MURLOCULTURA n. 4/2010

Il pane: tutti lo consumano, ma ben pochi lo conoscono.
Una storia affascinante e misteriosa che non cessa mai di stupire

 Pane, amore e celiachia


di Nicola Ulivieri
seconda parte
Associazione Culturale di Murlo
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Nella prima parte di questo articolo, avevamo parlato del lievito naturale per il pane, dei vari tipi di farina, della raccolta del grano e della sua macinatura, sentendo anche i ricordi di chi, come mia nonna, svolgeva in passato tutte le fasi di lavorazione di questo cereale. Ci siamo lasciati accennando alla selezione delle varie specie di grano per renderlo più produttivo e alle conseguenze sulla salute. Approfondiamo ora questi ultimi argomenti partendo da una breve storia di questa graminacea, cercando di rispondere alla domanda che ci ha lasciato Lucio Battisti: “Che ne sai tu di un campo di grano?
Il grano (Triticum o frumento, un genere della famiglia delle Graminacee o Poacee) è diviso in alcune sottospecie, tra le quali troviamo il grano tenero (Triticum aestivum) e il grano duro (Triticum durum o Triticum turgidum, più proteico del grano tenero) entrambi discendenti di un altro grano, antichissimo, tornato recentemente alla popolarità: il farro (Triticum turgidum dicoccum).
La coltivazione del frumento è vecchia di almeno 400 generazioni, oltre 10 mila anni. Testimonianze risalenti a quel lontano periodo rivelano come sin d'allora l'uomo avesse già sviluppato la lavorazione del pane. La prima testimonianza scritta, dove si parla di pane e di birra, la ritroviamo nel codice di Hamurabi, un sovrano della prima dinastia di Babilonia, vissuto intorno alla metà del 1700 a.C..

E’ interessante sapere che nel 1701 Jethro Tull, agronomo e inventore inglese, ideò un sistema di semina meccanico che permetteva di depositare i chicchi ad una profondità specifica e di ricoprirli. L'invenzione permise di ottuplicare la resa del grano rispetto alla semina tradizionale, che era fatta a mano con i grani che venivano sparsi sul terreno e germinavano sulla superficie. La cosa interessante (almeno per me) è l'aver così scoperto l'origine del nome di una delle mie rock band preferite degli anni '60-'70: i Jethro Tull, appunto!
Per migliaia di anni sono state coltivate numerose specie di grano, ma dal 1800 inizia una selezione sistematica di specie più fruttuose e si sperimentano le prime ibridazioni industriali per aumentare la produttività. Come conseguenza, dagli anni ’20-’30 del secolo scorso, le varietà di grano iniziano a ridursi inevitabilmente. Inoltre, l’agricoltore cessa di rifarsi il seme per conto proprio ed inizia a comprarlo, grazie anche ad alcuni incentivi, come quelli comunitari europei, che venivano elargiti in passato per il grano duro. Alcuni produttori si sono arricchiti grazie a questi contributi, ma la biodiversità del cereale ne ha risentito, limitandosi a pochi tipi. Tra l’altro, oggigiorno, senza più i sostegni finanziari, la produzione di grano duro da noi sta scomparendo. Negli anni ’40-’50 inizia anche una selezione del grano tenero per abbassarne l’altezza. Ecco un’altra di quelle cose che mi lasciano a bocca aperta e a cui seguiranno altre non meno curiose, ma anche infelici per la nostra salute. Il fusto della pianta del grano, in passato, era infatti piuttosto alto, come ci aveva già confermato mia nonna Valeria nella prima parte dell'articolo, e tra le varietà che c'erano una volta (alcune delle quali saranno rimesse in produzione dall'associazione Erbandando [2] per creare una filiera corta della produzione del pane) troviamo: Frassineto, Verna, Gentilrosso, Vergilio, Funo e Roma (quest'ultimo aveva già un fusto non molto alto), mentre il Buonpastore è basso e appartiene alle recenti varietà.
L’alto fusto del grano faceva sì che nei temporali o dopo grandi raffiche di vento, la pianta si piegasse a terra. Per la raccolta a mano non era un grande problema, ma lo divenne con la successiva automazione industriale, rendendo così necessaria la selezione di piante con fusto sempre più basso. Addirittura, nel 1974 fu ottenuta una mutazione di grano duro, il Creso [1][3], irradiando con raggi X la varietà Cappelli, ottenendo una specie mutata più bassa di quella originaria. Dal Creso sono state derivate anche altre varianti in paesi come la Cina, l'Australia, l'Argentina, gli USA e il Canada, che oggi costituiscono gran parte della produzione mondiale. Si stima che il 90% del frumento sulle nostre tavole derivi da questa specie. La selezione non si limitò solo all’altezza, ma anche alla produttività e al contenuto di glutine sempre più alto, per consentire una panificazione più semplice. La produzione per ettaro è passata da 15-20 quintali dei nostri nonni a circa 35 quintali, per toccare punte massime di, addirittura, 100 quintali a ettaro. Si deduce che i valori nutritivi di queste piante, derivate da questo tipo di selezione e coltivazione, abbiano iniziato ad abbassare notevolmente. Ricordando anche le modalità di raffinazione della farina a cui abbiamo accennato nel precedente articolo, iniziamo a intuire che le continue scelte industriali di massimizzazione del rendimento per grandi mercati, alla fine, cadono sulla nostra salute; ma questo lo vedremo meglio tra breve, parlando del glutine. Il glutine è un complesso proteico presente principalmente nella parte interna (endosperma) dei chicchi (cariossidi) dei cereali quali frumento, farro, segale, kamut, orzo e triticale (un ibrido artificiale tra segale e grano tenero).



