MURLOCULTURA n. 5/2011

STORIA DI MURLO

L'OSPEDALE DI SAN LEONARDO
NEL VESCOVADO DI MURLO

Un piccolo istituto benefico a Murlo nelle carte dei secoli XVII e XVIII

 

di Giorgio Botarelli

(seconda parte)


Associazione Culturale di Murlo
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Arredi e dotazioni dell’ospedale

Alle sole due stanze destinate all’accoglienza dei poveri, dei pellegrini o degli ammalati, facevano riscontro arredi e dotazioni ancor più essenziali, spesso e volentieri nemmeno tanto in buono stato, come si rileva da tre magri inventari compilati dai santesi nella seconda metà del Seicento, in occasione del passaggio delle consegne ai nuovi eletti. Pur essendo esiguo il numero di tali annotazioni, registrate alla fine del Libro B di contabilità, dai succinti elenchi possiamo farci un’idea sulla realtà della struttura ospitaliera locale: nel febbraio 1660 sono in dotazione alle due stanze solamente due cuccie senza coltrone, due pagliaricci, due para di lenzuola, due cuperte di pelo (1). Una trentina d'anni più tardi, nel marzo 1689, la situazione è leggermente migliorata e si contano: una cuperta nuova di pelo, numero cinque lenzuola usate, una cuccia a banche con alcune tavole, un saccone usato e cattivo bene, un matarazzo cattivo bene di pelo, due chiavi delli usci di detto Spedale, un altro letto a banche cattivo bene, un matarazzo di pelo uso bene, un saccone, una cuperta di pelo cattiva bene (2). Nel marzo di due anni dopo vengono inventariate e consegnate ai nuovi spedalieri le medesime masserizie (3). A parte quindi la presenza di due letti (cucce) con gli accessori usuali, nelle due stanze sembra non esservi traccia di altri arredi ed è da sottolineare la totale assenza di utensili da destinare ad esempio all’igiene della persona (catini o brocche per l’acqua), al consumo di cibi (piatti o bicchieri) o al riscaldamento dell’ambiente o solo del letto (legna, carbone, scaldino), forse forniti al momento, anche se nelle note contabili non si fa mai cenno diretto a spese per tale genere di materiali. Inoltre, non deve stupire l’assoluta mancanza di un benchè minimo armamentario medico, per quello che i tempi e il luogo potevano magari concedere, considerando il fatto che la minuscola struttura non aveva tra le sue funzioni quella di sottoporre a cure mediche gli ammalati accolti. Le due modeste stanze dell’ospedale dovevano almeno essere separate, essendo fornite di una chiave per ogni porta, come riscontrato nell’inventario del 1689.
D’altra parte, nota positiva, bisogna ricordare che dal 1644 la Comunità di Murlo si avvaleva dell’opera di un cerusico matricolato al quale corrispondeva per il suo servizio un salario annuale e che aveva l’obbligo di risiedere sul posto e di prestare le sue cure a chiunque in caso di bisogno (4). Si può immaginare che il cerusico sia talora intervenuto nei confronti di qualche ricoverato nell’ospedale anche se nel Libro B non è documentato.
Nel periodo contemplato dal Libro B, 1637-1692, sono relativamente sporadiche le uscite per il mantenimento o la manutenzione delle masserizie, l'acquisto o la riparazione di lenzuola, di sacconi, materassi e coperte, e attestano in ogni caso, durante quegli anni, una pur minima attività ricettiva che, naturalmente, a parte l'azione del tempo e dell'incuria, procurava il progressivo logorio dei materiali: nel 1637 vengono spese 13 lire per un materasso e federa; fra il 1642 e il 1645, 7 lire per una coperta e 18 lire per quattro lenzuola; nel 1655 si spendono 8 lire in 12 braccia di panno per fare un saccone e 2 lire per cucire il saccone e un pagliericcio e per del legname per la cuccia; nel 1659 ci vogliono 26 lire per tre lenzuola ed un pagliericcio, 7 lire per un saccone, 6 lire per fare un lenzuolo, 3 lire per refe e cucitura di quattro lenzuola e due sacconi, più 13 lire per due coperte. Dopo ben un decennio, a fine anni '60, escono 28 lire per due materassi, 12 lire per due coperte di pelo, 4 lire per fattura di una cuccia; fra il 1674 e il 1676 si spendono poco più di 6 soldi in chiodi per conficcare una cuccia, 5 soldi per imbiancatura di 3 lenzuola, 10 soldi per ribattere un materasso, 31 lire e passa in 36 braccia di panno per due paia di lenzuola e per cucitura di esse, 16 soldi e 8 denari per imbiancatura di cinque paia di lenzuola. Dal 1677 al 1692 sono annotate solo spese per imbiancatura e cucitura di lenzuola, salvo gli anni 87/88 quando vengono rifatti i materassi (spesa per panno, refe e fattura) e comprata una coperta (5).


