MURLOCULTURA n. 3/2005
Alla scoperta delle origini di una strada
“La Via di Siena”
Ovvero la voglia di percorrerla almeno una volta ad occhi aperti

di Luciano Scali

Associazione Culturale di Murlo
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L'appellativo “Via di Siena” compare nelle mappe del Catasto Leopoldino del 1821 per indicare la strada più corta verso Siena.
Quando questo nome sia stato usato per la prima volta e perché non è facile appurarlo, di certo dopo le notizie che risalgono al XIII secolo.
Nelle disposizioni riportate dal Costituto del Comune di Siena del 1262, sono indicati i tratti di strada ove intervenire per riparazioni senza fare però alcun riferimento al vero nome della strada, quasi fossero talmente noti da richiedere solo pochi accenni per individuarli. Le indicazioni chiare su chi spettasse pagare le spese dei lavori, farebbero supporre un uso locale, ristretto agli abitanti della zona e solo marginalmente a chi, abitando altrove, potesse avervi un qualche interesse. Il congiungimento degli spezzoni di strada utilizzati per trasferimenti fra luoghi di pubblica utilità locale, costituì certamente l’embrione della via come oggi ci appare. I resti di piccoli villaggi e chiese rurali, insieme alle notizie di numerosi mulini e comunelli nelle immediate propaggini dell’attuale percorso, avvalorano anche l’ipotesi di una zona molto più popolata di adesso. Infatti il territorio compreso fra la Cassia e la via di Grotti, risulta tuttora attraversato da sentieri leggibili e frequentati. Vicende storiche, epidemie e mutate situazioni politiche ne causarono il graduale spopolamento provocando inoltre cambiamenti radicali di destinazione a luoghi fortificati e di culto. Pertanto il nome di Via di Siena con il quale continuiamo a chiamarla, risulta essere di prioritaria utilità per le popolazioni residenti nel versante orientale del nostro territorio. Una variante a questo nome si riscontra nell’usanza, da parte di qualcuno, di chiamarla ancora “Strada di Radi” forse per inconscia reminiscenza di quando era consuetudine indicare una strada associandola al villaggio più importante e vicino che attraversava; comportamento del tutto simile a quanto riportato nelle disposizioni del Costituto. Il territorio di Murlo gravita su due versanti: quello dell’Arbia e quello del Merse, entrambi con strade importanti  e di grande traffico fino da tempi antichissimi. Con la caduta dell’Impero romano molti equilibri si ruppero, e le grandi arterie di traffico del periodo imperiale, divennero luoghi di balzelli e tassazioni per i viandanti tali da costringerli alla ricerca di strade alternative meno conosciute ma più sicure. Ritornarono in voga percorsi antichi come una variante della Clodia sulla quale nacquero nuovi “centri di aggregazione” costituiti da pievi e da ospitali. Proveniente da Saturnia toccava, nel nostro territorio: Pieve a Coppiano, S. Giusto, Pieve a Carli, Crevole, quindi Corsano e Fogliano per congiungersi con la via di Grotti e proseguire per Siena.  Malgrado i dubbi che potrebbero sorgere per scarsa conoscenza di documenti, il percorso accennato è ancora in gran parte percorribile sovrapponendosi in alcuni punti alle normali vie di traffico oppure nascondendosi nella macchia o sotto l’humus accumulatosi col tempo. Se diamo un’occhiata alla carta del territorio di nostro interesse, risulta evidente la dislocazione delle vie esistenti e presunte fin dai tempi dell’alto medioevo. Della “Via di Siena” non appare traccia, solo alcuni riferimenti nel “Costituto del Comune di Siena del 1262”:

“Costituti Comunis Senarum” 1262

Distinctio III  (CCXXXIII)
De via a Molendino Franceschi Bonaventure
    “Item statuimus et ordinamus quod via a molendino Francisci Boneventure, quod fuit Bonfili Gallerani, iuxta pontem de Tressa, ab inde usque ad villam de Troiola, actetur et aformetur undique, et prohiciatur terra in viam publicam, ita quod via elevetur, ne iaceat in ea aqua, cum dicta via sit adeo destructa et dissipata, quod tempore yemali nemo ad civitatem potest venire, et sit valde utilis civitati; expensisi illorum, quibus est utilis dicta via.”

