MURLOCULTURA n. 5/2009

Intervista a Radio Carli

Viaggi nella memoria

di Annalisa Coppolaro
Associazione Culturale di Murlo
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Vescovado, via delle Rimembranze nel 1959

S
i sa che la memoria storica rischia di perdersi nei meandri di realtà virtuali ed internet. Per recuperarla e renderla ‘eterna’, siamo andati ad intervistare coloro che sanno e ricordano quello che Murlo era un tempo, gli anziani depositari di ricordi e di storie importanti.
Il primo della serie è Radio Carli, classe 1922, nato a Vescovado,in Via Tinoni, come tiene a precisare. Una mente brillante, insegnante a domicilio per diversi anni di molti giovani e non (tra cui mia mamma Tosca), l’unico che faceva le magistrali a quei tempi e ci andava ogni giorno, a Siena, in bicicletta da Vescovado (e pensare che oggi per fare un metro a piedi i ragazzi si stancano subito...).


D - Ma come mai, Radio, ti chiami Radio? In onore della scoperta della radio, come pensano tutti?

No, io mi chiamo Radio in onore delle scoperte scientifiche sul radio ed il plutonio di Madame Curie, suggerito al babbo dall’amico Matteucci Nemo, che l’ammirava molto da quando le furono attribuiti ben due premi Nobel per la fisica e per la chimica ai primi del Novecento.

D - Per prima cosa, Radio, ti ricordi com’era Viale delle Rimembranze? Dicono che c’erano i cipressi che costeggiavano il viale, ognuno con il nome di un caduto in guerra.

E’ vero, lungo il viale si trovavano i cipressi con tutti i nominativi dei caduti del comune di Murlo nella grande guerra del 1915/18. Erano tanti. Partivano dal muro della vecchia chiesa, quella che franò nel 1966. Fino agli anni ’70 diversi erano rimasti, di cipressi, intorno alle scuole, ma poi purtroppo dovettero fare la correzione della strada da quella parte e vennero buttati giù ad eccezione di tre. Ricordo anche tuo nonno (Remo Carapelli, ndr) che lavorava da quelle parti per fare lo sbancamento a mano. La scuola fu finita di costruire nel 1921, il palazzo era come quello di ora, non ci sono stati cambiamenti esterni. E i cipressi vennero piantati non molto tempo dopo.


D - Ma ci puoi raccontare un po’ la storia della chiesa di Vescovado, quella che crollò nel 66?

Certo, allora... Nel 1888 il vecchio parroco Legaluppi lasciò alla pubblica amministrazione 80 mila lire, una bella somma, per fare la chiesa a Vescovado. Ma, come sempre, anche allora le mentalità e le idee erano discordi e non ci si metteva d’accordo sul da farsi per questa chiesa, dove, come ecc. Tanto che mi hanno raccontato di Ernesto Carapelli, tipo burlone, lo zio di Mauro Carapelli di Lupompesi, che aveva costruito un carrettino, la chiesa sulle ruote, e girellava per il paese dicendo: Allora la mettiamo qui, la chiesa...? In realtà il disegno c’era, lo aveva fatto l’ingegnere Rocchi, ma allora c’era il sindaco Puccioni, padrone di Belcano, che la realizzò su un secondo disegno del nipote. Così alla fine, nel 1912, venne ultimata la struttura, ma poi si finirono i soldi e poi venne la guerra, così i lavori rimasero in sospeso. Solo nel 1927 vennero ripresi , grazie al parroco Vittorio Giannelli, che era anche avvocato. Così io ricordo che nel 1929 venne portata la luce elettrica in chiesa e nel paese, dove si fece una grande festa per l’inaugurazione, con festoni e luminarie, molto bello. Io feci la cresima in quella occasione. E proprio in quella occasione il vescovo Monsignor Scaccia mi ribattezzò Giuseppe Carli, perchè Radio non gli piaceva. La chiesa fu chiamata Chiesa della Rimembranza in memoria di coloro che persero la vita nella guerra 1915/18.


D - E com’era questa chiesa? Te la ricordi?

Mi ricordo che era strutturalmente una bella chiesa, pianta a croce ad una navata, convenientemente arredata e adornata da un grande quadro di Dario Neri, quello con la Madonna al centro, il Vescovo in ginocchio e poi i caduti in guerra impigliati nella rete che Neri vi aveva dipinto, collocato dietro l’altare maggiore. L’opera ha dato il nome alla chiesa. Ricordo anche che il vescovo del quadro aveva il volto dello zio di Dario Neri, che si chiamava Bruni Romualdo detto ‘’il Moro’’.