Il glutine del frumento è formato da glutenina e gliadina. La glutenina è la proteina che fornisce la consistenza dell'impasto nella cottura. La gliadina è una proteina fondamentale per dare al pane la possibilità di espandersi correttamente e mantenere la forma durante la cottura, ma è anche la principale responsabile di enteropatie (infiammazione dell'intestino tenue) in persone intolleranti al glutine, la cui forma peggiore è la celiachia. E' stata, infatti, purtroppo, dimostrata da circa mezzo secolo (Dicke et al., 1953) la tossicità di alcune di queste proteine presenti nelle farine di grano, orzo, triticale e segale, mentre le proteine di mais e riso non lo sono. Il grano duro, ed alcune sue varietà in particolare, mostrano una tossicità inferiore rispetto al grano tenero. Impariamo, quindi, che, se da una parte queste proteine sono utili per la loro attitudine panificatoria e qualità pastificatoria, da un'altra presentano una tossicità per un numero crescente della popolazione umana affetta da celiachia.
Poiché questa patologia si presenta in varie forme, alcune leggere e difficilmente diagnosticabili, è bene saperne tutti un po’ di più. Cosa è quindi questa malattia? Ed a cosa è dovuta?
E’ quello di cui parleremo nella prossima e ultima puntata.

Nicola lo Spredicatore

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Festa della Trebbiatura a Casciano

“Poiché se non perseguiterai le erbacce con assidui rastrelli e non atterrirai con strepito gli uccelli, e non abbatterai con la falce i rami che ti ombreggiano, e non invocherai con preghiera la pioggia, ahi, guarderai invano l’altrui grande mucchio e sazierai la fame nelle selve battendo le querce.”
Virgilio – Georgiche I, 155– 159

"Chiedete umidi solstizi e inverni sereni, o agricoltori; abbondano i grani se l’inverno è polveroso, il campo è in rigoglio. Neanche la Misia, che produce incoltivata, vanta un tale raccolto, e perfino Gargari ammira spighe più grandi."

Virgilio - Georgiche I, 100-103

 

Fonti citate o consultate

1) Frumento, Lievito naturale, Triticum aestivum, Triticum durum, Saccharomyces cerevisiae: http://it.wikipedia.org/

2) Associazione di persone della Val di Merse, con sede alle Cetine (Chiusdino - SI). Presidente Paola Turchi, email: cetine@cetine.com

3) http://www.mednat.org/alimentazione/mutazioni_gen_grano.htm



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