MURLOCULTURA n. 3/2009

Un’antica ceramica murale e il nome del suo committente, Baldassarre Bellacchi,
vissuto a Murlo nel XVIII secolo, rievocano passate vicende del territorio

L'Assunta di Murlo

di Giorgio Botarelli

Associazione Culturale di Murlo
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L'Assunta di MurloUna targa rettangolare in terracotta a bassorilievo rivestita di maiolica policroma è murata sopra il portone del numero civico 24 di Via Tonda a Murlo Castello. Raffigura la Vergine Assunta, con una veste giallo-chiaro e un manto blu cobalto molto diluito, in piedi su evanescenti nubi e con le braccia aperte secondo la consueta iconografia dell’Assunta. In alto, ai lati della Vergine, le testine di due cherubini spuntano tra le nuvole mentre sul bordo inferiore sta la scritta in bruno manganese:

BALDASSARRE BELLACCHI
PRIORE
D.
° L.(?) P.TE IMAGINE L’1796.

Uno smalto bianco latte fa da sfondo a tutta la targa, racchiusa da una semplice cornice a rilievo in verde ramina (
1). Assieme allo stemma Chigi-Zondadari murato in Via delle Carceri (2), la targa dell’Assunta è la sola superstite testimonianza a Murlo Castello della pratica senese diffusa nei tempi passati, di affiggere targhe, mattonelle o placche che dir si voglia, sulle più svariate strutture murarie del territorio, città compresa. Altrove diverse ceramiche antiche simili a queste sono ancora oggi visibili nella loro collocazione originale nel comprensorio senese, nonostante l’incuria, le ristrutturazioni, i furti o gli agenti atmosferici abbiano contribuito a ridurne sensibilmente il numero. Lo sviluppo nella produzione e nell’uso di tali targhe si attesta in modo sostanziale durante il XVII secolo, raggiungendo l’apice durante il Settecento per poi scemare gradualmente fino a circa la metà del secolo scorso. L’area territoriale di maggior diffusione è stata quella dell’Italia centrale, le regioni Emilia, Toscana e Umbria in particolare, diffusione concretamente correlata all’attività di manifatture ceramiche in località come Faenza, Imola, Montelupo, Firenze, Cafaggiolo, Siena, S.Quirico d’Orcia, Asciano, Deruta o Gubbio, tanto per menzionare le famose, talune già oggetto di studi approfonditi. Rimanendo in ambito senese, ampio è nella ceramica murale il repertorio delle raffigurazioni che, da una parte, si articola nella riproduzione di immagini legate alla pietà  devozionale e al sentire religioso, come la Madonna da sola o col Bambino, la Sacra Famiglia, Santi più o meno popolari, mentre dall’altra propone una gamma assai vasta di emblemi riconducibili alla committenza e ai suoi possedimenti, come stemmi nobiliari, simboli di confraternite laicali, di ordini religiosi, di istituti assistenziali, di monasteri o conventi, di corporazioni artigiane e anche di contrade (3). Un insieme di manufatti, si capisce, saldamente vincolati alle vicende territoriali, che, al di là del loro significato cultuale o della funzione di segnalare una proprietà, vedono il proprio impiego spesso associato ad avvenimenti o fatti di rilievo prettamente locale o personale, ma che qualcuno tuttavia ha inteso ricordare o celebrare, fissandone la memoria nella terracotta dipinta per tramandarla ai posteri. E’ il caso, quest’ultimo, della nostra targa, la cui affissione avvenne in seguito ad uno specifico evento che coinvolse il nominato Baldassarre Bellacchi con tutta la comunità di Murlo. Riaffiorano dunque, attraverso la meditata lettura di un semplice oggetto, sopravvissuto alle offese del tempo e soprattutto degli uomini, frammenti di cronaca popolare, che sono parte interessante nella ricostruzione dell’infinito mosaico di ogni storia locale. E questo sorvolando sul valore “artistico” vero e proprio, considerato che, nella maggior parte dei casi, si tratta di prodotti di garbata esecuzione, anche se poi non mancano esemplari di notevole qualità, opera di bravi artigiani provenienti da rinomate botteghe ceramiche.
I pochi dati forniti dall’epigrafe sulla targa e il contenuto di un antico carteggio rinvenuto di recente consentiranno di delineare compiutamente la storia che stiamo affrontando, cosa possibile di rado, sia per la mancanza di indicazioni o scritte sulle targhe stesse, sia perché ci si trova solitamente di fronte a oggetti decontestualizzati, come accade per le targhe presenti sul mercato antiquario delle quali non si conosce mai la sede originaria e che ci si limita in genere a datare approssimativamente e ad attribuire in maniera sommaria e sbrigativa a qualcuna delle manifatture più note.

(continua)

 

Note

1 - La targa è di notevoli dimensioni rispetto alla norma: misura cm 60 in altezza e cm 40 in larghezza. E’ in buono stato di conservazione a parte qualche filatura e piccole cadute di smalto.
2 - Per lo stemma Chigi-Zondadari vedi: Murlo Cultura n.1/2006, pp.12-13.
3 - Per un repertorio di targhe dell’area senese vedi: Antiche ceramiche murali in Siena, mostra fotografica organizzata dall’Istituto d’Arte “Duccio di Buoninsegna” di Siena, a cura di R.Traldi ed E.Pollai, 1983; I tabernacoli di Siena di A.Leoncini, 1994; Ceramica Chigiana a San Quirico di M.Anselmi Zondadari, G.Cantelli, G.Mazzoni e R.Traldi, 1996, pag. 60 e seg.; I Madonnini. Immagini devozionali nella campagna della Berardenga di A.M.Guiducci e Scuola Media “G.Papini” di Castelnuovo Berardenga, 1988; I tabernacoli stradali di R.Stopani, G.C.Romby e G.Casali, 1998; Tabernacoli, edicole e immagini sacre nella Valdelsa centrale di F.Mineccia, A.Campani e L.Gori, 1997.

  


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