MURLOCULTURA n. 4/2007


LE RICETTE DELLA PERPETUA

a cura di Giorgio Boletti
Associazione Culturale di Murlo
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Rubrica semiseria di suggerimenti, notazioni pratiche, banalità, quisquilie, pinzillacchere, ecc. che, a causa del perdurare delle non buone condizioni psicofisiche di S.E., gravemente infortunatosi ai primi di marzo sulle nevi trentine, ha dovuto fare ricorso, ancora una volta, alla fida perpetua la quale si è ricordata di un simpatico sogno raccontato qualche anno a S.E. dal babbo di Pierino La Peste e ce lo propone, ricordando che si tratta ovviamente di un sogno e che comunque ogni riferimento a persone realmente esistenti è puramente casuale.


CALURA & FRESCURA

La giornata era stata pesante. L'ondata di caldo torrido, nonostante si fosse soltanto a metà giugno, aveva fiaccato ogni energia e lo sciocco tentativo, nonostante tutto e al di la di qualsiasi briciola di buonsenso, di scendere al campo col trattore per morganare l'arboreto, era miseramente naufragato in un bagno di sudore e in un principio di collasso. La cena, leggera ma gustosa, accompagnata da un paio di bicchieri di rosso, di quello giusto, ma soprattutto una inaspettata fresca brezza vespertina, avevano ristorato il corpo e rinfrancato lo spirito e la mente. Fu così che, col canto dei grilli, l'ultimo richiamo in lontananza del cuculo e un tetto di stelle brillarelle, con uno spicchio di luna a occidente, si decise di lasciare il podere per scendere a vedere che accadeva al paese.
Quale non fu lo stupore nello scoprire quanta gente ci fosse in giro: incredibile! Tutti fuori casa, da Tinoni fino ai giardinetti della fiera (quelli, per intenderci, colla donnina a bagno tutta ignuda, ma pudica ché, colle mani, si copre la "vergogna"), evidentemente stimolati a godersi quel po’ di frescura benedetta che la sera, col suo venticello, aveva portato.
Davanti alla sua ex bottega il Gambini, seduto su una seggioletta, conversava con Camillo che gli esternava il suo dispiacere per la cessazione dell'attività e per non poterlo più rivedere dietro al banco. Lungo la via principale Mario, il maresciallo, pavoneggiandosi tutto in tiro in alta uniforme, passeggiava chiacchierando amabilmente con Antonina, la guardia; davanti al Municipio, tutto illuminato, Alessio e l'Umberto si scambiavano grandi pacche sulle spalle e, vicino a loro Edilberto e Silvia berciavano allegramente divagando sul museo etrusco. All’Arci, come due vecchi amici, Giorgio di Vignali e Giotto parlavano d'orti, d'olivi e di fontoni. Più avanti si incontrarono alcune gentili signore, venute dai poderi vicini ma di cui non si fa il nome perché altrimenti, magari, s’offendono, che si salutavano con grande effusione raccontandosela allegramente.
Da Mafalda non vi dico, un via vai di gente, coi gelati e ghiaccioli e tutti i tavoli e le panche occupati: Paolino, alle prese con una gigantesca “coppa del nonno”, ne offriva assaggi a profusione ad Andreina che si schermiva imbarazzata mentre l’Aldo offriva garbatamente un'aranciata amara ad un’altra gentile signora. Al “Feudo”, sotto la tettoia, un monte di gente che finiva di pranzare leccandosi i baffi mentre Fabrizio, impegnatissimo alla tastiera, diffondeva nell’aria dolci melodie che si confondevano col profumo dei tigli in fiore. Perfino Giorgio, posata la bici, aveva aperto la farmacia! E un monte di gente era venuta perfino da Casciano, per ammirare questa splendida e folcloristica vita notturna di Vescovado. Unica assente, sacrificata, Donna Sara, rimasta a presidiare “La Tinaia”.
In mezzo a questa meravigliosa umanità festosa e godereccia, dopo la dura giornata, mi sentivo rinascere, anche perché una cittina, niente niente male, della quale non conosco il nome, mi stava guardando insistentemente con un sorriso accattivante.
Fu in quel preciso momento che la mi’ moglie, dentro al letto, mi rifilò un calcione tremendo gridando: oh, svegliati bischero e smetti di russare!

Il babbo di Pierino La Peste





Eternamente tua

Son la perpetua e me ne vanto.

Fra le carte di S.E. in esilio,
pover'omo, ahimè, sempre in un canto,
scartabellando con puntiglio
questo vecchio sogno ho ritrovato.
Lo ripropongo al Direttore
ch'è allor non venne pubblicato:
diamine, mica semina il terrore
e poi, andiamo, è fantasia,
l'è un sogno, andiamo in pace
e tutti insieme, in allegria,
mettiam col ramerino sulla brace
na' gran bistecca di chianina,
degustiam dei grandi vini
ma non scordiam la ricettina
dell'amicizia! Evviva i cantuccini. (*)

(*) si possono sostituire con i tarallucci!




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