MURLOCULTURA n. 1/2009

L'ultima sigaretta del giovane partigiano, ovvero:

La storia sconosciuta di ALDO GIANNELLI


di Annalisa Coppolaro

Associazione Culturale di Murlo
Torna all'indice


Come dimenticare i colli ed i piani della terra dove scorrono l’Ombrone, l’Orcia, la Merse, l’Elsa? Su quei colli e su quei piani caddero uccisi dai nazifascisti molti dei miei migliori compagni. Su quei colli e su quei piani imparammo a conoscere quanta disinteressata generosità, quanta elevatezza morale sono nell’animo degli operai, dei contadini… (Pasquale Plantera).

Aldo Giannelli

A Vescovado c’è via Aldo Giannelli, una delle strade dedicate a persone comuni che hanno fatto la storia di Murlo e non solo. Non tutti, soprattutto i giovani, sanno chi è stato questo eroe di Murlo, vittima della guerra che portò via tanti altri murlesi alle loro famiglie.
Siamo andati sulle tracce di Aldo Giannelli grazie all’aiuto del nipote Gianfranco e dei suoi, ma anche grazie ad altri che conservano memorie di quei giorni, tra cui Iva Barbetti, Rosanna Tinturini, Franco Moscatelli.
Era il lontano 13 maggio 1944 e Aldo avrebbe compiuto 20 anni sei giorni dopo.
Un ragazzo giovanissimo che aveva scelto di divenire partigiano combattente con la Brigata Spartaco Lavagnini guidata da Fortunato Avanzati detto Viro.  E quel giorno caldo di primavera Aldo Giannelli, detto Tripoli’’, aveva ricevuto il compito di portare i viveri ai partigiani che passarono dalle parti di Casabianca, Montepescini e Pian dei Ragazzini presso la Befa, dove si trovava la Fornace del Guerrini. E proprio il Guerrini propose di passare lungo la ferrovia di Salceta, vicino Pian delle Vigne per evitare la nebbia.
Così, a met
à maggio, con viveri, fucile, esplosivo e due uomini di scorta, Aldo Giannelli, vent’anni tra sei giorni, iniziò il suo cammino lungo la ferrovia. Di certo, come tutti i ragazzi che si univano a quell’ideale, era orgoglioso di far parte di un movimento fatto di uomini e donne coraggiosi, pronti a morire per la patria.
Una delle squadre del battaglione Pisacane, guidato da Pasquale Plantera detto il Serpente, aveva ricevuto ordine di far saltare il sottopassaggio delle Ricciarde sulla rotabile Montalcino-Paganico.
Fu Aldo a pagare le conseguenze più atroci: fu sorpreso dai tedeschi forse in ritirata, e morì vittima dei loro fucili. La pallottola nell’albero rimase per tanto tempo.Poi Aldo rimase solo, dopo che sia i partigiani che i tedeschi se n’erano andati; il suo carico fu ritrovato intatto con il cavallo carico messo in salvo dallo stesso Aldo, in quanto la scorta se n’era andata presumibilmente all’arrivo dei tedeschi.
Dopo alcune ore il corpo di Aldo fu ritrovato vicino all’albero e con una sigaretta tra le dita, preparata forse dopo esser rimasto colpito dal fucile nemico o forse prima. Impossibile saperlo.
Dopo l’uccisione del partigiano, quella notte il suo corpo venne caricato in segreto sul carretto di Giovanni
Ciacci a cui toccò il triste compito di portarlo al distaccamento, rischiando la sua stessa vita. Anche oggi è difficile sapere se a colpire Giannelli sia stato un gruppo di tedeschi in ritirata o se qualcuno che abbia tradito i partigiani, ma la prima ipotesi sembra la più probabile.
Anche secondo Giovanni Nenzi, detto Patria’’, che però racconta l’episodio con leggera discrepanza di date, la brigata, vicino al podere Galampio ‘fu improvvisamente attaccata dai tedeschi a bordo di alcune macchine. Tutti gli uomini, meno Tripoli’ (Aldo Giannelli) che rimase ucciso, riuscirono a sganciarsi ed a mettere in salvo il carico di esplosivo a loro consegnato. La salma del povero Tripolifu nella notte del 14 trasportata presso il nostro distaccamento e nella mattinata del 15 accompagnata dai familiari e da noi al cimitero di Pescini’’ (da Brigata Partigiana, pag 199).
Un punto di vista non condiviso però da alcuni, in quanto sembra sia stato proprio Aldo, come detto prima, a salvare il carico, in quanto rimase subito da solo dopo la fuga della scorta.

