MURLOCULTURA n. 1/2008



LE RICETTE
DEL
VESCOVO




Rubrica semiseria di suggerimenti, notazioni pratiche, banalità, quisquilie, pinzillacchere, ecc..

a cura di Giorgio Boletti


Associazione Culturale di Murlo
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CAPITO....ZZATO MI HAI!

Questo è il lamento, anzi il pianto, dei poveri tigli di Via Martiri di Rigosecco nonché quello, postumo, del compianto Signor Morse, che aveva sì chiesto dei pali telegrafici, ma per ben altri scopi. Ci limitiamo a riportare, di seguito e senza commenti, le conclusioni degli esperti in materia, non senza aver prima sottolineato un altro scempio recentemente perpetrato sui cipressetti che… al canile van dalla Costa in duplice filar, essenze che hanno subito l'allucinante taglio totale di tutti i rami bassi. Controllare per credere!


CAPITOZZATURA

Con questo tipo di potatura straordinaria, intervenendo sulle branche, si opera un'asportazione pressoché totale della chioma.  Questo tipo di intervento può trovare giustificazione in ben pochi e determinati casi (gravi traumi e asportazioni massicce dell'apparato radicale, vincoli urbani condizionanti che impongono drastiche riduzioni della chioma), ben sapendo comunque che non risolve il problema di vitalità e di stabilità meccanica dell'albero, ma li differisce e li aggrava nel tempo. Con la capitozzatura, infatti, si interviene su soggetti che a rigore, sarebbero da abbattere, ma si intendono mantenere per non rinunciare all'elemento verde anche in situazioni estreme. Tutto ciò premesso, prendiamo in considerazione gli effetti a medio e lungo termine che la capitozzatura determina sui soggetti così trattati, in rapporto alla fisiologia dell'albero.
Ricordando che una razionale potatura non dovrebbe asportare più del 30-40% della superficie fogliare e ben sapendo che la capitozzatura asporta praticamente la totalità della chioma, con tale intervento si riduce in modo drastico la componente elaborante della pianta; ciò determina un processo di decadimento generale del soggetto, dovuto ad uno scarso nutrimento dell'apparato radicale che, indebolendosi, finisce col comprometterne la stabilità. Infatti, è stato verificato in occasione di abbattimenti, che piante sottoposte a periodiche capitozzature sviluppano un apparato radicale poco esteso ed estremamente debole. In pratica, considerando un esemplare arboreo che può sviluppare anche 2000 mq di superficie fogliare, che elabora le sostanze necessarie a sostenere ed alimentare i rami, il tronco e le radici, se tale superficie fogliare elaborante viene drasticamente ridotta, il soggetto capitozzato tenterà di emettere vigorosi succhioni a partire da gemme latenti, per sopperire, senza riuscirci, al deficit alimentare che si è venuto a creare, provocando l'insorgere dei processi di deperimento di cui si è detto sopra. Il considerare che, dal punto di vista del risultato dell'intervento, una capitozzatura equivale ad una razionale potatura, è un errore di valutazione dovuto ad un'analisi incompleta e superficiale in quanto basata esclusivamente su parametri esteriori, e non su quelli più importanti strettamente legati ai processi fisiologici che regolano la vita dell'albero determinandone lo stato di salute e quindi la durata. Le grosse superfici di taglio sono vie sicure d'ingresso di agenti cariogeni che finiscono per compromettere la stabilità del soggetto e le sue utili funzioni in ambiente urbano. Inoltre con la capitozzatura vengono eliminate le gemme dormienti contenute all'interno del legno le quali originano rami sani ben formati e ben ancorati. In conseguenza, la nuova chioma trae origine da gemme avventizie che producono numerosi rami detti succhioni (che entrano in concorrenza tra di loro) i quali si differenziano dai rami normali in quanto non sono saldamente ancorati alle branche e sono caratterizzati da una maggior vigoria vegetativa e quindi minore lignificazione che li rende più facilmente esposti a rotture e schianti. Infine si ricorda che, con il taglio a capitozzo, l'albero perde irrimediabilmente l'originale forma e bellezza dovuta al portamento naturale tipico della specie di appartenenza o alla forma obbligata che è stata raggiunta durante le operazioni di allevamento.

Fonte: Manuale per tecnica del verde urbano - Città di Torino - Cap. 8°

Consoliamoci con questa banale ma folkloristica ricetta spagnola, da assaggiare con ...mucho gusto.

SOPA DE AJO

Ingredienti (per sei)
Aglio 15/20 spicchi, 4 uova, un bicchiere  d’olio extra-vergine d'oliva, passata di pomidoro, farina bianca, pane casereccio, parmigiano in scaglie sottili e grattugiato, due litri d’acqua, sale, pepe.
Procedimento
Far bollire gli spicchi d’aglio schiacciati nell'acqua leggermente salata per circa un’ora quindi frullare. Sbattere i tuorli d’uovo con l’olio e abbondante pepe; volendo, usare un frullatore a immersione. Unire all’aglio e frullare ancora. Mettere il composto in un tegame da forno e cuocere sul fuoco per 15 minuti unendo a velo, sempre rimestando, un po’ di farina per addensare e un po’ di passata di pomidoro per colorire in rosa.
Togliere dal fuoco, coprire il composto con sottili scaglie di grana e passare in forno (grill) per gratinare.



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