Spedalieri e santesi

Come visto in precedenza, è documentato che già dal 1603 l’amministrazione dell’ospedale era tenuta da due santesi (6), i quali avevano l'incarico di gestire le risorse economiche dell'istituto e, probabilmente, curare di persona la conservazione delle masserizie di sua proprietà e il loro eventuale utilizzo in caso di bisogno. Poco più di un decennio dopo, il 7 dicembre 1615, viene convocato il consiglio di Murlo per decidere sulla nomina di uno spedaliere e sulla destinazione dell'ospedale che, secondo la volontà di chi aveva lasciato i fondi a disposizione per la sua creazione, doveva essere dedicato all'accoglienza dei poveri (7). Pare dunque che all'epoca, pur esistendo l'ospedale come istituzione, non adempiesse alla sua funzione più pratica, cioè quella di ricevere i bisognosi, forse per mancanza di un responsabile addetto e forse anche, viene da pensare, per una certa negligenza dei santesi amministratori, che non si erano preoccupati di farlo funzionare come avrebbe dovuto. Il consiglio propone allora di eleggere uno spedaliere di buona vita e coscientia al quale affidare i beni dell'ospedale, per dovergli costudire e governare come i sui propi, con l'obbligo di ricevere i poveri e di aver cura delle stantie e massaritie di detto ospidale che a questo effetto si faranno, come matarazzo, sacconi, coperte, lensuoli e cuccia. Da ciò sembrerebbe che l'ospedale, come struttura di ricovero, non fosse ancora entrato in funzione e che necessitasse così degli arredi di base per svolgere il suo compito: letti, materassi, sacconi, coperte e lenzuola. In questo caso, sarebbe abbastanza verosimile datare la nascita dell'istituto poco tempo prima, ossia intorno alla fine del Cinquecento. Viene anche proposto di eleggere a vita lo spedaliere e di assoggettarlo a capitoli formulati dai priori della comunità, i quali avrebbero dovuto anche visitare l’ospedale una volta al mese. Sempre ai priori sarebbe spettata la decisione di deporlo nel caso che non mantenesse le capitolazioni, non facesse l’ospedalità conveniente e non costudisse li beni con diligentia. Il consiglio approva tutte le proposte quasi all'unanimità (Andò il partito in uno stante vento, per lupini bianchi 26, neri 1). Di santesi, nello stesso consiglio, non se parla, per cui sembra che in quel periodo solamente uno spedaliere dovesse amministrare e gestire materialmente l’ospedale, naturalmente sotto il controllo dei priori della comunità.
Qualche anno più tardi, il 28 aprile 1619, il consiglio è riunito perchè, essendo morto lo spedaliere, bisogna nominarne un altro e c'è da stabilire anche le modalità di gestione dell'ospedale (8). Bartolomeo Vantaggi, uno dei consiglieri, propone di mantenere la gestione diretta tramite un nuovo spedaliere, al quale consegnare tutte le masserizie, inventariate, e di assegnargli la casa annessa alle stanze dell'ospedale senza corresponsione di alcuna pigione. Suggerisce inoltre, di eleggere anche due santesi con l’incarico di controllare l’operato dello spedaliere e di custodire le entrate dell’ospedale. A sua volta, sui santesi, avrebbero vigilato i priori e il vicario vescovile. Il consiglio approva per lupini 21 bianchi e due neri. Da quel momento, quindi, due santesi avrebbero amministrato l'economia dell'ospedale, mentre uno spedaliere, al quale viene concesso gratuitamente l'alloggio, si sarebbe occupato dell'opera di ricezione e della gestione pratica delle due stanze e delle masserizie di proprietà dell'ospedale.