Aldo Giannelli, l'ultima sigaretta - Disegno di Luciano Scali

Tra l’altro Giannelli non fu l’unico murlese a rimanere vittima del fuoco nemico.
Anche Casciano ebbe i suoi morti tra i patrioti. Si chiamavano Bramante Foderi e Ferruccio Mantengoli e furono uccisi da un reparto tedesco, forse della 90a divisione Panzer Grenadier. I loro corpi furono trovati, nel folto bosco, quindici giorni dopo e sepolti a Montepescini insieme a Tripoli’’ (1944: la Liberazione di Murlo, pag. 24).
Anche Plantera parla dell’episodio dell’esecuzione dei due giovani di Casciano di Murlo, che furono fatti prigionieri dai nazisti e condotti ad un Comando nella Pieve di Montepescini.
Kaputt”, gridò un ufficiale appena i due giovani giunsero davanti a lui. Alcuni soldati tedeschi li spinsero allora nel folto del bosco e li uccisero. Dopo quattordici giorni furono rinvenute le loro salme’’ (pag. 199, Plantera).
Nel 1985 l’Amministrazione Comunale di Murlo ha sistemato le tombe insieme e posta una lapide per ricordare le tre vittime di quella dura lotta per la liberazione dai nazifascisti.
Murlo e la sua zona furono protagonisti di vari altri episodi collegati con la Brigata Spartaco Lavagnini, peraltro al centro di un periodo decisamente difficile, a partire dall’agguato di San Lorenzo a Merse e di quello di Rigosecco, dove erano morti alcuni partigiani.
Dopo varie ricerche, la Brigata, guidata appunto da Fortunato Avanzati detto Viro, aveva individuato le spie che avevano rese possibili queste stragi.
Tra loro, uno abitava alla Befa, Lorenzo Nuti, ed era noto in zona come fascista.
Alla Befa non amavano il Nuti e, nel libro Lo strano Soldato (ed. La Pietra), proprio Viro racconta l’episodio dell’esecuzione di Lorenzo Nuti all’Osteria della Befa.

“Fummo avvicinati da una donna che, con molta determinazione, ci portò davanti all’osteria del paese e, indicandoci la porta, disse: La troverete là, quella carogna.
Entrai per primo e, con tono perentorio, chiamai:
“Lorenzo Nuti!Forse convinto di trovarsi di fronte ai suoi camerati, alzandosi con tutta la sua massiccia mole colui rispose: Presente!” e si impalò sull’attenti. Non ci fu bisogno di processo né di parole retoriche. Le numerose persone presenti si addossarono ordinatamente alle pareti laterali isolando completamente il fascista al centro della stanza. Era come se ci avessero dato l’ordine di fargli fuoco addosso e fu così che noi lo interpretammo’’ (pag. 39)

Anche Iva Barbetti racconta questo episodio, aggiungendo che i fascisti per un po’ rimasero convinti che fosse stato un suo zio, Paris Cingottini, ad aver ucciso il Nuti. Questi dovette nascondersi a lungo fino a che non fu chiaro che non ne era responsabile.
Aldo Giannelli, come Mantengoli e Foderi, era
no caduti per mano tedesca, lui in azione di guerra e gli altri fucilati perché colpevoli di far parte della brigata partigiana. Veniva da una famiglia che aveva dato molto alla guerra, che già soffriva nell’attesa di veder tornare gli altri famigliari che in guerra c’erano già. Due fratelli di Aldo erano infatti in campo di concentramento.
Parlava spesso di Aldo sua cognata Olga, che abitava a Lupompesi. Olga era la madre di Gianfranco, sposata al fratello di Aldo, Carlo. Per questo anche lo stesso Gianfranco ricorda i racconti dei genitori riguardo allo zio scomparso molto prima che lui nascesse.

Per me è sempre stato un eroe, un partigiano combattente morto giovanissimo per la libertà d’Italia. Ricordo quello che mi raccontavano di lui, che aveva cavallo e moschetto e che faceva la spola per portare viveri alla brigata Spartaco Lavagnini, che lo stimavano tutti, a partire da Viro Avanzati. So che quel giorno non era solo, c’era una scorta con lui, e so che venne a trovarsi davanti a tedeschi in ritirata e restò ucciso di fronte ad una pianta. Sono andato a vederlo, quell’albero. Ho letto molto nei testi che rimangono relativi a quel periodo per capire di più di mio zio. Ed ho questa foto che teniamo in casa da sempre, per ricordarlo e ricordare un capitolo della nostra storia locale e nazionale, la Resistenza, importantissima per capire il presente, ma purtroppo talvolta accantonata.

 La tomba dei partigiani a Montepescini

 

Bibliografia:

Fortunato Avanzati, Il seme sotto la terra, La Pietra , Milano 1996.

AA. VV., Lo strano soldato, La Pietra, Milano 1976.

Pasquale Plantera, Brigata Partigiana, Amm. Prov. Siena, 1986.

Claudio Biscarini, 1944: la liberazione di Murlo, Nuova Immagine Saggi 1993.


Grazie a Franco Moscatelli, Iva Barbetti, Rosanna Tinturini, Luciano Scali).

 

 


Torna su