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Quando,
alcuni giorni fa, mi sono visto tornare indietro il plico con i
numeri di Murlo Cultura inviato come di consueto alla Casa di Riposo
dove soggiornava Bartolomeo Verdicchio, ho pensato di aver sbagliato
indirizzo, ma dopo averne constatata l’esattezza ne ho dedotto che
si fosse trasferito presso la nipote. La risposta sicura l’ho avuta
da un’altra fonte assieme alla certezza che questa volta Bartolomeo
se n’era andato per sempre. Adesso non servono le solite parole di
circostanza o di rammarico che si dicono ogni volta poiché, per
sentite che siano, non riescono a riempire il vuoto che resta al
posto di chi non c’è più. Sembra impossibile, ma quando scompare
un personaggio come Bartolomeo ci si ritrova di colpo più soli e
questa sensazione diviene quasi tangibile ogni giorno di più visto
che molti interrogativi spuntati nel frattempo dovranno restare per
sempre tali. E pensare che non erano mancate le occasioni per farlo
ma piuttosto era venuta meno la capacità di approfittare dei tempi
ristretti che le nostre età avanzate ci stavano mettendo a
disposizione per raggiungere lo scopo... Di carattere chiuso,
Bartolomeo concedeva ben poco a chi gli stava vicino, ma non per
egoismo o cattiveria ma perché era rimasto più volte scottato dai
comportamenti di falsi amici che approfittando della sua
disponibilità e del suo sapere, avevano spacciato per farina del
proprio sacco le informazioni ottenute. Credeva molto in quanto
diceva e faceva e, a dire il vero, era difficile che si sbagliasse e
se avveniva era pronto a rimediare, a modo suo magari, ma si può
essere certi che lo avrebbe fatto. A tale proposito mi piace
ricordare un piccolo episodio che la dice lunga sul suo carattere e
che si riferisce al mio ormai quasi riposto desiderio di poter
realizzare una pubblicazione sulla miniera di Murlo. Alla ricerca di
notizie e documenti sull’argomento, mi rivolsi a Bartolomeo il
quale di buon grado mi fornì la copia di un disegno da lui eseguito
in età giovanile ricavato dalle prospezioni effettuate nel Pian dei
Cerri. Aveva poco più di sedici anni quando iniziò a lavorare come
disegnatore in miniera e, malgrado la giovane età, l’elaborato è
di una chiarezza e precisione notevoli. Dopo averlo studiato con
attenzione mi permisi di sollevare qualche dubbio sulla correttezza
dei reali spessori degli strati di carbone riportati nel disegno, che
ritenevo falsati dalla inclinazione del banco. Ricordo che se la
prese veramente a male e temetti che mi togliesse il saluto. Invece
la cosa si aggiustò abbastanza presto quando, rientrato lui stesso
in argomento, ammise che forse quel dubbio sollevato poteva anche
starci e che di carbone forse ne appariva più di quanto ce ne fosse
veramente. “Ma vedi” aggiunse “oramai che importanza può avere
questa differenza se oggi non c’è più nessuno disposto ad andare
a vedere chi tra noi due possa aver ragione?” Il disegno ce l’ho
ancora e se un giorno la pubblicazione si dovesse realizzare davvero,
non mancherò certo di far cenno anche a questo piccolo episodio. Di
situazioni come quella accennata ne potrei citare a iosa e forse
meglio delle parole riuscirebbero a delineare il carattere di
Bartolomeo con la sua innata curiosità che lo spingeva a cercare
risposte ad ogni interrogativo che gli si affacciasse alla mente. Il
tempo trascorso assieme presso la scuola di Vescovado ci permise di
realizzare alcuni piccoli progetti in comune, come quello relativo al
modellino del podere di Ginestrelle che fa mostra di se nell’aula
del caffé. La terra refrattaria venne presa nella strada sotto il
Poggetto e le lastrine finissime di diaspro presso i poderi di
Valiana. Fu interessante scoprire le tecniche necessarie a trattare e
utilizzare questi materiali reperiti nel circondario ed a farli
legare con le minuscole tegole in terracotta, formate una per una da
Bartolomeo, e poi fatte cuocere a sua cura e spese. Ricordo che
dipinsi un fondale per presentare il modello ultimato ed anche la sua
soddisfazione discreta nell’ascoltare gli apprezzamenti dei
visitatori alla vista dell’opera ultimata. So
che mancherà molto alla comunità tutta ed alle insegnanti che lo
ebbero come collega e ne apprezzarono il burbero modo di proporsi.
Mancherà in modo sensibile anche a quei ragazzi ormai grandi, che a
suo tempo lo fecero tribolare non poco, specie quando si ostinava a
cercare d'interessarli con i manufatti d'argilla che raramente
riuscivano a finire, ma che lui stesso poi ultimava in disparte per
far si che i ragazzi potessero dimostrare a fine d'anno d'aver
frequentata la scuola con tangibile profitto.

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