MURLOCULTURA n. 3/2009

Carrellata sui mestieri in mutazione

IL MURATORE

di Luciano Scali
Sedicesima puntata
Associazione Culturale di Murlo
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Continuare a parlare di muri di sostegno, ma soprattutto delle tecniche usate in passato per la loro progettazione, equivarrebbe per me ad un autentico invito a nozze tanti sono “gli ingredienti” (come direbbe il nostro vescovo nelle sue ricette) da esaminare per arrivare ad ottenere un manufatto appropriato ma, continuando a muovermi in prevalenza nel teorico perderei di vista gli scopi pratici di questa rubrica. Vorrei allora ritornare “alle cose concrete”, a quelle che si facevano “di sottogamba” ma che oggi potrebbero presentarsi come un autentico rompicapo. Nella facciata della chiesa di San Fortunato a Murlo, rimaneggiata chissà quante volte, il rosone non c’era e, prima di lui doveva dare luce all’interno quella lunetta richiusa di fattura seicentesca che lo sovrasta. Un organo forse coevo ma oggi sfortunatamente scomparso, doveva alloggiare sul soppalco del coro senza oltrepassare appunto, il davanzale della lunetta stessa. L’idea del rosone maturò in epoca recente e, in questo caso fu realizzato “a strappo”, vale a dire praticando un foro nella parete e successivamente aggiustandolo per potersene servire da supporto durante la sua realizzazione. Fin qui nulla di speciale tranne l’opportunità o meno dell’opera sulla “sfortunata” facciata della chiesa di S. Fortunato. Ai giorni d’oggi i rosoni non li fa più nessuno e quando qualche architetto post–moderno ne inserisce uno in villette esclusive, ricorre al cemento armato e… chi  s’è visto, s’è visto!
Il realizzare il rosone di sana pianta, vale a dire durante la costruzione del fabbricato, anche nella fattura più semplice ad una  testa, può rappresentare un certo problema per il muratore non troppo esperto. Occorre anzitutto rendersi conto che il rosone altro non è che un anello di mattoni posto all’interno di un foro aperto sopra una parete. Definizione tutt’altro che scientifica ma che può rendere l’idea meglio di tante parole ricercate. A sua volta il menzionato anello è composto da due archi a tutto sesto uniti per la loro base d’imposta. L’apparente difficoltà è rappresentata dal fatto che la parte inferiore del rosone deve potersi avvalere della muratura sagomata ad arte ove appoggiare l’estradosso dell’arco da costruire anziché il suo interno, e di riferirsi come controllo e guida, ad un centro virtuale che dovrà materializzarsi con un’adeguata attrezzatura. Supponiamo di voler costruire un rosone alla maniera antica, avvalendosi delle tecniche ormai dimenticate, ma sempre valide se il manufatto finito dovrà presentarsi come quelli che si possono ancora ammirare sulle facciate delle chiese monumentali. Immaginiamo che la parete in costruzione sia la facciata di una chiesa e che il "maestro d’opera" abbia stabilita la quota dalla quale il rosone dovrà iniziare. Quando la muratura della parete la raggiungerà, si riporterà ai due lati della mezzeria della parete il valore del raggio dell’estradosso del rosone che starà a indicare la sua dimensione massima. A questo punto è possibile procedere praticamente in due modi: servirsi di un’attrezzatura di carpenteria approntata per l’occasione, oppure usando la muratura stessa quale supporto alla prima parte dell’anello da costruire. Di solito il muratore esperto usava il secondo metodo che evitava il ricorso al carpentiere limitando l’impiego di legname al solo regolo per fissare il centro del rosone (Fig. 1).

