MURLOCULTURA n. 1/2011

L'opinione di un nostro socio su un argomento più volte affrontato dal nostro giornale

Sempre a proposito dei piccole Comuni e delle organizzazioni periferiche territoriali

di Camillo Zangrandi


Associazione Culturale di Murlo
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Ritengo che l’evoluzione delle strutture organizzative di base del territorio, nel senso descritto nei precedenti articoli, finirà per essere molto più veloce di quanto molti cittadini si immaginino.
Non esistono sostanziali differenze di fondo, voglio dire per quanto riguarda l’obiettivo finale, tra lo schieramento attualmente al governo e la sua possibile alternativa. Lo stesso “fil rouge” accomuna le leggi approvate sull’argomento negli ultimi dieci anni dai vari governi. Le differenze riguardano le modalità, i tempi, i tecnicismi, le tipicamente italiane contrapposizioni politiche del momento; sembra inverosimile che, avendo un obiettivo comune, non si riesca a trovare un gruppo di volenterosi “eletti” (sia a livello nazionale che regionale) che affronti in modo razionale il problema di queste struttura, soprattutto ora che le leggi sul federalismo sono progressivamente in via di approvazione. Il rischio è di avere una nuova legislazione con delle strutture organizzative vecchie, in particolare nell’ultimo anello della catena, province e comuni.
Un altro aspetto “accomuna” i due schieramenti: la non informazione ai cittadini. Se ne parla tra addetti ai lavori, solo pochi cittadini più “sensibilizzati” o che partecipano alle riunioni politiche - sempre meno - sanno che qualcosa bolle in pentola. Si tratta di un argomento che non paga politicamente, dal comune più piccolo al livello nazionale, in quanto sostenuto dalla tradizionale propensione nazionale alla conservazione; eppure è uno dei problemi più importanti, uno snodo fondamentale per la drastica riduzione dei costi strutturali dello stato da un lato e, dall’altro, di disporre di strutture efficienti ed adeguate a rispondere meglio ai bisogni dei cittadini.
Come già detto altre volte, il tempo diviene sempre più scarso, perché si tratta di un lavoro che richiede anni, se si vuole farlo bene. In particolare per quanto riguarda l’abolizione delle Province, necessaria come quella delle Prefetture o Ufficio Territoriale di Governo (quanti doppioni e sovrapposizioni di funzioni?), per le quali il trasferimento delle competenze verso l’alto e verso il basso, e la ristrutturazione degli uffici, possono risultare oggettivamente molto complessi.
Per un’informazione più aggiornata, lo stato attuale dell’arte è la legge (Legge 122 del 30/07/2010) che ha introdotto l’obbligo dell’esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali da parte dei piccoli comuni, che anticipa un pezzo della riforma della carta delle autonomie. L’elenco è quello provvisorio contenuto nella delega sul federalismo, che abbraccia le funzioni: di amministrazione, gestione e controllo; di polizia locale; di istruzione pubblica; nel campo della viabilità e dei trasporti; del territorio e dell’ambiente (fatta eccezione per l’edilizia residenziale e per il servizio idrico integrato); del settore sociale. La norma sancisce l’obbligatorietà dell’esercizio delle funzioni fondamentali da parte dei comuni e introduce l’obbligo, per quelli con meno di 5mila abitanti, dell’esercizio in forma associata attraverso convenzione o unione. Per evitare duplicazioni, gli enti non possono svolgere singolarmente una funzione fondamentale il cui esercizio è stato demandato a una forma associata. Inoltre, una stessa funzione non può essere svolta da più di una forma associata. Spetta alle regioni il compito di legiferare sulla dimensione ottimale per lo svolgimento delle funzioni fondamentali, previa concertazione con i comuni interessati. Le leggi regionali devono indicare i termini entro i quali i comuni devono attivare l’associazione di funzioni.
Si tratta di un processo importante che toccherà i cittadini e i dipendenti dei comuni. I cittadini perché troveranno grandi cambiamenti nei tempi e nei luoghi ove svolgere le loro pratiche con il comune; i dipendenti in quanto, trattandosi di una ristrutturazione importante, se si dovrà fare efficientemente, non potranno non essere toccati nel modo, e nel luogo anche, dove svolgere il loro lavoro.
Essendo il nostro Comune già inserito in un’Unione di Comuni, è impensabile che per l'attuazione della legge scelga la strada delle "convenzioni". Si tratterà quanto meno di concentrare le attività previste dalla legge, cioè la quasi totalità delle attività comunali, nell'Unione dei Comuni della Val di Merse, facendo diventare la stessa una vera Unione.
Questo è un passo obbligato e, come già trattato nei precedenti articoli, questo dovrebbe essere come il naturale passaggio ad una successiva “fusione”, con la creazione di un solo più grande comune, mettendolo negli obiettivi da raggiungere entro il minimo numero di anni, il tempo necessario a rodare il sistema della Unione, che potrebbe essere la fine dell’attuale legislatura. Nel stesso periodo si dovrebbero studiare anche i nuovi futuri confini del costituendo nuovo comune, per dare quella omogeneità strutturale di territorio, indispensabile al buon funzionamento e al servizio dei cittadini.
Che questo aspetto non sia eludibile lo dimostra anche il fatto che la nostra Unione dei Comuni si sta dotando di una seconda sede “secondaria”, a Rosia, per “essere sempre più vicino ai cittadini e alle loro esigenze, oltre che per migliorare la funzionalità dell’organizzazione”, considerata anche “l’esigenza di una sede più baricentrica all’interno della Val di Merse”.
Ci sembra un implicito riconoscimento che Radicondoli, che non è in Val di Merse, non rientra nella logica di gestire da parte dell’Unione un territorio omogeneo per geografia, collegamenti, attrazione economico-commerciale. Quindi anziché modificare i confini in modo più razionale ed adeguato agli obiettivi, si rischia di vedere aumentati i costi di struttura con la creazione di una seconda sede.
Come d’altra parte, sul lato opposto del confine, sarà da considerare l’estraneità alla Val di Merse di Vescovado, che dista 50 km dalla sede di Radicondoli e 25 km dalla nuova sede secondaria di Rosia, mentre dista 9 km da Monteroni che inoltre si trova sul percorso abituale per andare a Siena, centro di attrazione naturale, sotto il profilo economico e lavorativo.




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