A metà Seicento, la situazione sembra leggermente cambiata, come testimonia un contratto di locazione registrato sul Libro B di contabilità dell'ospedale (9): nell’ottobre 1654, Giovanni Fabiani e sua moglie Rosada prendono in affitto dai santesi in carica, Pietro Bellacchi e Giovanni Tognazzi, due stanze dello Spedale di Tinoni poste sopra alli fondi di detto Spedale e l’orto del medesimo, contiguo a dette stanze. Il canone annuo ammonta a dodici lire e gli affittuari si obbligano nel contempo a ricevere li poveri che alla giornata verranno al detto Spedale e tenerne quel conto che si deve e conviene; e ogni volta che si darà il caso, devino andare a ricevere lenzuola e altre cose necessarie che si devono per ricevere li sopradetti poveri, dalli Spedalieri di detto Spedale e delle medesime robbe tenerne conto ed ogni volta restituirle alli detti Spedalieri. In sostanza, l’abitazione per coloro che svolgevano l’attività di accoglienza non era più gratuita mentre la biancheria o le altre cose utili per l’opera di ricovero venivano detenute dai santesi che le fornivano all’occasione (oramai indifferentemente citati anche come spedalieri).
Nel corso del Seicento, i santesi, sempre nominati dal consiglio di comunità per estrazione da una rosa di candidati, vengono eletti per un periodo che varia dai cinque ai due anni; così sino alla fine del 1670, poi da tale data l'incarico si stabilizza sul biennio. Nella tabella a pagina precedente sono elencati i nomi dei santesi eletti come documentati nel Libro B di contabilità, mentre nella seguente compaiono, assieme alla data dell'elezione, quelli nominati per gli anni che vanno dal 1761 al 1778 (il primo estratto assumeva la carica di priore, il secondo quella di camarlingo) (10).

(continua)


Note

(1) Archivio Storico del Comune di Murlo (ACM) n.123, Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, Libro B, c.95v: A dì 21 febbraio 1659 (ab incarnatione, quindi in realtà 1660). Inventario della robba che si ritrova essere per servitio dello Spedale fatta da Vincentio Carli uno delli spedalieri stato, da assegnarsi alli successori [...] spedalieri per il mantenimento di dette robbe.

(2) ACM n.123, Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, Libro B, c.96r: Inventario delle robbe dello Spedale di Murlo restituite da Giuseppe Fanti e Agostino Grazzi spedalieri passati, e consegnate da essi a Luca Gori e Giuseppe Valentini nuovi spedalieri, questo dì dodici marzo 1688 ab incarnatione.

(3) ACM n.123, Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, Libro B, c.95v: Inventario delle robbe alli spedalieri restituite da Giuseppe Valentini e Luca Gori a Giuseppe Gori e Francesco Neri nuovi spedalieri, a dì 21 marzo 1690 (ab incarnatione).

(4) Il cerusico matricolato esercitava la professione medica, piccoli interventi chirurgici e prescrizione di medicamenti, in quanto iscritto alla relativa corporazione. Scelta o riconferma del cerusico erano stabilite ogni anno dal consiglio di comunità. Sul cerusico a Murlo vedi: Una Signoria nella Toscana moderna. Il Vescovado di Murlo (Siena) nelle carte del secolo XVIII, di M.Filippone, Giovanni B.Guasconi e S.Pucci. Siena 1999, pp. 65 e 66.

(5) ACM n.123, Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, Libro B, c.4v, 7r, 21v, 31r, 54r, 56r/v, 58r, 60v, 67r, 70r, 72v, 94v.

(6) Vedi: Murlo Cultura n.4/ 2011, pp.5-6.

(7) ACM n.1, Libro de cose dal 1603 al 1630, c.10v.

(8) ACM n.1, Libro de cose dal 1603 al 1630, c.11r.

(9) ACM n.123, Libro B - Entrate e uscite dello Spedale di San Leonardo, c.23r.

(10) ACM n.3, Libro di memorie e consigli della Comunità di Murlo (dal 1760 al 1784).



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