MURLOCULTURA n. 3/2005
Il paliotto di Guido da Siena
Una singolare opera nel territorio di Murlo

di Maria Paola Angelini

Associazione Culturale di Murlo
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Nel 1687 i frati del convento di Montespecchio ottennero dal Vescovo di Siena il permesso di ritirarsi a Crevole poiché il loro eremo era ormai in rovina. Con loro giunsero nella chiesa di Santa Cecilia le opere d’arte più importanti che allora possedeva il nostro territorio, non ultimo un bellissimo e interessante paliotto d’altare dipinto da Guido da Siena, oggi conservato nella Pinacoteca Nazionale di Siena.
Questo manufatto è singolare innanzitutto perché possiamo notare che il supporto della raffigurazione non è una tavola, come potrebbe sembrare ad un osservatore distratto, bensì una tela di lino. Certamente ci troviamo davanti ad uno dei primissimi esempi di pittura su questo tipo di materiale, ma le particolarità non finiscono qui. Il paliotto molto probabilmente era destinato a sostituire, durante il periodo di Quaresima, la pala che normalmente si trovava sopra l’altare; questa usanza è attestata in molte città del nord Italia e anche oltr’Alpe. Un’altra ipotesi contempla che il paliotto stesso potesse essere portato in processione durante le festività, così si spiegherebbe anche il perché del supporto utilizzato, il lino, finissimo e leggero, facilmente maneggiabile. Il primo studioso a pensare direttamente a Guido da Siena per l’attribuzione di quest’opera fu il Berenson nel 1936 e molti particolari gli davano ragione. Le tre scene raffigurate, la Trasfigurazione, l’Entrata in Gerusalemme e la Resurrezione di Lazzaro, hanno come sfondo elementi architettonici o naturali che possiamo trovare simili in altre opere del pittore. Bastino come esempio le rocce, le vedute aeree del castello di Gerusalemme e, soprattutto, i caratteristici alberelli a ventosa, che, nella scena con Lazzaro, sembrano ricordare più un immaginifico mondo subacqueo che un paesaggio duecentesco.
Ma l’episodio che più ci colpisce è sicuramente l’Entrata in Gerusalemme. La rappresentazione è talmente incisiva, ma allo stesso tempo semplice, da farci apprezzare ancora di più la capacità inventiva di Guido da Siena. Il centro della scena è dominato dalla figura di Gesù e immediatamente dietro un’enorme roccia su cui sembrano arrampicati dei personaggi che digradano verso il basso.
Quelli che potrebbero sembrare dei goffi equilibristi sono in realtà le genti che corrono incontro a Gesù e che per farlo percorrono una strada in discesa proveniente dal Castello. Questo espediente ci permette al tempo stesso di vedere i personaggi a mezzo busto, intuirne il movimento e immaginare il viottolo.

Paliotto di Guido da Siena

paliotto Luciano Scali

La raffinatezza stilistica e il bel volto di Gesù nella Trasfigurazione hanno permesso di collocare questo dipinto intorno agli anni 70-75 del 1200, quindi poco prima dell’importante Maestà di Palazzo Pubblico. Quest’opera che è, lo ripetiamo, una delle più importanti testimonianze che il nostro territorio possiede, presenta anche una grande espressività nella rappresentazione di certe figure; mi riferisco in particolare all’asinello che porta Gesù nei pressi di Gerusalemme. L’espressione del muso dell’animale ci porta subito in una dimensione quotidiana e rappresenta anche un particolare di grande vitalità; la stessa cosa vale anche per l’altro piccolo asinello che vediamo dietro, che procede a testa bassa e sembra forse avvicinare la bocca a delle erbe-cespuglio che spuntano dal terreno, col proposito di nutrirsi.
E’ così che tutte queste caratteristiche, materiali da un lato, stilistiche dall’altro, fanno di questo dipinto un soggetto unico nel suo genere, curioso e di grande interesse.

Convento di Montespecchio

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