Ipotesi di strada esistente dal Ponte sul Tressa alla Troiola — Distinctio III (CCXXXIIII)
    De  actanda via de plano castri Radi de Greta, silicem ad pedem Bracantini  (1) per ipsun planum usque ad pontem factum de novo in Sorra, e a dicto ponte usque ad Fontanellam, actetur et aformetur, ubi necesse est, et elevetur, ita quod aqua pluvia non iaceat in ea, ita quod homines possint comode transire, cum salmis et sine salmis, (et) venire ad civitatem per eam; expensis illorum, quibus est utilis dicta via.

Ipotesi di strada esistente e esondabile, dal piede del fosso Bracantino, per il piano della Sorra fino al nuovo ponte, e da detto ponte fino a Fontanella... - Distinctio III (CXXXVI) De ponte fiendo super Sorram in contrada de Radi.
    Item statuimus et ordinamus quod in contrada de Radi super Sorra fiat pons in lignamine, ita quod homines et bestie possit inde comode transire. Et hec fiant expensis illorum, qui utuntur via, ubi pons fiet.

… e che il nuovo ponte venisse realizzato in legno - Costituto del Comune di Siena (Volgarizzato nel 1309- 1310)
212.- Che la fonte, la quale è nella contrada de la Troiuola allato a Tressa, si debba racconciare. Anco, statuimo e ordiniamo che la fonte, la quale si dice al Pogiuolo, allato a Tressa, ne la contrada de la Troiuola, si debia acconciare et rifare, si per inundatione de l’aqua de la Tressa dal loto rempire non si possa. Et le predette cose fare si debiano a l’expese de li uomini de la contrada, a’ quali è utile. Et le predette cose sia tenuta la podestà far fare per li uomini de la detta contrada, a petitione dé cittadini di Siena, e’ quali ànno a fare ne la  detta contrada.”
Da questi frammenti di notizie si ricavano utili informazioni a conferma dell’esistenza di una strada di pubblica utilità abbastanza importante da essere menzionata nel Costituto del 1262. In esso  si ordinava di effettuarvi le occorrenti riparazioni affinché fosse consentito il traffico a persone e “bestie” (ita quod homines et bestie possit inde comode transire), con carico e senza carico (ita quod homines possint comode transire, cum salmis et sine salmis). Le riparazioni da effettuare si riferivano ai danni arrecati alla strada in seguito a “inondazioni”, vale a dire nei tratti in cui questa si veniva a trovare in prossimità di corsi d’acqua. Il Costituto evidenzia la natura di “mulattiera” della strada, limitandosi a parlare di homines e di bestie o salmis senza alcun accenno al transito di carriaggi di alcun genere. Se osserviamo bene l’attuale tracciato possiamo facilmente riscontrare come questi si snodi in prevalenza sul crinale delle colline e quando affronta i due tratti di pianura, lo faccia a distanza di sicurezza dai corsi d’acqua. Quanto premesso autorizza a ipotizzare la possibilità che il tracciato originale della strada si discostasse in maniera significativa dall’attuale, sviluppandosi in prossimità dei torrenti e dei fossi per fruire dei passaggi naturali creati dai corsi d’acqua durante i millenni. Da non dimenticare il ricorrente riferimento ai mulini i quali, con i loro impianti di presa d’acqua ubicati nei pressi dei fossi, li “mettevano a regime” e con la creazione di serbatoi di accumulo ne regolavano in qualche modo il flusso. Da qui la doppia convenienza a creare una forma permanente di viabilità lungo i corsi d’acqua, sia per la ragione sopra esposta che per accedere agli impianti di molitura.
La tendenza all’uso “del fondo valle” per  tracciarvi una strada, si perde nella notte dei tempi poiché ritenuta la più facile e la più conveniente. L’uso della mezza costa e del crinale si affermerà in seguito con l’evoluzione dei trasporti “adeguando la strada alle caratteristiche del mezzo” a discapito del concetto antico teso a privilegiare il percorso “più diretto e quindi più breve indipendentemente dalla morfologia del territorio da attraversare”.
