MURLOCULTURA n. 3/2011

A spasso per il territorio su percorsi d'altri tempi

Il villaggio di San Giusto

di Luciano Scali


Associazione Culturale di Murlo
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San Giusto - foto di Sergio MicheliSpesso mi domando se esista un motivo che mi spinge, nello spostarmi attraverso il territorio, a passare dal villaggio di San Giusto. Forse è la speranza di riuscire a trovare il modo di leggere quelle rovine, sempre più ampie e ricoperte da spesse coltri d’edera. Difficile immaginarne l’aspetto originale di quando i nobili Ranuccini ne avevano il possesso assieme allo scomparso castello di Rocca Gonfienti. Anche di quest’ultimo è difficile trovare traccia visto che le sue rovine sono sempre più coperte dalla macchia che ne protegge i resti. Il bosco nasconde anche alcuni tratti della strada che costeggia l’Ombrone: una risorsa per i pedaggi imposti a chi vi transitava in pace, ma anche un costante pericolo per l’uso che ne veniva fatto dalle varie compagnie di ventura per le loro scorrerie. Adesso non si nota presenza alcuna nei campi sodi dalla vegetazione aspra e ostile, di difficile asilo anche per le creature selvagge scacciate dal loro habitat per il taglio intensivo dei boschi di questi ultimi anni. San Giusto è ormai un villaggio isolato dove nell’antica aia sostano mezzi agricoli dall’acceso colore arancio in un accostamento anacronistico che evidenzia in maniera traumatica la sovrapposizione di tempi e funzioni e crea un’atmosfera surreale dove regna incontrastato il silenzio. Fino a qualche anno fa c’era qualcuno nella canonica e di tanto in tanto anche la chiesa era aperta e sotto il maestoso leccio sul sagrato era facile notare la presenza di una sedia da regista assieme a un tavolo con qualcosa sopra. A suo tempo nel villaggio c’era una scuola e il mio carissimo coetaneo Sergio Micheli vi scattò alcune foto negli anni sessanta assieme ad altre all’interno della chiesa. Sull’altare maggiore con decorazioni a stucco, c’era l’immagine di quella Madonna ancora carica di ex voto che don Taccetti fece restaurare a sua cura per porla nella chiesa di Vescovado evitando che andasse perduta. E’ impossibile accostare quelle immagini alla realtà di oggi come è difficile arrivare, se non a piedi, a questo villaggio dimenticato. Le vie che vi conducono sono malamente percorribili per carenza di manutenzione visto lo spopolamento della zona e quella di più facile accesso proveniente dalla Befa, è solitamente presidiata da quattro inquietanti cani maremmani a guardia del gregge che l’attraversa nei pressi del guado di fosso La Nave. Una concomitanza di cause, effetti e circostanze che fanno apparire ai miei occhi il villaggio di San Giusto come un luogo magico e misterioso, quasi una entità che racchiuda in se la storia di tante storie vissute nel tempo e che, simile ad un personaggio muto riesca a far immaginare la propria, senza poterla raccontare per intero.

San Giusto - foto di Sergio MicheliSan Giusto - foto di Sergio Micheli

Le foto dell'articolo sono di Sergio Micheli (1962).







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