Dario Neri, 1929 - Quadro nell'altare maggiore della Chiesa di S. Fortunato a Vescovado

Il quadro di Dario Neri (1929)

D - E cosa ci sai dire della diligenza con i cavalli che era il modo per i vescovini di andare a Siena a quei tempi?

Non sono in grado di fornire particolarità in merito a questo mezzo attivo fino dopo la fine della 1° guerra mondiale, e dopo un breve periodo di convivenza con i primi bus scomparve completamente. Mi hanno raccontato che tale veicolo di trasporto, a Vescovado, ce l’aveva Vittorio Neri, il cugino del babbo di Dario Neri. Però recarsi a Siena passando per Radi richiedeva molto tempo e a volte anche qualche sacrificio.

D - Maremma... Dev’essere stata dura partire ogni giorno. Ma un bus non c’era?

Eh, il bus, comunemente detto il Postale’, c’era fin dai primi del dopoguerra ’15-18. guidato da Sugarelli Gustavo e gestito da Ricci Salimbeni, una volta al giorno con partenza da Vescovado per Siena alle ore 6 e ritorno alle ore 8 di sera, passando per Casciano. Allora il modo migliore era andare in bicicletta. Da Vescovado partivo solo io, poi a Monteroni d’Arbia si aspettavano quelli che venivano da Montalcino, Buonconvento, San Quirico ecc, e si andava tutti insieme. C’era anche Bartolomeo Verdicchio che partiva tutti i giorni con noi. Ci voleva un’ora per andare a Siena.

D - E dopo la fine della scuola come ti sei realizzato?

Nell’anno 1946 entrai al Comune di Murlo come impiegato straordinario pluriservizi per passare ai primi dell’anno 1951 alle dipendenze del Ministero del Lavoro e della P.S.- Ufficio Provinciale del Lavoro di Siena per il Collocamento della manodopera e lo svolgimento dei servizi sociali (Scau-Inps-Inail-Inam).

D - Ma del mio bisnonno Alessandro Carapelli che era consigliere te ne ricordi? Com’era?

Me lo ricordo di nomina del Governatore Militare a consigliere insieme a Carlo Fabbri, con mansioni di sindaco, e ad altri, e successivamente, con le elezioni amministrative, svoltesi il 6/3/1946, consigliere di maggioranza del PCI, intelligente, un bell’uomo, appassionato di opera, e c’erano anche altri appassionati di musica, e spesso partivano a piedi per andare al teatro di Siena, alla Lizza, a vedere qualche nuova opera.

D - Per quanto riguarda il Comune, ci parli dei sindaci che hai conosciuto?

Con le prime elezioni regolari del marzo ‘46 venne eletto Primo Civitelli di Casciano che fu sindaco dell’anno 1951, e Maurizio Morviducci era vicesindaco, cui devo tanta riconoscenza. Poi fu eletto Morviducci che rimase sindaco per 15 anni, fino a che non subentrò Romualdo Fracassi, a lui Alessio Manetti e poi Antonio Loia. Quindi ho conosciuto 5 sindaci a Murlo per ora.

D - Ora c’entra poco, ma ti volevo chiedere se ricordi altre cose su posti che esistono sempre ed altri che non ci sono più, ad esempio la Fontanina di Pociano, la chiesa della Madonna di Lupompesi, le fonti di Lupompesi...

La Fontanina di Pociano era come ora, ma allora ci venivano a prendere l’acqua per bere, per abbeverarci le bestie e per sostare, nonché a lavarci i panni da Radi e da tutti i poderi circostanti. E così le fonti di Lupompesi, che sono esistite fino a che non è stato fatto il residence. Per quanto riguarda le fonti, ne esistevano anche a Vescovado, in quella che si chiama anche ora Via delle Fonti. Da quelle parti c’era anche la ghiaccera, dove veniva conservato, per il periodo estivo, mischiato alla lolla, il ghiaccio raccolto nei fontoni durante l’inverno. Il ghiaccio si usava soprattutto per scopi medici e la conservazione di alimenti. Si racconta che la ghiaccera era gestita sempre dalla famiglia Neri, ed aveva un grande cancello d’ingresso. Per quanto riguarda la chiesa di Lupompesi, io non ricordo tanto, perchè non ci sono stato dentro, ma so che poi venne sconsacrata e venduta a Salvatore Bellini, il babbo di Armando Bellini, e trasformata in deposito di carbone. Ora è una casa abitata da tanti anni, e solo il nome della Madonna conserva oggi il ricordo della chiesa.

 La fonte e il lavatoio di Pociano - disegno di Luciano Scali

La fonte e il lavatoio di Pociano (disegno di Luciano Scali)


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