Oltrepassato Radi di Creta la natura del terreno cambia; terminano le argille e iniziano le colline costituite in prevalenza da roccia cavernosa miocenica, conosciuta come “pietra di Campriano” o “pietra da torre”, ricoperte da boschi di macchia mediterranea. I percorsi nel bosco, su terreno roccioso “di metà costa” ponevano il viandante al sicuro da sorprese poiché non necessitavano di manutenzione particolare anche per l’effetto stabilizzatore delle piante. Qui il paesaggio cambia decisamente ed alla base dei contrafforti della Pigna, ove  terreni diversi si alternano, si trovano gli insediamenti più rilevanti del territorio: Fontanelle, Barottoli e Campriano, collegati da brevi tratti di mulattiera, lontani dal torrente Sorra. Le distanze fra il castello di Fontanelle, l’eremo di Barottoli ed il castello di Campriano sono piuttosto insignificanti e senza particolari difficoltà da affrontare: solo un unico guado sullo Stile, in quel punto rassomigliante più ad un fosso che ad un torrente, data la sua vicinanza alla sorgente. Oltre Campriano il terreno tende a divenire pianeggiante ed il tratto per la via di Crevole tra i campi coltivati di Montazzi ed il bosco non doveva essere molto dissimile da quello che appare oggi.
Così ragionando non appare per nulla inverosimile la “genesi della nostra Strada”, dapprima costituita da spezzoni fra luoghi di comune interesse, divenuta poi “unificata” ma ancora semplice mulattiera, da percorrersi a piedi ed a cavallo. Il mantenimento delle strade entro una certa dimensione rispondeva anche ad un preciso criterio di difesa inteso a scoraggiare la tendenza a percorrerle agevolmente con grandi quantità di uomini e mezzi. La costruzione d’importanti vie di comunicazione è sempre andata di pari passo con la pacificazione dei luoghi da attraversare. Nei territori assoggettati a Roma le strade consolari potevano essere percorse in tutta sicurezza favorendo lo spostamento di uomini e merci da un capo all’altro dell’Impero. E così probabilmente accadde alla nostra via a conclusione della guerra di Siena e la conseguente pacificazione dei territori in seno al Granducato di Toscana. Vennero abbandonati i percorsi di fondo valle e le strade allontanate dall’alveo dei torrenti in misura tale da non correre il rischio di restare allagate; vennero dotate di massicciata ed allargate per consentire il transito di carriaggi. La tendenza a privilegiare  percorsi di cresta e mezza costa rispondeva a due esigenze di ordine pratico: la prima che “adattava la sede stradale alla morfologia del terreno senza ricorrere a onerose opere di scavo e rinterro”; la seconda che ”limitava l’attraversamento di fossi e torrenti” e se costretta a farlo, lo faceva in punti di minima portata d’acqua. Come nel passato, la Via di Siena resta oggi il percorso più corto per arrivare alla città e nel farlo si può avere anche l’impressione di vedersi aprire il paesaggio come se la città stesse aprendoci le braccia. Peccato che tale impressione svanisca con l’ingresso nella Cassia Clodia, e venga soppiantata dall’altra meno gradevole generata dalla consapevolezza di trovarsi in un mondo diverso e dal volto meno umano. Valori e contraddizioni della nostra epoca si manifestano di colpo, mentre comincia a farsi strada il desiderio di tornare indietro per riprendersi al più presto quella pace interiore lasciata al bivio di Malamerenda.
La ritroveremo al ritorno, un po’ impolverata forse, ma piena delle emozioni che un percorso di sogno è stato capace di procurare.



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