le chiese e a promuovere la realizzazione di appositi cimiteri parrocchiali esterni agli edifici. Sin dal Concilio di Trento (1545-1563) si proibiva di seppellire nelle chiese, ma le numerose eccezioni concesse - alti prelati, personaggi notabili, membri di famiglie gentilizie, appartenenti a compagnie laicali e confraternite, ecc. - avevano fatto sì che tale usanza si perpetuasse nel tempo. In effetti solo con il governo francese, a cavallo fra il primo ed il secondo decennio dell’Ottocento, si arriverà a sostanziali cambiamenti nella normativa che sarà poi oggetto di una definitiva riforma dopo l’unificazione d’Italia.

Nella nota sopra menzionata, il Niccoli ragguaglia l’arcivescovo sulla presenza di cinque sepolcri all’interno della chiesa: due di questi riservati ai confratelli defunti della Compagnia di Santa Maria delle Nevi detta dei Bianchi, uno destinato ai parvuli, un quarto sepolcro, di scarso uso, nel quale negli ultimi vent’anni erano state seppellite solo quattro persone; infine, quello appartenente alla famiglia Ercolani, posto dinanzi all’altare del Santissimo Rosario (3). Fa presente inoltre, che annesso alla chiesa v’è un cimitero nel quale vengono seppelliti i defunti non appartenenti alla Compagnia. Il Niccoli, col tono schietto del vecchio parroco di campagna (è ormai quasi settantenne), rivela che i sepolcri interni all’edificio, in occasione del loro utilizzo, procurano degli inconvenienti assai sgradevoli, ed in particolare quello degli Ercolani, che ...allorquando vi si seppellisce, tramanda un sito fetente dalla parte della cantina, perché anni sono, con uno zappone fu sconcertata la volta, perché non vi capiva la cassa di un defonto. Era successo che durante una sepoltura, siccome si faceva fatica ad inserire la bara nel sepolcro, si tentò di fare spazio con uno zappone, procurando così dei danni alla cantina della contigua canonica che si estendeva fin sotto la chiesa in corrispondenza del sepolcro Ercolani. Le esalazioni che, evidentemente fuoriuscendo da crepe e cretti, invadevano la cantina, non giovavano certo alla conservazione del vinsanto, del vino o del salume... Il pievano fa notare, comunque, che anche le altre sepolture ...tramandano esalazioni fetenti, per molto più quando tira vento scirocco e molto più quando non sono ben stuccate con gesso o calcina balzana...

A parte quello Ercolani, dei restanti quattro sepolcri, riferisce il Niccoli, due erano ubicati nell’atrio della chiesa e due all’interno (4). Oggigiorno nell’atrio è visibile un solo sepolcro, appena oltrepassato l’ingresso della chiesa, mentre non v’è traccia del secondo, probabilmente ricoperto in seguito a lavori di rifacimento dell’impiantito (forse era quello usato raramente). Gli altri due si trovano invece in successione sulla destra subito dopo l’atrio. Nel 1689, anno inciso sopra la lapide (lo stemma non è stato al momento identificato), un nucleo di Ercolani risiede nel villaggio dell’Antica in una casa di proprietà; la famiglia è formata da Caterina Pepi, vedova Ercolani, di 49 anni, i figli Bernardino di 28, Giuseppe di 20 e Tecla di 13, più la settantatreeenne Elisabetta, madre di Caterina. Il marito della Pepi, Pavolo Ercolani, era morto dodici anni prima(5) . Gli Ercolani possedevano all’epoca parte del podere Casabaccini, che affidavano a mezzadri, più alcune case all’Antica che davano invece a pigione. Il figlio di Caterina, Bernardino, venne ordinato sacerdote il 26 marzo di quell’anno(6) e sin dal 6 dicembre precedente, essendo ancora diacono, gli era stata assegnata la cura della parrocchia di Santo Stefano a Sovignano; la manterrà fino al 1733, quando prenderà il suoposto Paolo Ercolani, probabilmente un nipote, il quale rinunzierà nel 1748 (7).

 

 

Note

(1) Don Carlo Niccoli fu pievano di San Fortunato dal 7 dicembre 1763 al 15 settembre 1790, anno della sua morte in Murlo. Nato a Tinoni il 21 settembre 1714, ad oggi risulta l’unico rettore della pieve di Murlo nativo del posto.

(2) Archivio Arcivescovile di Siena (AAS), Parrocchie extra moenia, Murlo, Memorie delle sepolture, n.77.

(3) Presso l’altare di destra era eretta la Compagnia del Santissimo Rosario che ne curava il mantenimento. L’altare è tutt’oggi ornato da un grande dipinto del Casolani raffigurante la Madonna del Rosario con quattro santi. La Compagnia dei Bianchi invece aveva sede presso l’altare di sinistra, abbellito da un quadro di Dionisio Montorselli con la Madonna delle Nevi e due santi vescovi.

(4) Il pievano comunica anche che nei dieci anni compresi tra il 14 ottobre 1773 e lo stesso giorno del 1783, erano stati sepolti a Murlo 56 adulti e 113 bambini.

(5) AAS, Stati d’Anime Diocesani 1685-1689, n.2818.

(6) AAS, Acta ecclesiastica, n.3052, c.58r.

(7) Tavole cronologiche di tutti i rettori antichi e moderni delle parrocchie della diocesi di Siena sino all’anno 1872, di G. Merlotti, trascrizione di M. Marchetti, Siena 2001, p.75.


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