MURLOCULTURA n. 2/2011 - SPECIALE FESTA IN COLLINA


Il Mulino di Vallerano

di Luciano Scali


Associazione Culturale di Murlo
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Il Mulino di Vallerano - disegno di Luciano ScaliLa curiosità è la molla che spinge verso la conoscenza!

Non so chi l’abbia detto ma aveva ragione da vendere poiché, nei miei frequenti girovagare attraverso il nostro territorio, mi sono sempre sentito attratto ad imboccare qualsiasi sentiero incontrato per vedere dove andava a finire. Il più delle volte ero costretto e tornare indietro dopo averne vista la fine, altre volte, invece, andavo a sbucare in posti nemmeno immaginati capaci di riservare insperate sorprese. Così è stato per i resti del mulino di Vallerano la cui esistenza l’avevo appresa da una vecchia carta del XIX secolo che lo indicava come “resti di Mulino diruto”. Tentai di trovarlo ma non ebbi successo e, come spesso accade allorché una cosa si è dimenticata, mi trovai di fronte ai suoi resti d’improvviso, proveniente da Monte Orsaio alla fine di un sentiero impervio tracciato in parte dai cinghiali. Mancava poco a mezzogiorno e allorché mi decisi a tornare verso casa dopo aver esplorato in lungo e largo la zona, era quasi sera. Senza curarmi troppo della macchia ostile e risalendo il fosso di Pietracupa pervenni ai resti di un muro che un tempo lo sbarrava allo scopo di costituire un’ampia riserva d’acqua, dalla cui sommità si dipartiva il tracciato di un gorello che dopo qualche centinaio di metri si riversava in un altro fosso detto della Brogina. Dalla macchia spessa che aveva invaso la vallatella, sbucavano spezzoni di muratura appartenenti sicuramente all'antico mulino. Dal lato opposto del fosso, un ripido sentiero portava ai resti del mulino e al fosso di Pietracupa. Seppur rovinato, quanto resta è in condizioni di fornire sufficienti informazioni per abbozzarne una ricostruzione piuttosto fedele oltre a evidenziare gli accorgimenti posti in atto dai costruttori per poter utilizzare la totalità delle acque di ambo i fossi ricordati. Nel carcerario visibile nella ricostruzione, e ancora oggi invaso dalle acque, è in opera il palo che, trascinato dal ritrecine, muoveva la macina di questo piccolo mulino ad un solo palmento. Singolare è il luogo ove venne edificata la costruzione, posta com'è tra due poderosi spuntoni di roccia capaci di costituire una sorta di baluardi naturali che hanno consentito a gran parte delle strutture di resistere all'azione delle piene dei fossi succedutesi nei secoli. Il complesso misurava pochi metri quadrati ed era disposto su tre livelli. In quello inferiore, ricoperto da una volta a botte, era posto il carcerario ovvero il luogo ove alloggiava l’organo motore del mulino con i componenti sopra menzionati; quello intermedio fungeva da locale di molitura e quello superiore da deposito dal quale riversare le granaglie nella tramoggia posta sopra le macine. Un insieme di estrema semplicità e di rara efficienza con strutture ridotte all’essenziale e per questo difficili da riserbare sorprese. All’esterno una tettoia garantiva il temporaneo ricovero alle bestie da soma durante le operazioni di molitura e la parte terminale del sentiero conduceva al fosso di Pietracupa per permettere la quotidiana ispezione del muro di contenimento del bottaccio e della caditoia dell’acqua di rifiuto dopo avere macinato. Pertanto: se qualche curioso, nei suoi giri intorno casa, si trova a risalire il fosso di Pietracupa e d’improvviso sente uno sgocciolio persistente sulla sua destra, non tiri di lungo come se nulla fosse ma si soffermi a esplorare quell’anfratto nella roccia da dove perviene il rumore. Si troverà cosi di fronte al “mulino escondido di Vallerano”, quello di cui tutti sanno l’esistenza ma ben pochi conoscono.




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