Il rosone - disegno di Luciano ScaliFig. 1 - Il rosone

Si procederà allora a rialzare la muratura fino ad arrivare al piano individuato dalla linea x–x seguendo la traccia zig zagante, presso a poco come indicato nel disegno. Inutile ricordare che il piano passante per x–x dovrà essere orizzontale. Sopra al piano, ed a filo della muratura, si fisserà per mezzo di due morsetti, un regolo squadrato con una biffa recante un chiodo posto alla intersezione degli assi di simmetria x–x e y–y, indicato con C, che rappresenterà il centro virtuale del rosone. A esso farà capo la randa, ovverosia il raggio del rosone con due distinti valori: il primo Re = al raggio dell’estradosso dell’arco rovescio e il secondo  r =  Re–t (testa del mattone) vale a dire il raggio dell’intradosso ma anche della luce netta del rosone stesso. Usando il raggio nella lunghezza Re, potranno essere preparati i ritagli di mattone per proseguire l’andamento della cortina della parete e per definire il supporto ai mattoni che costituiranno l’arco rovescio. Il procedimento per la posa in opera dei singoli mattoni dovrà essere il medesimo usato per l’arco dritto ma con un necessario accorgimento: segnare sul supporto preparato, tanti spazi d corrispondenti allo spessore del mattone più "uno spessore di corda" per la commettitura. Sarà come sempre la randa a dare la giusta inclinazione ai conci e a stabilire l’entità dello scarto da effettuarvi per aggiustarne le superficii.
Una volta giunti vicino alla quota indicata dalla linea x–x e con l’arco rovescio pressoché ultimato, per continuare occorrerà anzitutto rimuovere il regolo quindi costruire la centina per la seconda parte del rosone ovverosia un arco a tutto sesto.  Si riempirà allora in forma provvisoria il vuoto con mattoni disposti a salto di gatto aggiustando poi la centina secondo le inclinazioni  indicate dalla randa contrastando i conci col proseguimento della muratura fino a giungere alla chiave di chiusura (Fig. 2).

Il rosone - disegno di Luciano Scali  Fig. 2 - Il rosone

A questo punto il rosone nella sua versione più semplice è da ritenersi ultimato anche se è solo vero per la parte esterna soltanto. Così come è stato esaminato si potrebbe dire di essersi addentrati nello spessore della muratura al massimo per la misura "di mezzo braccio" ovvero: all’incirca per la lunghezza di un mattone terzino. Per completare l’opera è necessario dare un’occhiata anche all’altra parte del muro,  dove le dimensioni del rosone quasi sempre cambiavano per ampliarsi notevolmente con adeguati "strombi" capaci di convogliare maggior quantità di luce all’interno della costruzione. Nelle figure 3 e 4 tale affermazione può apparire più comprensibile visto che sono evidenziate meglio le caratteristiche di questa "singolare finestra" poiché proprio di finestra si tratta.

Il rosone, sezione  - disegno di Luciano Scali                Il rosone, sezione in prospettiva - disegno di Luciano Scali

Fig. 3 - Sezione del rosone                                            Fig. 4 - Sezione in prospettiva

Naturalmente i lavori all’esterno e all’interno procedevano di conserva e i due operai preposti a eseguirli dovevano concordare molte operazioni comuni per riuscirvi. Di solito l’altezza del concio che costituiva il rosone aveva anche la funzione di battente per il telaio che avrebbe poi supportato l’anta della finestra e proprio dal suo limite partiva poi lo strombo che si allargava all’intorno.  Non è raro il caso di osservare come talvolta l’inclinazione della parte bassa fosse maggiore di quella della parte superiore per poter approfittare di qualche minuto in più di luce allorché il sole veniva a trovarsi più alto in cielo ed i suoi raggi giungevano sempre più obliqui sulla facciata. Una finezza del genere portava grossi problemi a coloro che eseguivano il lavoro e solo in presenza di ampi rosoni è possibile trovarsi di fronte a soluzioni simili. Comunque anche nel caso più semplice come quello della figura 4, l’esecuzione non era per niente facile specie se il lavoro doveva eseguirsi a "faccia vista" con i mattoni regolarmente disposti a formare un ventaglio. Di solito strombi simili venivano intonacati e per l’esecutore era molto più facile riuscire nel proprio intento in quanto disponeva di due punti di riferimento precisi: quello rappresentato dal rosone e quello stabilito da lui all’interno, consistente in un cerchio coassiale al rosone, dal diametro in funzione al valore dell’angolo d’inclinazione scelto. Un semplice regolo era sufficiente a raccordare le due basi del tronco di cono ottenute. Quando poi si trattava di modeste pievi ove le risorse finanziarie e le capacità professionali delle maestranze facevano difetto, il problema veniva aggirato e superato praticando all’interno un vano quadrato o rettangolare con strombi più facilmente ottenibili ove  inserire una normale finestra  in luogo di un serramento più sofisticato studiato ad hoc per l’occasione.

                    (continua)
 

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